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Prima l'Ucraina, poi Israele: perché l'occidente è ai piedi di un vulcano
I conflitti in corso giovano alle potenze come Russia, Cina e Iran, che sperano di accelerare così il declino della nostra parte di mondo. L'articolo del Point
"Il rave party finito in tragedia lo scorso 7 ottobre in Israele è una metafora delle nostre società occidentali”, scrive l’editorialista e capo della redazione Esteri del Point, Luc de Barochez. “Incuranti del pericolo, più di tremila giovani israeliani ballavano e si divertivano a tre chilometri dalla polveriera islamista rappresentata dalla striscia di Gaza. Circa 270 di loro hanno perso la vita. Come la gioventù postmoderna israeliana, è tutto l’occidente che, oggi, danza su un vulcano.
Le braci dei conflitti armati si estendono nel suo ambiente geopolitico, alimentate e incoraggiate dalle potenze revisioniste, ossia la Russia, l’Iran e la Turchia, discretamente appoggiate dalla Cina. Nulla, in linea di principio, dovrebbe unire la dittatura militare-petrolifera di Vladimir Putin, la teocrazia sciita di Teheran, il regime islamista sunnita di Recep Tayyip Erdogan e il Partito comunista cinese di Xi Jinping. Nulla, se non la loro ostilità verso la libertà individuale, lo stato di diritto e la democrazia liberale; il loro rigetto dei valori universali; la loro percezione condivisa di un declino occidentale che non chiede altro che essere accelerato a suon di attacchi ben assestati. Ognuno di questi regimi autoritari sfrutta l’occasione rappresenta dai conflitti armati scatenati dagli altri. L’Iran e la Corea del Nord svolgono ormai un ruolo chiave nella guerra lanciata da Putin nel 2022 contro Kyiv, fornendo all’esercito russo armi e munizioni. Mosca appoggia in maniera ostentata i nemici di Israele ricevendo le delegazioni di Hamas e dell’Iran. L’Azerbaijan e, dietro di lui, la Turchia, hanno approfittato della destabilizzazione stimolata da Mosca per cacciare 120 mila armeni dalle loro terre ancestrali del Nagorno-Karabakh.
L’ecatombe scatenata da Hamas nel Vicino oriente è utile al Cremlino, perché distoglie l’attenzione della guerra che la Russia sta conducendo contro l’Ucraina. Fa inoltre il gioco dell’Iran, che ritrova nel Vicino oriente la sua posizione centrale, che gli accordi di Abramo minacciavano di compromettere. A Washington, l’Amministrazione Biden è stata più risoluta nel suo sostegno verso Israele, ma al prezzo del suo sostegno all’Ucraina. È stata incapace di far adottare dal Congresso la sua proposta di un aiuto congiunto a Kyiv e a Gerusalemme, scontrandosi con i repubblicani pro Trump e la loro politica “America First”. E a un anno dalle elezioni presidenziali americane, il Partito democratico è diviso come non mai, tra quelli che vogliono mantenere il sostegno tradizionale a Israele e quelli che privilegiano ormai la causa palestinese e sono sempre più numerosi. La stanchezza delle opinioni occidentali dinanzi al costo della solidarietà si accentua, in un momento in cui le fiamme degli incendi conquistano sempre più terreno. In Ucraina, la controffensiva non avanza. Nel Caucaso, l’Azerbaijan non ha rinunciato a utilizzare la forza per aprire un corridoio attraverso il territorio armeno sovrano. Nel Vicino oriente, è grande il rischio di un’estensione regionale delle ostilità. In Africa, l’Europa, rappresentata principalmente dalla Francia, ha dovuto fare le valigie, lasciando il campo libero ai jihadisti. Nel Maghreb, le tensioni regionali accendono l’antagonismo tra Rabat e Algeri. Nell’estremo oriente, la Cina attende il suo momento per fagocitare Taiwan. E tutto ciò accade mentre il governo americano è solidamente gestito da Joe Biden, nonostante la sua età avanzata. Cosa accadrebbe se l’agitatore Donald Trump tornasse a insediarsi alla Casa Bianca nel gennaio del 2025, come gli ultimi sondaggi lasciano pensare?
Così come Israele si è drammaticamente sbagliato comportandosi come se il problema palestinese non esistesse – fa notare nella conclusione del suo articolo Luc de Barochez – sarebbe illusorio pensare che gli europei possano mantenere il loro stile di vita e continuare a beneficiare della pace e della prosperità in un mondo di pazzi. (Traduzione di Mauro Zanon)
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