Il foglio internazionale
“È cominciata la grande rivolta del sud contro l'occidente”
"Il ritorno del conflitto israelo-palestinese evidenzia l’urgenza per le democrazie di disinnescare la spirale di odio e di risentimento", scrive il Figaro
Con l’attacco contro Israele, lo scorso 7 ottobre, Hamas ha abbondantemente vinto la sua scommessa”, spiega il saggista e editorialista Nicolas Baverez, autore di “Démocraties contre empires autoritaires”. “Ha riportato la questione palestinese al centro della diplomazia mondiale e ricordato che non può esserci pace in medio oriente senza la sua risoluzione. I dirigenti del mondo arabo, sotto la pressione di opinioni pubbliche incandescenti, hanno sospeso la normalizzazione con Israele per testimoniare la loro solidarietà ai palestinesi. Inoltre, l’onda di choc mondiale si è capovolta, passando dalla condanna dei massacri perpetrati dai miliziani di Hamas alla denuncia dei bombardamenti israeliani su Gaza e della moltiplicazione di vittime civili fra i palestinesi. Il missile caduto sull’ospedale al-Ahli a Gaza illustra bene questo capovolgimento, che vede la narrazione di Hamas imporsi su quella di Israele. Tutti le informazioni confermano che il missile è stato lanciato da Gaza e che il bilancio di 471 morti dichiarato da Hamas non è realistico. Eppure queste false informazioni si sono trasformate in realtà politica. L’antisemitismo si è ravvivato in ogni parte del mondo. Una nuova ondata di attentati si è abbattuta in Francia e in Belgio, mentre si diffondeva un’emozione planetaria e scoppiavano manifestazioni di massa nei paesi arabi e musulmani contro Israele, ma anche gli Stati Uniti, la Francia e l’occidente. L’offensiva diplomatica di Joe Biden è fallita. Il suo viaggio in medio oriente si è limitato a Israele. Ha riaffermato il diritto alla legittima di difesa dello stato ebraico inquadrandolo allo stesso tempo all’interno di tre linee rosse – non occupazione di Gaza, rispetto del diritto umanitario, presa in considerazione degli errori commessi dagli Stati Uniti dopo l’11 settembre 2001 per evitare il caos –, ma il summit programmato ad Amman con il re di Giordania Abdullah II, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, e il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, è stato annullato.
Simultaneamente, l’Unione europea ha completato la sua opera di autodiscredito, esibendo le sue divisioni e rinchiudendosi nell’impotenza, dalle polemiche attorno al viaggio di Ursula von der Leyen a Tel-Aviv alle divergenze in merito all’aiuto ai palestinesi. Il riacutizzarsi del conflitto israelo-palestinese allarga così la frattura tra il sud e l’occidente, anche se l’India, il Kenya e il Camerun si mostrano prudenti. Per la maggioranza dei paesi emergenti, Israele è anzitutto una potenzia coloniale, che deve essere condannata e combattuta. Il conflitto con i palestinesi è visto come l’emblema del doppio linguaggio delle democrazie sull’esistenza di valori universali, dominato da un principio “due pesi, due misure”. Metterebbe in rilievo una differenza di trattamento con l’Ucraina, i bombardamenti contro le popolazioni civili così come la privazione dell’acqua, dell’elettricità e del cibo erano denunciati come crimini di guerra della Russia mentre sarebbero ammessi da parte di Israele. La guerra di Gaza accelera dunque l’avvicinamento tra il sud e gli imperi autoritari contro le democrazie occidentali. La Cina ha radunato 130 paesi in occasione del Forum sul rilancio delle nuove vie della seta, che è stato anche l’occasione per mettere in scena il suo partenariato strategico con la Russia. Mosca beneficia pienamente della guerra di Gaza, che distoglie l’attenzione dell’Ucraina e mobilita gli Stati Uniti in medio oriente. L’Iran è l’altro grande vincitore della crisi, perché rafforza la legittimità del regime dei mullah come nemico giurato di Israele, consolida l’impero sciita in medio oriente e lascia il terreno libero per la corsa all’arma atomica. Il ritorno in primo piano del conflitto israelo-palestinese evidenzia l’urgenza per le democrazie di disinnescare la spirale di odio e di risentimento che sta trascinando il sud, alimentata dal sentimento che l’occidente considera i suoi problemi come quelli del mondo, giudicando allo stesso tempo che i problemi del mondo non siano i suoi (…).
In questa prospettiva, si impone come necessaria la ricostruzione del sistema multilaterale che è stato metodicamente distrutto da Donald Trump. La cosa più importante è la riaffermazione e la fedeltà ai valori universali sui quali si è basato il successo dell’occidente e che mai sono stati a tal punto giustificati, in un momento in cui si moltiplicano i problemi planetari che mettono in pericolo la sopravvivenza dell’umanità. È fondamentale mostrare con gli atti che la democrazia resta l’unico regime politico per cui ogni vita conta e tutte le vite si equivalgono. E il conflitto israelo-palestinese costituisce un test decisivo da questo punto di vista.
(Traduzione di Mauro Zanon)
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