un foglio internazionale
Due femministe contro la “transmania” che ha conquistato le società occidentali
Un libro per capire la portata di un fenomeno sanitario e sociale, con conseguenze pesanti, dal linguaggio allo sport
Eugénie Bastié, del Figaro, ha raccolto la testimonianza di Dora Moutot e Marguerite Stern, due femministe impegnate, che hanno scritto il daggio “Transmania”.
Tutto è iniziato nel 2019. All’epoca non ci conoscevamo ancora, ma ciascuna di noi stava diventando una nuova icona del femminismo francese. Marguerite militava contro i femminicidi e le violenze domestiche con i suoi collage di strada e Dora per la libertà sessuale femminile attraverso il suo account Instagram @tasjoui. Sui social network, le persone hanno iniziato a dirci che dovevamo includere Robert nelle nostre battaglie femministe. A Dora è stato persino detto che avrebbe dovuto parlare del suo “pene femminile” nel suo account consacrato al sesso. Come ogni persona sana di mente avrebbe fatto, ci siamo rifiutate di dire che Robert è una donna, perché Robert è un uomo. La storia sarebbe potuta finire lì, ma è proprio in quel momento che gli invasati del transgenderismo hanno iniziato a molestarci. Ci siamo trovate di fronte a gruppi di persone sotto ipnosi collettiva, che ripetevano in continuazione dei mantra come “le donne trans sono donne”, e con i quali era impossibile avere una conversazione normale. Transmania, questa sorta di frenesia trans, ci ha colpito duramente (...). Per quattro anni abbiamo ricevuto insulti e minacce a ritmo quotidiano. Twitter e Instagram hanno cancellato e censurato i nostri account diverse volte. Tra i tweet censurati: “Le donne sono femmine Homo sapiens e gli uomini sono maschi Homo Sapiens”. Dora ha perso tutti i suoi contratti. Marguerite si è presa un uovo in testa. Si è creato un vuoto intorno a noi. Hanno iniziato a martellarci con una parola che non avevamo mai sentito prima: “Terf”. Questa parola si riferisce alle donne come noi. Donne che dicono che essere donna non è un sentimento, ma una realtà biologica, che non esiste “nascere nel corpo sbagliato” e che gli uomini non hanno nulla a che fare con gli spogliatoi e le gare sportive femminili.
Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, a cura di Giulio Meotti
Dal 2006, il sito web SheWon.org ha elencato più di 608 gare che avrebbero dovuto essere vinte da atlete donne, ma che sono state rubate da uomini trans. È successo per la prima volta in Francia il 7 maggio 2023. Un uomo trans di nome Halba Diouf si è classificato al primo posto in una gara dipartimentale dei 200 metri femminili con un tempo di 22.67 secondi. Nonostante le regole emanate dalla Federazione internazionale di atletica leggera, la Federazione francese lo ha autorizzato a gareggiare fino al livello dipartimentale. Passò così in un batter d’occhio dal 980esimo posto nazionale al 58esimo posto mondiale, dichiarando di essere una donna perché assumeva estrogeni. A quanto pare è necessario spiegare che le differenze fisiche tra uomini e donne influenzano le prestazioni sportive. La stessa Serena Williams ha dichiarato che avrebbe perso “6-0, 6-0 in cinque minuti contro Andy Murray”. Ad esempio, il record femminile nei 100 metri di Florence Griffith-Joyner è di 10.49 secondi, mentre quello maschile di Usain Bolt è di 9.58 secondi. La differenza di tempo è pari a circa il 10 per cento del tempo totale della gara e riflette il divario medio tra le prestazioni di donne e uomini a livello internazionale. Una delle scuse talvolta addotte dai transgenderisti per legittimare la presenza di maschi trans nelle gare femminili è che l’assunzione di estrogeni riduce la loro massa muscolare. Questo è vero. Ma stanno mentendo per omissione: indipendentemente dagli ormoni, più di 3000 geni contribuiscono alla differenza di muscolatura tra i sessi. E né questi geni né la differenza di altezza o di struttura ossea possono essere modificati dall’assunzione di ormoni (…).
La parola donna sta scomparendo, e con essa il vocabolario scientifico e medico. In un opuscolo medico, l’ospedale pubblico di Brighton (Sussex, Regno Unito) istruisce le ostetriche a usare i termini “latte umano, “latte dei seni/del torso”, “latte proveniente dal genitore che allatta”, invece che “latte materno”. Lo stesso opuscolo chiede al personale di riferirsi alla vagina come “foro anteriore” o “apertura genitale”. Foro anteriore, avete letto bene.
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