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un foglio internazionale

Fare tabula rasa del passato

Gli archeologi del rancore vogliono liberarci del passato, ma ne diventano invariabilmente e paradossalmente prigionieri, spiega il sociologo  Furedi

Gli archeologi del rancore, che vogliono liberarci del passato, ne diventano invariabilmente e paradossalmente prigionieri, osserva il sociologo inglese di origini ungheresi Frank Furedi, in un libro che attacca le ideologie decoloniali in voga e la “cancel culture”, “The War Against the Past” (Polity, 2024). Furedi è professore emerito di Sociologia all’Università di Kant. L’analisi, sul numero del 28 ottobre di Causeur, è della demografa francese Michèle Tribalat. Il suo ultimo libro è “Immigration, idéologie et souci de la vérité” (L’Artilleur).

Frank Furedi ha iniziato a scrivere il suo libro dopo aver assistito, a distanza, allo smantellamento della statua di Abraham Lincoln a Portland nell’ottobre 2020, da parte di una folla inferocita che cercava di vendicarsi del presente distruggendo il passato. Nonostante la mancanza di coordinamento e di dichiarazione di guerra, si tratta a tutti gli effetti di una guerra contro il passato. Jonathan C.D. Clark, in “Our Shadowed Present” (2004), vede questo attacco al passato come un’operazione di “diseredazione storica”. Frank Furedi parla di “archeologia del rancore” per descrivere questo processo di delegittimazione del passato al fine di riconfezionarlo in linea con i valori e gli obiettivi delle attuali politiche identitarie. I bambini e gli adolescenti sono i principali bersagli di questo processo di allontanamento morale dal patrimonio culturale, incoraggiato da un clima culturale che incontra poca resistenza. Le élite occidentali hanno fatto poco per difendere il loro patrimonio storico. Spesso l’hanno rinnegato e sono state in prima linea nell’operazione di sradicamento. Fino a poco tempo fa, sia la sinistra che la destra cercavano di interpretare il passato per alimentare le loro ideologie, alla ricerca di prove che convalidasserno le proprie posizioni. Nel Diciannovesimo secolo, il passato ha smesso di essere visto come un deposito di soluzioni per il presente, con la comparsa di un culto della giovinezza che si è rapidamente affermato all’inizio del Ventesimo secolo. Il passato ha iniziato a essere percepito come un ostacolo alla ricerca del progresso e si è cominciato a sognare un mondo nuovo, rimodellato secondo i princìpi della scienza. 
Dopo l’ecatombe della Prima guerra mondiale, per le élite, la storia non aveva più nulla di positivo da dire alla società. Gli ideali e i valori da cui erano state forgiate avevano perso ogni significato. Nei primi decenni del Ventesimo secolo, la sinistra e la destra, ciascuna a modo suo, hanno promosso un uomo nuovo (Trotsky e Hitler). L’allontanamento dal passato è stato graduale fino alla fine degli anni Sessanta, ma con gli anni Settanta gli attacchi sono diventati più espliciti. Frank Furedi divide questa evoluzione in quattro fasi: perdita di rilevanza del passato durante il Diciannovesimo secolo; il passato è un ostacolo al presente: un’idea emersa alla fine del Diciannovesimo secolo, che ha acquisito influenza dopo la Prima guerra mondiale e ha trovato nuovo slancio dopo la Seconda; il passato è principalmente malevolo: negli anni Sessanta e Settanta si è sviluppata una sfiducia verso il passato, che è stata reindirizzata verso lo status di adulto con, allo stesso tempo, un’ossessione per l’identità. L’ascesa della controcultura negli anni Sessanta ha favorito la svalutazione del passato; il passato è un pericolo: è una minaccia per il presente. Tutto è da buttare fino alla fine della Seconda guerra mondiale (Bald Old Days). Il 1945 è, in un certo senso, l’anno zero. Ma questo passato continuerebbe a contaminare il presente e a danneggiare le minoranze. Cercando nel passato le fonti dell’attuale sofferenza, lo si reintrouduce nel presente, pur affermando di essersi allontanati da esso. C’è tutto il paradosso di voler rompere con il passato e allo stesso tempo regolare i conti con esso. Una volta, questa ideologia indicava la nascita di qualcosa di nuovo. Questo era l’obiettivo della Rivoluzione francese, della Rivoluzione dei Khmer rossi nel 1975 e, in una certa misura, della Rivoluzione americana, che voleva creare un mondo nuovo. Oggi questa ideologia ha rivolto lo sguardo all’indietro. Cerca di eliminare le influenze del passato e di vendicarsi di esse in nome dei mali contemporanei che avrebbe generato. Il movimento decoloniale, che riduce l’eredità occidentale a una storia di dominazione e oppressione, è l’agente più efficace per propagare l’ideologia dell’“Anno Zero”. Aristotele sarebbe un razzista che continua a far del male, la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti una carta di schiavisti, e il colonialismo il precursore della Shoah… E’ un movimento che risuona con lo spirito del tempo e si è trasformato in una retorica che può essere applicata a qualsiasi cosa. E’ stata persino utilizzata per giustificare i massacri degli israeliani il 7 ottobre 2023. La continuità storica, elemento decisivo nella costruzione dell’identità, è diventata un flagello, e il suo rifiuto non è più riservato a un’élite progressista. (…). 
Nella conclusione del suo libro, Frank Furedi mette in guardia da questa guerra contro il passato: “Paradossalmente, coloro che vogliono liberarsi del passato ne diventano invariabilmente prigionieri”. Privarsi della perspicacia acquisita in seguito ai tentativi e agli errori dei secoli precedenti significa mettere in discussione lo status dell’umanità nel suo complesso. Se tutto è andato male prima, perché dovrebbe essere diverso in futuro? Questa demonizzazione del passato favorisce l’allontanamento dalla sensibilità umana e, nelle sue forme più estreme, la percezione dell’umanità come un elemento nocivo che minaccia la sopravvivenza del pianeta. Essa porta anche al fatalismo e alla diluizione della nozione di responsabilità. Nel purgatorio del presentismo, le persone hanno difficoltà a creare i legami essenziali per la solidarietà sociale. E “quando dimentichiamo ciò che ci ha reso ciò che siamo e ciò che ci lega, la società purtroppo può solo diventare frammentata e polarizzata”. Il passato rappresenta un fondo di esperienza umana attraverso il quale l’umanità è stata costretta a confrontarsi con gli orrori di cui è responsabile, ma è anche una fonte di apprendimento per fare del bene. E’ in Europa che si sono radicate le idee di libertà e di libero arbitrio. Molte delle figure storiche che oggi critichiamo sono state decisive per lo sviluppo di un comportamento civile associato allo sviluppo morale dell’umanità. Il nostro mondo di oggi è molto più influenzato dallo spirito democratico di Atene che dal ricorso alla schiavitù. Questa eredità deve essere protetta dall’assalto degli archeologi del rancore alla ricerca di una punizione collettiva. “Il nostro ruolo è quello di imparare dall’esperienza passata e non di sottoporla a una sperimentazione ideologica e politica retrospettiva (…). 

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