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Se Israele ha sempre torto. Lo scoramento di un paese di fronte a un'ondata di odio
Un giornalista israeliano dà voce allo sconforto del suo popolo di fronte al ritorno dell'antisemitismo. “Le abbiamo provate tutte, anche mostrare l’orrore. Ora basta”
Dopo l’orrendo massacro del 7 ottobre gli israeliani, traumatizzati, stanno facendo del loro meglio, a partire dai social network, per far capire al mondo il loro orrore” scrive Jonathan Yavin sul maggiore quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth. “Vogliamo che il mondo sappia, vogliamo che il mondo si convinca, vogliamo che il mondo sia dalla nostra parte – una volta tanto. Perché non è stato così negli ultimi… beh, non saprei: duemila anni? L’antisemitismo non tocca il culmine quando viene sbandierato apertamente da qualche naziskin che sventola bandiere con la svastica, ma quando viene furbamente spacciato da studiosi in cerca di notorietà sotto forma di una bugiarda campagna ‘per la libertà’, fatta propria e divulgata da celebrità alla moda, che non sanno un cavolo, affinché venga abbracciata da moltitudini di studenti sprovveduti e facilmente influenzabili.
Quando i puri malvagi vengono fatti passare per poveri derelitti, allora l’antisemitismo si presenta nella sua forma più contagiosa e pericolosa. Si appiccica in modo astuto e molto persuasivo agli ingenui e agli ignoranti, che ben presto si rifiutano di prendere atto di qualsiasi fatto che metta in discussione la loro ‘narrazione’. E alla fine si trasformano in ipocriti compiacenti, sempre alla ricerca dell’opinione ‘giusta’ da esibire. Abbiamo provato di tutto, con questa gente, senza alcun risultato. Abbiamo fatto vedere filmati orribili. Abbiamo fatto sentire le vane, strazianti suppliche di genitori che imploravano di risparmiare la vita dei loro figli. Abbiamo mostrato lo spietato sadismo di Hamas nella sua forma più cruda e atroce.
Eppure, in qualche modo, i ‘cattivi’ in questa storia siamo ancora noi. All’apertura dell’Amsterdam International Documentary Film Festival, attivisti anti-israeliani esibiscono uno striscione per la distruzione dello stato ebraico, accolti da applausi e acclamazioni del pubblico e del direttore artistico del festival, presente sul palco. Il regista israeliano Nitzan Gilady: ‘Non potevo credere ai miei occhi. Non ditemi che non capiscono cosa significa la frase ‘La Palestina sarà libera dal fiume al mare’. Hanno applaudito non una soluzione del conflitto o la liberazione dei palestinesi da Hamas, ma l’appello a cancellare Israele’. Bene, ecco una piccola notizia per queste persone: ne abbiamo abbastanza di spiegare. Tutto si è ribaltato. Tutto si è ribaltato in quelle case devastate dei kibbutz aggrediti, e tutto si è ribaltato in ogni altro senso. In Israele, praticamente tutti coloro che tendevano la mano in segno di pace ora stringono i pugni. Abbiamo perso ogni speranza di vivere in pace accanto ai nostri vicini palestinesi. E sicuramente non ci importa niente di quello che Greta Thunberg dice di noi ai suoi amici super-fighi: non quando sono in ballo le nostre vite e, a quanto pare, la nostra morte. La parte giusta, nelle atrocità del 7 ottobre, è quella israeliana. Lo capisce chiunque sia sano di mente. Decapitare neonati, stuprare centinaia di donne, bruciare intere famiglie, rapire bambini e anziani sopravvissuti alla Shoah e persone disabili sono tutte cose che non possono trovare nessuna giustificazione in nessun contesto. Questi non sono atti di poveri derelitti, questi sono atti di despoti sanguinari. Ma è come parlare a un muro, è assolutamente inutile. E se nessuno ascolta, perché dovremmo ascoltare noi? Quindi non diteci di fermare la guerra a Gaza: non accadrà”.
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