In-house of Parisi
Roma. Come chi vuole mettere le mani avanti, Pasquale Tridico ha già detto in base a quali parametri bisognerà giudicare l'entità del successo, o del fallimento, del reddito di cittadinanza: “Andrà valutato – ha spiegato al Corriere il neo presidente dell'Inps – per quante persone sottrarrà alla povertà e non solo per quante ne collocherà al lavoro”. Come a prevenire, insomma, eventuali critiche su quello che in molti danno un po' per scontato: e cioè che il reddito altro non sarà che un sussidio, con buona pace delle grandi speranze di Luigi Di Maio che vorrebbe farne uno strumento per creare nuovi posti di lavoro. D'altronde, al di là delle precauzioni di Tridico, i criteri che il governo utilizzerà per esaminare l'andamento delle politiche attive connesse al Rdc non sono affatto chiari. Anzi, l'articolo 10 del “decretone” che istituisce reddito e quota 100, quello in cui si definisce l'iter del monitoraggio, sembra preludere a meccanismi non esattamente lineari. E che per di più potrebbero consentire – in via ipotetica – un ulteriore privilegio per il neo eletto presidente di Anpal, il prof. Mimmo Parisi giunto dal Missisipi a rianimare il mercato del lavoro italiano.
Il testo stabilisce, infatti, che a essere “responsabile del monitoraggio dell'attuazione del Rrdc” è il ministero del Lavoro. Lo stesso che predispone, si legge, “il Rapporto annuale sull'attuazione del Rdc”. E lo farà, e qui sta il passaggio più controverso, non solo “sulla base delle informazioni [...] fornite dall'Inps e dall'Anpal”, ma anche su quelle “rilevate dalle piattaforme” istituite presso il ministero del Lavoro e presso Anpal e descritte nell'articolo 6 del decreto: l'articolo, cioè, che ora il M5s intende riformare con un emendamento inserito, del tutto fuori contesto, in alcune delle bozze del decreto “sblocca-cantieri” (approvato il 20 marzo scorso con la formula canonica del “salvo intese” in attesa di essere licenziato in via definitiva dal Cdm). Ebbene, attraverso questa correzione ex post del decretone, il governo, “attesa la situazione di necessità e di urgenza” e “limitatamente al triennio 2019-2021”, concede ad Anpal la facoltà di “avvalersi di società in house del ministero” del Lavoro “al fine di attuare il Rdc anche attraverso appropriati strumenti e piattaforme informatiche che aumentino l'efficienza del programma e l'allocazione del lavoro”. Insomma, una semplificazione sostanziale delle procedere che dovranno portare Anpal Servizi – la spa controllata da Anpal e amministrata dallo stesso Parisi – ad acquisire in maniera agevolata il software con cui attuare il reddito di cittadinanza. E tutti i presupposti portano a pensare che la scelta finirà col ricadere sulla app che lo stesso Parisi ha elaborato negli Stati Uniti come responsabile del centro di ricerca Nsparc della Mississipi State University, dove insegna, e che non è escluso che possa essere acquisita da Anpal servizi, cioè dal ministero del Lavoro, magari attraverso una delle società di sviluppo di software e analisi di big data amministrate da Parisi e da sua moglie Michelle.
Dunque, ricapitolando: per erogare il Rdc il governo costruisce in Anpal una corsia preferenziale per il software elaborato dal neo presidente di Anpal, e poi specifica che, per valutare gli effetti del Rdc in riferimento all'incrocio tra domanda e offerta di lavoro, il ministero del Lavoro si affiderà anche ai dati provenienti da quello stesso software gestito da quella stessa Anpal. Tutto lineare? Non sembra proprio. Anche perché, quando ormai l'iter per l'erogazione del Rdc è avviato, nessuno ha mai davvero capito quali saranno le piattaforme informatiche a cui Anapl si affiderà in merito all'attuazione delle politiche attive. “Noi, al momento, ne abbiamo intravista una attraverso alcune slide sommarie che ci sono state sottoposte”, dice Cristina Grieco, assessore della giunta toscana e coordinatrice della commissione Lavoro per le regioni italiane. “Anzi, non pochi dubbi ci sono venuti a leggere il testo dell'intesa propostoci dal governo, dove c'era un ricorso eccessivo e ingiustificato a termini e procedure tipiche del mondo anglosassone, come il ‘case management'”, prosegue Grieco, alludendo ai sospetti agitati da molti suoi colleghi circa il fatto che, proprio introducendo forzosamente questi riferimenti esterofili, si rendeva per certi versi necessario il ricorso successivo a un software analogo, se non uguale, a quello prodotto in America da Parisi.
Di Maio, per di più, non ha ancora dato segno, nonostante alcune sollecitazioni arrivate ai suoi collaboratori dagli stessi tecnici del ministero, di voler istituire un qualche comitato di esperti prelevati non solo da Anpal e dall'Inps, ma anche dalle strutture di Via Veneto. E insomma il rischio è quello di ritrovarsi con un ministero del Lavoro che, nel monitorare l'impatto del Rdc rispetto alle politiche attive e all'incrocio tra domanda e offerta di lavoro, non faccia altro che ratificare, di fatto, i risultati che giungeranno dai software di Anpal. Tutto in house.
Valerio Valentini
Il Foglio sportivo - in corpore sano