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Salman Rushdie, il sorriso dello scrittore condannato a vivere
L’algerino Daoud rende omaggio al romanziere sotto fatwa dal 1989. Quando la finzione e la realtà si confondono. Scrive il Point (20/5)
"Qual è la differenza tra finzione e realtà?” si chiede il romanziere algerino Kamel Daoud. “Un classico ‘interrogativo’ dello scrittore, a cui deve rispondere nella vaghezza artistica della sua professione. Vediamo due momenti che incarnano al meglio questa vocazione post-sciamanica. In primo luogo, la foto dello scrittore, generalmente utilizzata per illustrare un articolo o la promozione di un libro. Un rituale in sé. La posa è spesso ridicola, falsa, con un’inevitabile tendenza al cliché: lo scrittore deve guardare sognante nel vuoto. Appoggiato a un tronco d’albero, seduto su una panchina in riva alla Senna (fiume che dovrebbe rappresentare l’infinita intimità con cui lo scrittore si confronta, forse), appoggiato a scaffali di libri o sorridente, con la mano sotto il mento, al limite della seduzione. Comunque la si pensi, è il momento della consacrazione, un po’ piatto, convenzionale e a volte fastidioso. Che altro fare del resto? Si può solo posare per il proprio lavoro. Un mestiere che consiste nell’apparire contemporaneamente vaghi e precisi, seducenti e altezzosi, e nell’adornarsi di feticci e tic allo stesso ritmo. Si mostra la coscia e il cervello nella stessa postura. Ma qual è dunque il legame con la domanda iniziale? Un po’ confuso, difficile da spiegare: una collezione di giochi di ruolo. Bisogna imitare lo sciamano, l’avversario, l’antico mago della pioggia, lo stregone, il martire, l’impiegato del mondo invisibile, il grande solitario, dimostrare che l’anima esiste. Rimbaud come uomo d’affari in Sudan e Romain Gary come eroe di guerra. La stele e la carne. Non a tutti è concesso l’altro momento. Perché a volte la risposta alla domanda “quel è la differenza tra finzione e realtà?” è: “Niente”.
La finzione è reale, cioè vera, tocca la vita, la morte e l’amore. Sembra concreta, ruvida al tatto. Lo testimoniano le guardie del corpo. Ai giorni nostri, quando uno scrittore viene minacciato di morte e sottoposto alla stretta protezione delle sue guardie del corpo, è la prova irrevocabile che la finzione è crudelmente reale. Individui radicali possono ucciderti per un’opera di finzione; quindi non c’è nulla di più reale della finzione, nulla di più consistente di questo sogno. La scorsa settimana, l’autore di questa rubrica aveva appuntamento con un grande scrittore per una serata “libera”. La stradina dove si è svolto l'incontro, a Parigi, era gremita di giganteschi uomini armati, di auto blindate e piene di sospetto metallico, di silenzio. Lo scrittore in visita è sotto protezione da secoli. Alcuni vedono questo “lusso costoso” come una tragedia, altri come un segno masochistico di successo. Quindi una guardia stretta è una raffinatezza perversa del successo? Sì, per certi gelosi. Nel suo ultimo libro, questo autore di fama mondiale illustra come una fatwa di morte contro uno scrittore intrappoli quest’ultimo tra due famiglie complementari di negazionisti: quelli che ti parlano solo di “quello”, e quelli che sogghignano, distillando l’invidioso “Ci stavi giocando”, l’acido “È una buona promozione”, l’incommentabile “Stai esagerando un po’, non è vero”. E come risponde lo scrittore che ammiro tanto? Con un sorriso spiazzante contro le certezze. Il suo enorme senso dell’umorismo traspare dalla sua scrittura. Ha l’inventiva di un dio pagano. Il suo stile è barocco e sgargiante, imita la più bella risata cosmica possibile. Chi è dunque? A Chautauqua, nello stato di New York, il 12 agosto 2022, un giovane si è scagliato contro Salman Rushdie per ucciderlo, pugnalandolo dappertutto, per eseguire una fatwa emessa dal regime iraniano più di trent’anni prima. L’aspirante criminale non aveva letto più di tre pagine dei suoi libri.
Un altro giovane ha cercato di sgozzare il premio Nobel egiziano Nagib Mahfouz nell’ottobre 1994. Non aveva letto nulla di lui. E così via. Se si arriva a uccidere gli scrittori, è perché i libri sono importanti e la narrativa è reale. La prova è nel sangue e nell’assassino. Questa è stata la riflessione sommessa dell’autore di queste righe mentre si recava a questo incontro amichevole. La finzione rimane la più reale, pericolosa e costante. La protezione ravvicinata resta la prova della sua consistente materia. È la realtà che manca di argomenti per affrontarla. La realtà dei social network, degli schermi, degli pseudonimi, degli avatar e dei troll. La narrativa, invece, è firmata con il nome e il cognome dello scrittore, con le sue opere. Tra assassini e guardie del corpo, la narrativa è “provata”. Uccide.
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