un foglio internazionale
Vivere nel mondo dello Sciacallo
Il terrorista Carlos, gli studenti occidentali pro Hamas e l’asse Cina-Teheran
"I lettori più giovani potrebbero non aver sentito parlare di Carlos lo Sciacallo”, scrive Clifford May sul Washington Times. “I lettori più anziani potrebbero averlo dimenticato. Allora, lasciate che vi racconti in breve la sua storia. Ilich Ramirez Sanchez è nato in Venezuela nel 1949. Suo padre, un ricco avvocato marxista, gli diede quel nome in onore di Vladimir Ilich Ulyanov, più noto come Lenin. Dal 1968 al 1970, il giovane Ilich studiò all’Università Patrice Lumumba di Mosca. Successivamente si addestrò con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) che era – ed è ancora oggi – un’organizzazione terroristica anti israeliana laica e marxista-leninista. I suoi mentori del Fplp lo soprannominarono ‘Carlos’. I giornalisti aggiunsero ‘lo Sciacallo’ quando si fece un nome nelle faccende di terrorismo. Secondo i suoi stessi calcoli, circa 2.000 persone sono state uccise in più di 100 attentati, omicidi e altri attacchi compiuti sotto il suo ‘coordinamento’. Fra le trame in cui è stato implicato, l’occupazione nel 1974 dell’ambasciata francese all’Aia ad opera di membri dell’Armata Rossa giapponese, un’organizzazione militante comunista.
Nel 1975, i detective francesi rintracciarono Carlos in un appartamento di Parigi. Lui li fece entrare, offrì loro da bere, poi estrasse una mitraglietta e aprì il fuoco uccidendone due e ferendone un terzo. Più tardi a Vienna, quello stesso anno, insieme a cinque complici fece irruzione in una riunione dell’Opec (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio), uccidendo tre persone e prendendo più di 60 ostaggi. Scaltro negoziatore, Carlos ottenne di essere portato in aereo in Algeria, dove venne accolto calorosamente. E riuscì a farsi dare milioni di dollari come riscatto per gli ostaggi. Per farla breve, nel 1994 gli agenti francesi catturarono Carlos in Sudan e lo trasferirono in Francia, dove venne processato per molteplici omicidi e condannato all’ergastolo. In carcere, Carlos si è convertito all’islam. All’epoca sembrò una svolta piuttosto singolare. Ma nel 2003 Carlos pubblica un libro intitolato ‘Islam rivoluzionario’, in cui esprime ammirazione sia per la Repubblica islamica dell’Iran che per Osama bin Laden. E definisce gli attacchi dell’11 settembre 2001 una ‘nobile impresa’.
Il comunista diventato adulatore di al Qaida ha concesso un’intervista alla rivista di estrema destra neofascista Résistance, in cui ha spiegato il suo percorso antisionista e antiamericano agli ammiratori neofascisti: ‘Tutti coloro che combattono i nemici dell’umanità, siano essi l’imperialismo statunitense, i sionisti, i loro alleati o i loro agenti, sono miei compagni. Mi sono convertito all’Islam nel 1990 e continuo a essere comunista. I miei auguri più cari vanno alla liberazione della Palestina e di tutti i paesi occupati da forze straniere. L’islamismo radicale è variegato, eteroclito e proteiforme. I veri jihadisti combattono il mostro yankee e reclamano la liberazione dei tre luoghi santi: La Mecca, Medina e Gerusalemme. Ho provato un profondo sollievo vedendo gli eroici atti del sacrificio dell’11 settembre 2001. Ho capito che il mio sacrificio a Khartum non è stato vano. Lo sceicco Osama bin Laden era un muhajidin modello. E’ un autentico martire vivente’.
