un foglio internazionale
Dove porta l'odio di sé dell'uomo occidentale
Rémi Brague spiega la mentalità woke: “Se tutto può essere ‘decostruito’ è messa in discussione la legittimità della stessa civiltà”
La storia dell’occidente è percepita esclusivamente come una serie di crimini” scrive il filosofo francese Rémi Brague nel quotidiano spagnolo ABC. “Pertanto, questa vergogna storica si traduce in un’ondata di distruzione di statue. Nelle élite occidentali si osserva un odio verso il cristianesimo. E non è solo disaffezione verso la pratica religiosa, ma piuttosto un desiderio di porre fine alla religione, soprattutto a quella cattolica. Una scuola sociologica considera ogni istituzione come una mera costruzione, senza alcun fondamento nella natura umana. Una natura di cui negano l’esistenza. Di conseguenza tutto può essere ‘decostruito’. C’è un passaggio finale: viene messa in discussione la legittimità dell’uomo nella sua esistenza concreta. Secondo l’ecologia radicale, sarebbe meglio che il pianeta si liberasse di questo parassita che lo macchia. Questi fenomeni, sebbene diversi, hanno un focus comune: l’odio verso sé stessi. L’esempio chiave è l’odio verso il cristianesimo. Questo odio è la prova dell’importanza decisiva del cristianesimo nella storia europea. Si potrebbe obiettare che, al contrario, l’uomo postmoderno ama già troppo se stesso. Ami davvero te stesso? L’odio di sé dell’uomo d’oggi è un odio per sostituzione. Odia tutto ciò che lo determina dall’esterno: quello culturale come l’ambiente sociale, il paese con la sua lingua, la sua cultura e la sua storia e quello naturale come il sesso o l’età, perfino il fatto fondamentale di appartenere alla specie umana. Esistono vari tipi di odio. Odiamo perché siamo gelosi, indignati o invidiosi. Ecco la mia tesi: l’odio per sé stesso dell’uomo occidentale è una manifestazione di invidia. Ora, la visione del mondo condivisa da molti europei porta con sé l’invidia. Questa invidia porta con sé l’odio per se stessi, il desiderio che la razza umana si estingua. E qui ritroviamo l’odio verso sé stessi di un particolare tipo di uomo, quello occidentale, bianco e, soprattutto, maschio. L’invidia è una forma di odio e l’odio cerca la distruzione di ciò che odia. L’‘invidia di sé’ porta con sé il desiderio di autodistruzione. L’autodistruzione è la forma perfetta di autodeterminazione. Quel progetto stesso porta con sé il desiderio di suicidio. Il suicidio ha dei vantaggi: è facile, è veloce, costa poco, il risultato è totale e definitivo. Per ovviare al disagio, è sufficiente sostituire al suicidio dell’individuo la distruzione del paese in cui vive, della civiltà che gli ha portato i suoi tesori culturali o, a lungo termine, l’estinzione dell’umanità.
Ora, il suicidio attua concretamente la dialettica autodistruttiva dell’ateismo: senza un punto di riferimento esterno non si può dire che l’uomo vale più di una lumaca, né pretendere che meriti una dignità superiore. Se il nostro modo di vivere, e anche tutta la vita umana, manca di legittimità, è radicalmente cattivo, l’unica misura da prendere è lasciarlo scomparire o buttarlo via”.
Il Foglio internazionale