
Foto Ansa
un foglio internazionale
Vargas Llosa e la nuova società dello spettacolo
"In un mondo in cui l’intrattenimento è in cima alla lista dei valori, alleviare la noia è la passione universale", scrisse nel 2008 il premio Nobel per la letteratura
"Civiltà dello spettacolo è la definizione della civiltà del nostro tempo, in un mondo in cui l’intrattenimento è in cima alla lista dei valori, dove alleviare la noia è la passione universale”, scrisse nel 2008 Mario Vargas Llosa, lo scrittore peruviano premio Nobel per la letteratura.
“Questo ideale di vita è perfettamente legittimo. Ma trasformare questa naturale propensione al divertimento in un valore supremo porta alla banalizzazione della cultura. Cosa ha spinto l’occidente a scivolare verso la civiltà dello spettacolo? Ai lunghi anni di difficoltà causati dalla Seconda guerra mondiale fece seguito, nelle società democratiche d’Europa e del Nord America, un periodo di rapida crescita della classe media, mobilità sociale e significativa espansione degli standard morali. Questo benessere, la libertà di costumi e il crescente spazio occupato dal tempo libero nel mondo sviluppato hanno costituito uno stimolo notevole per la proliferazione delle industrie dell’intrattenimento come mai prima. Così, in modo sistematico e al tempo stesso insensibile, non annoiarsi, evitare ciò che disturba, preoccupa e angoscia, è diventato un mandato generazionale per settori sociali sempre più ampi. Un altro fattore, non meno importante nella forgiatura della civiltà dello spettacolo, è stato la democratizzazione della cultura, fenomeno altamente positivo. Ma questa lodevole filosofia ha avuto in molti casi l’effetto indesiderato di banalizzare la vita culturale. Non è un caso che oggi la critica sia quasi del tutto scomparsa dai nostri media e si sia rifugiata in quei conventi di clausura che sono le facoltà umanistiche, in particolare i dipartimenti di filologia. Il vuoto lasciato dalla scomparsa della critica è stato impercettibilmente colmato dalla pubblicità, che ne è diventata il fattore determinante ai nostri giorni. L’intellettuale assiste all’eclissi di una figura che per secoli, e fino a relativamente pochi anni fa, aveva svolto un ruolo importante nella vita delle nazioni. Il motivo da considerare è il discredito arrecato a diverse generazioni di intellettuali che, per le loro simpatie verso l’autoritarismo (nazista, sovietico e maoista), di fronte a orrori come l’Olocausto, i Gulag e la carneficina della Rivoluzione culturale sono rimasti in silenzio. Nella civiltà dello spettacolo, la politica ha conosciuto una banalizzazione forse più evidente che nella letteratura, nel cinema e nelle arti. Ciò significa che la pubblicità e gli slogan, i luoghi comuni, le frivolezze e i tic occupano interamente il lavoro che prima era riservato alle ragioni, ai programmi, alle idee. In che modo il giornalismo ha influenzato la civiltà dello spettacolo? La vera crisi è che oggi nessun giornale, rivista o programma di informazione può mantenere un pubblico fedele senza un’adesione assoluta ai tratti distintivi predominanti della società dello spettacolo. I principali organi di informazione non sono semplici banderuole che determinano la loro linea editoriale, la loro condotta morale o le loro creazioni giornalistiche. La loro missione è anche quella di guidare, consigliare, educare e chiarire ciò che è vero o falso, giusto o ingiusto, bello o esecrabile nel vertiginoso vortice degli eventi attuali. Perché questa funzione sia possibile, è necessario un organo di stampa che non comunichi sull'altare dello spettacolo e che oggi rischia di perdere tutto”.


il foglio internazionale
Le nuove guerre della fertilità
