Un foglio internazionale
Su Hamas le contraddizioni storiche tra culture di sinistra inconciliabili
Mélenchon per opportunismo elettorale vuole sedurre le popolazioni islamiche. Dell’eredità di Mitterrand non resta molto, scrive il Monde
Le recenti polemiche attorno ai massacri perpetrati in Israele da Hamas sembrano aver dato il colpo di grazia alla coalizione della Nuova unione popolare ecologica e sociale (Nupes)” scrive Jean Garrigues. “Esse spiegano le recenti prese di posizione del Partito comunista, che il 15 ottobre ha lanciato un appello per un “nuovo tipo di unione”, così come la “moratoria” del Partito socialista (Ps), che invoca una “chiarificazione dei valori e del metodo della coalizione”. Lo stesso Jean-Luc Mélenchon (leader della France insoumise, Lfi) ritiene in un testo recente sul suo blog che “il punto di non-ritorno è stato raggiunto”. È forse troppo presto per dirlo, perché diverse considerazioni elettorali potrebbero condurre i partner della coalizione a mantenerla fino alle elezioni europee nel giugno 2024, o a rinnovarla su basi diverse, come chiedono certe figure di Lfi, tra cui François Ruffin. Ma ciò che è certo, è che lo stato della coalizione, concepita nel contesto specifico delle elezioni legislative del 2022, non appare più in grado di condurre la sinistra al potere. Conviene dunque interrogarsi sulle cause di questa incapacità e sulle piste di rinnovamento che potrebbero presentarsi alla sinistra nella prospettiva delle future elezioni, e in particolare delle presidenziali del 2027. Ricordiamo anzitutto che fin dalla pubblicazione del programma di governo della Nupes, il 19 maggio 2022, le quattro formazioni firmatarie hanno ammesso di divergere su 33 delle 650 proposte enunciate. Tra l’altro, i partner di Lfi si sono rifiutati di costituire un unico gruppo parlamentare, contrariamente ai desideri dei Jean-Luc Mélenchon, che voleva imporre la sua autorità ai 151 deputati della Nupes. In seguito, la strategia di conflittualità e di ostruzione sistematica di Lfi all’Assemblea nazionale è diventata insopportabile per i suoi partner, che hanno finito per non votare più le loro mozioni di censura. E, più fondamentale ancora, i dibattiti politici importanti hanno rivelato il carattere artificiale di una coalizione che riunisce dei partiti che si oppongono su questioni essenziali, come la laicità, la transizione energetica e la difesa delle democrazie.
Nel dicembre del 2022, Lfi si è distinta dai suoi partner rifiutandosi di votare la risoluzione che sostiene l’Ucraina in seguito all’invasione russa. In occasione della battaglia di emendamenti nella crisi delle pensioni, si sono nuovamente dissociati, poiché Jean-Luc Mélenchon voleva impedire la discussione sull’articolo principale della legge. Poi, nel 2023, il gruppo comunista ha votato il disegno di legge sul rilancio del nucleare, contrariamente ai suoi altri tre partner. A maggio, sono apparse nuove divisioni in occasione del dibattito sulla difesa nazionale, poi, in giugno, sull’accordo tra l’Unione europea e il Mercosur, e, in luglio, sulla legge sull’industria verde. Infine, nel mese di agosto, il disaccordo è stato evidente sulla questione della laicità a scuola, con i socialisti e i comunisti che volevano il divieto dell’abaya, e Lfi e Europe Écologie-Les Verts che, al contrario, gridavano all’islamofobia. È dunque assai logico che questa grande opposizione abbia condotto alle polemiche sui massacri di Hamas, rivelando le contraddizioni storiche tra delle culture di sinistra inconciliabili. È evidente che una serie di considerazioni opportunistiche conduca Jean-Luc Mélenchon e i suoi amici a sedurre l’elettorato musulmano, adottando una posizione provocatoria dinanzi all’organizzazione islamista, terroristica e totalitaria che è Hamas. Ma è anche tutta una storia di impegno dell’estrema sinistra in favore della causa palestinese a essere in gioco in questa crisi. Questo impegno univoco, sostenuto da un antisionismo cieco che trova le sue radici in una tradizione storica dell’antisemitismo sociale, entra in contraddizione con tutta la storia del Partito socialista, legata al Partito laburista israeliano, e che ha sempre ricercato una posizione di equilibrio nel conflitto israelo-palestinese. C’è una frattura profonda tra l’estremismo di Lfi, che ha alcuni eletti vicini all’islamogoscismo, e tutta la storia della sinistra da Léon Blum (1872-1950) (…).
I valori che hanno caratterizzato l’identità storica della sinistra, ossia la ricerca di una società più giusta e egualitaria, la laicità repubblicana, la costruzione di un’Europa democratica e sociale, non devono essere difesi con grida e furia, ma con la serenità di un progetto coerente e pragmatico.
(Traduzione di Mauro Zanon)