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(foto EPA)
un foglio internazionale
L'occidente al varco
Con Trump l’ideologia scomparirà sempre di più a favore della cruda lotta per il potere stesso. Una sorta di “momento Romano” della civiltà
Specialista dell’antica Roma e pensatore del declino delle civiltà, lo storico belga David Engels ha scritto “Le Déclin. La crise de l’Union européenne et la chute de la République romaine” e “Oswald Spengler. Introduction au Déclin de l’Occident”, dove amplia e modernizza il pensiero del filosofo tedesco. Engels dedica gran parte delle sue ricerche a Oswald Spengler. Che cosa l’ha spinta a interessarsi a questo autore e che cosa, secondo lei, rende la sua opera ancora attuale per comprendere l’evoluzione dell’occidente? “Sono rimasto affascinato da Spengler fin dalla prima volta in cui ho letto un suo testo, all’età di 17 anni – un periodo della vita in cui si è facilmente influenzati da grandi idee o autori influenti, alcuni dei quali rimangono con te per il resto della vita” dice a Le Figaro. “All’epoca ero immerso in un’atmosfera un po’ “fin de siècle”, leggevo opere di Thomas Mann e dei grandi decadenti francesi come Villiers de L’Isle-Adam. Quel “clima” mi portò senza dubbio ad apprezzare particolarmente l’idea centrale di Spengler: quella del “declino” dell’occidente – non un declino spettacolare o cataclismatico, ma un declino graduale; una sorta di esaurimento della civiltà. Mi ha affascinato anche la capacità di Spengler di aprirsi ad altre grandi civiltà attraverso una visione sistematica e comparativa. Mi ha aiutato a districarmi nella marea di informazioni che a volte possono sopraffare un giovane storico e mi ha mostrato che, sebbene ogni civiltà sia unica e relativamente impermeabile alle altre, tutte attraversano fasi simili. Ciò significa che possiamo utilizzare le conoscenze della nostra storia per comprendere l’evoluzione analoga di altre società che attraversano, anch’esse, diverse fasi: una teocrazia iniziale, un feudalesimo, una fase di assolutismo e razionalismo, un’infatuazione positivista per il progresso tecnologico, una tardiva crisi d’identità e uno stato-civiltà finale. Tuttavia, non mi sono mai considerato uno spengleriano “ortodosso”.
Considero il suo lavoro un valido punto di partenza per pensare al nostro futuro e per sviluppare il mio approccio alla storia”. Qual è la sua lettura dell’attualità americana e del grande cambiamento che questi eventi sembrano innescare? “La situazione negli Stati Uniti assomiglia chiaramente alla fine della Repubblica romana. Durante la sua prima presidenza, Trump era un Catilina; durante la seconda, grazie all’alleanza con Elon Musk, ha inaugurato una sorta di “Primo Triumvirato” (o meglio Duumvirato) all’americana, una partnership tra l’uomo più ricco e l’uomo più potente di quest’epoca. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una transizione molto chiara da quello che chiamerei il socialismo dei miliardari al cesarismo. Prima, un’oligarchia sempre più ristretta espropria di fatto la classe media nascondendo i suoi obiettivi dietro una retorica pseudo-socialista; poi, inizia la lotta tra questi oligarchi per il potere totale, lotta esemplificata dall’uscita di Musk dall’anonimato e dalla discrezione abituale di questi ambienti per allinearsi a Trump. La vittoria dei “conservatori” americani va quindi presa con le molle, perché il potere politico è ora solidale con una gigantesca azienda privata ultra-progressista che controlla non solo il più grande social network del mondo, ma anche un sistema impareggiabile di satelliti spia, l’elettromobilità globale e la tecnologia degli impianti transumanisti…”. È stata l’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk a permettere a questo social di accogliere nuovamente i conservatori. Anche se si ha l’impressione di una certa solitudine da parte di Trump tra i miliardari e i grandi gruppi americani, che hanno sostenuto in massa la candidatura di Harris. “Molti di loro si sono in realtà già mossi, come BlackRock, che ha recentemente abbandonato l’ambientalismo, o Zuckerberg e Gates, che hanno dichiarato la loro (provvisoria) sottomissione al nuovo ordine. Questi ambienti hanno capito mesi fa che il wokismo non sarebbe stato necessariamente una scommessa vincente per il futuro, così l’ideologia scomparirà sempre di più a favore della cruda lotta per il potere stesso. Certo, Musk ha ora un vantaggio su questi concorrenti, ma come a Roma, il “Duumvirato” americano, probabilmente, non durerà per sempre e vedremo molti altri Cesari prima dell’avvento di un vero Augusto. Per la cronaca, per Oswald Spengler, il primo vero Cesare moderno è stato Cecil Rhodes: costruttore di imperi, ricco capitalista, politico eccezionale, maestro di propaganda... e con legami con il Sudafrica, come Elon Musk”. Difficile collocare questa svolta nella storia più generale della nostra civiltà. “L’evoluzione degli ultimi secoli sembra seguire un parallelo abbastanza forte con l’evoluzione dell’antichità. Alessandro Magno può essere paragonato a Napoleone, il Diciannovesimo secolo alla società ellenistica del III e II secolo a.C., le guerre puniche alle guerre mondiali. Il socialismo e il comunismo seguono l’eredità dei Gracchi e di Gaio Mario; e i fascismi potrebbero corrispondere agli esperimenti politici di Silla, il che ci porta necessariamente alla fine della Repubblica romana. La questione principale è ora capire chi governerà l’occidente a lungo termine. La questione non si risolverà pacificamente: forse sfuggiremo a vere e proprie guerre civili, ma un periodo prolungato di rivolte, instabilità politica e declino economico mi sembra inevitabile, soprattutto in Europa, e credo che siamo solo all’inizio. Del resto, Spengler vedeva in Mussolini solo una figura pre-cesariana che annunciava le trasformazioni politiche del futuro, fissando la mutazione “imperiale” dell’occidente verso gli anni 2000-2050”. L’occidente ha dunque un futuro sotto forma di un nuovo progetto politico, ma la sua stessa esistenza è minacciata dal suo rapido declino demografico. “Già nel II secolo a.C., Polibio deplorava il declino demografico del mondo greco-romano, sottolineando che le famiglie avevano ormai solo uno o due figli perché gli adulti davano la priorità alla loro affermazione. A partire dalla fine della Repubblica, divenne difficile reclutare legioni, soprattutto a causa del significativo declino delle classi medie. Una delle prime misure di Augusto, attraverso le “Ieges Iuliae”, fu quella di incoraggiare i cittadini e soprattutto i membri dell’élite a mettere su famiglia e ad avere più figli, in particolare per poter entrare in politica – misure che però non ebbero molto successo. Questo declino fu compensato dall’importazione di immigrati dal Levante e dal Nord, sia attraverso l’emancipazione degli schiavi sia attraverso l’immigrazione volontaria. Roma cessò di essere una città prevalentemente romana molto presto, già nel I secolo. I parallelismi con l’occidente moderno sono evidenti, così come le ragioni del fallimento delle politiche nataliste di Viktor Orbán”.
(traduzione di Mauro Zanon)