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“I nuovi dispotismi ci designano come il nemico del genere umano”
Sul Point, Jean-François Colosimo esplora lo stravolgimento del mondo provocato dai cinque neo-imperi che prendono di mira l’occidente
Nel suo ultimo saggio, “Occident, ennemi mondial n° 1” (Albin Michel), il saggista francese Jean-François Colosimo esplora lo stravolgimento del mondo provocato dai cinque neo-imperi che prendono di mira l’occidente, collocandolo in un contesto storico. Cina, Russia, Turchia, Iran e India vogliono spartirsi il mondo e sono accomunati dall’odio verso l’occidente, o per quello che ritengono essere l’occidente.
Le Point – Lei dice che stiamo vivendo uno “stravolgimento accecante del mondo”. Quale?
Jean-François Colosimo – La fine della storia, lo scontro di civiltà, l’iperpotenza americana, il multilateralismo globale... Tutte le profezie geopolitiche dell’èra post-comunista sono state smentite. Sognavamo la pace universale, ma eccoci precipitati nell’incubo dell’ostilità perpetua. Siamo disorientati. Perché fatichiamo a capire che la rinascita delle religioni, degli imperi e della barbarie sono la stessa cosa. Di conseguenza, ci sentiamo impotenti di fronte ai nuovi dispotismi che ci designano come il nemico dell’umanità.
Secondo lei, Russia, Turchia, Iran, Cina e India stanno lavorando insieme per destabilizzare il mondo. In che modo?
Tutti e cinque negano lo stato di diritto all’interno e all’esterno dei loro confini. Tutti e cinque stanno creando finzioni identitarie, macchine repressive, ricostruzioni religiose e progetti imperiali. Tutti e cinque alimentano un bellicismo conquistatore per stabilire il loro dominio. Dalle riunioni ai vertici, continuano a chiedere una revisione dell’ordine mondiale. In realtà, vogliono abbatterlo per conquistare la sua supremazia. I loro obiettivi contrastanti li renderanno un domani avversari. Le loro lotte convergenti li rendono oggi alleati. Dopo il 1492, l’Europa vive uno sviluppo globale e impone il suo concetto di progresso agli altri continenti. La sua egemonia è tecnica, militare e culturale. A partire dal Diciassettesimo secolo, i grandi imperi orientali si sentono minacciati. Gli imperi zarista, ottomano, persiano, Qing e Moghul devono reagire. Dal Diciottesimo secolo in poi, cercano di modernizzarsi adottando un’amministrazione, un esercito e un’accademia sul modello di Parigi o Londra. Senza però rinunciare all’autocrazia. Questa ibridazione si rivela inefficace. Dopo il 1789 e per tutto il Diciannovesimo secolo, questi imperi alternano aperture e chiusure. Introducono riforme liberali che generano anarchia e risentimento. Poi programmi reazionari che provocano ribellione e caos. Si instaura una schizofrenia di civiltà che favorirà le rivoluzioni del Ventesimo secolo.
Anche in questo caso, lei sottolinea uno sviluppo parallelo tra queste cinque entità in seguito alla Prima guerra mondiale. Può spiegarcelo meglio?
Dopo il 1918, questi imperi crollano e le dinastie tradizionali scompaiono. Dalle macerie emergono nuove realtà. Tutte nascono da guerre civili e sono guidate da ideali rivoluzionari. Nazionalisti, come in Turchia, Iran e India. Comunisti, come in Unione Sovietica e in Cina. In entrambi i casi, sotto Atatürk, Pahlavi e Nehru o Stalin e Mao, l’occidentalizzazione a ritmo serrato è al potere. Ovunque vengono decretati l’anno zero, l’abolizione del passato, la demiurgia modernista, la rieducazione del popolo e l’eliminazione del dissenso. La schizofrenia vira alla paranoia. Bisogna rubare all’‘occidente’ il presunto segreto prometeico della sua potenza. Ad ogni costo.
Ma questi progetti finiranno per fallire...
Certo. In nome dell’ateismo che combatte l’oscurantismo, gli stessi rivoluzionari hanno commesso il grande errore di voler instaurare il Paradiso in Terra. Anche se ciò significava dover mettere insieme credi e culti secolari come sostituti. Il futuro superiore o radioso che promettevano si è rivelato presto una menzogna. Nelle questioni religiose, come in quelle idrauliche, è meglio rivolgersi ai professionisti. I loro lontani eredi lo hanno capito. Per rimobilitarsi, hanno fatto uscire dall’armadio le vecchie credenze. E hanno trasformato questi revivalismi in survivalismi: è tempo di vendetta, a suon di vittimismo.
(Traduzione di Mauro Zanon)
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