Durante il suo soggiorno in Sudan e frequentando il leader carismatico Hasan al-Turabi, Carlos entrò in contatto per la prima volta con Osama bin Laden. E scriveva già allora: ‘L’aggressione imperialistica mira a rallentare l’espansione dell’Islam, combattendo Osama bin Laden, decapitando il rinnovamento wahhabita che si prepara a eliminare gli usurpatori del Nejd e del Hejaz, a liberare i luoghi santi e la Palestina. Gli attentati di Nairobi e Dar es Salaam rientrano nella continuità storica dei nostri, che hanno avuto inizio un quarto di secolo fa per terra, mare e cielo contro i sionisti’. Questo pezzo di storia mi è tornato in mente mentre vedevo la sinistra woke affratellarsi con i fan di Hamas e altri autoproclamati jihadisti per manifestare, spesso in modo violento, contro Israele, i sionisti, gli ebrei, l’America e l’occidente nei campus universitari, davanti alla Casa Bianca, all’ingresso di una mostra a New York sulla carneficina del Nova Music Festival e in un’infinità di altri luoghi. C’è di più. La Cina, governata dal partito comunista più potente della storia, sta instaurando rapporti sempre più stretti con il regime islamista di Teheran. A marzo, Wang Kejian, un diplomatico cinese, ha incontrato in Qatar il capo di Hamas Ismail Haniyeh e, stando a Hamas, ha affermato che ‘il movimento di Hamas è parte integrante del tessuto nazionale palestinese e la Cina è entusiasta dei rapporti che intrattiene con esso’. TikTok, la popolare piattaforma social di proprietà di Bytedance, controllata dal Partito comunista cinese, ha utilizzato i suoi potenti algoritmi per diffondere propaganda contro Israele, non da ultimo tra i giovani americani. Ancora. Guermantes Lailari, un ufficiale in pensione dell’aeronautica americana ora visiting scholar presso la National Chengchi University di Taiwan, riferisce che a Gaza le Forze di Difesa israeliane hanno trovato grandi quantità di moderne armi e attrezzature militari cinesi, e che gli ingegneri dei tunnel dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese hanno aiutato Hamas a costruire la sofisticata, estesissima e costosissima fortificazione sotterranea di Gaza, una componente strategica cruciale nella guerra in corso contro Israele.
Perché mai dei comunisti atei dovrebbero sostenere gli islamisti che gridano ‘Allahu Akbar’ mentre uccidono e stuprano? Parte della risposta, credo, è che Israele viene visto, non a torto, come un leale alleato dell’America e un avamposto dei valori occidentali in medio oriente, nonostante gli sforzi compiuti negli anni dai leader israeliani per coltivare relazioni amichevoli con Pechino, persino ingaggiando ditte cinesi per – indovinate un po’ – scavare tunnel autostradali in Israele. In altre parole, l’antisionismo coincide con l’obiettivo più ampio di Xi Jinping di sminuire lo status di superpotenza dell’America in un mondo che sia dominato sempre più dal Partito comunista cinese. Quello che vale per l’America vale per l’occidente: sia gli islamisti che la sinistra woke vogliono che l’occidente scompaia, o almeno venga costretto a sottomettersi. L’ayatollah Ruhollah Khomeini era stato sincero quando aveva definito la rivoluzione islamica del 1979, da lui capeggiata in Iran, una lotta ‘contro il mondo occidentale’. E qui ricordiamo che, nel 1987, Jesse Jackson guidò 500 manifestanti all’Università di Stanford gridando: ‘Hey hey, ho ho, Western civ has got to go’ (Ehi ehi, oh oh, la civiltà occidentale deve andarsene). La loro recriminazione, o almeno così sostenevano, era che i corsi universitari sulla civiltà occidentale implicavano una superiorità occidentale che non si conciliava con il ‘multiculturalismo’. Gli amministratori delle università – compiacenti e remissivi allora come oggi – sostituirono la civiltà occidentale con corsi su ‘Culture, idee e valori’ e ‘Imperialismo e colonialismo occidentale’: corsi dedicati a enfatizzare peccati veri e presunti dell’Europa e dell’America, mettendo in discussione i valori fondamentali dell’occidente come società aperta, libera ricerca, libero mercato, democrazia costituzionale, eguaglianza di diritti. Ben poca attenzione veniva data agli imperi del medio oriente, dell’Asia, dell’America latina e dell’Africa e alle loro pratiche spesso abominevoli (come la tratta degli schiavi ad opera di arabi e ottomani o i sacrifici umani di bambini aztechi). I dipartimenti di studi sul medio oriente vennero trasformati in centri di attivismo ‘anti-orientalista’, soprattutto contro Israele.
Nel frattempo, nella maggior parte dei campus restavano praticamente ignorati gli edificatori di imperi contemporanei che stanno a Teheran, a Mosca, a Pechino. Non c’è forse qualche contraddizione fra il jihadismo fondamentalista da un lato e le ideologie del Partito comunista cinese e della sinistra woke dall’altro? A quanto pare, Carlos e i suoi accoliti pensano proprio di no. Nel suo Islam rivoluzionario, Carlos esortava ‘tutti i rivoluzionari, compresi quelli di sinistra, anche gli atei’ ad accettare la leadership degli islamisti perché essi rappresentano, dato il crollo dell’Unione Sovietica, l’unica ‘forza transnazionale in grado di opporsi all’asservimento delle nazioni’. E ancora: ‘La rivoluzione è oggi, prima di tutto, islamica. L’Islam e il marxismo-leninismo sono le due scuole di pensiero in cui ho concentrato il meglio delle mie analisi. Siamo di fronte al Diavolo. L’impero delle tenebre estende la sua ombra sull’universo’. Era il 2003 e Carlos pronosticava: ‘D’ora in poi il terrorismo sarà perlopiù una parte quotidiana del panorama delle vostre democrazie in disfacimento”.
(Traduzione di Giulio Meotti)