Oltre la May

Gregorio Sorgi

    Roma. L'orizzonte delle elezioni europee, alle quali la Gran Bretagna dovrà partecipare se non avrà approvato un accordo sulla Brexit entro il 22 maggio, ha acuito la crisi identitaria dei conservatori britannici, divisi oggi più che mai. I brexiteers tramano per sostituire la premier Theresa May il prima possibile, anche a costo di stravolgere il regolamento interno del partito. Dominic Grieve, uno dei più autorevoli esponenti dell'ala moderata ed europeista dei Tory, ormai si è rassegnato all'idea di vedere un brexiteer alla guida dei conservatori. “Il problema è che i nostri militanti sono molto euroscettici, quindi sceglieranno un hard brexiteer come leader”, dice Grieve al Foglio. “Anche nel 2016 c'era questo rischio – aggiunge – ma è stato scongiurato dal nostro gruppo parlamentare, che sceglie i due candidati da sottoporre al voto dei militanti. La brexiteer Andrea Leadsom, che tra le sue tante qualità non ha quella di essere un buon leader di partito, era stata scelta come candidato rivale della May, che ha vinto agevolmente. Non penso che lo stesso schema si possa ripetere alle prossime primarie”. E se dovesse essere eletto un euroscettico, non c'è il rischio di una scissione tra i Tory? “Il rischio è molto forte, e dipende da due variabili. Innanzitutto, bisognerà vedere chi tra i brexiteers verrà eletto. E poi conta molto il tempismo: se il successore della May sarà scelto dopo la fine della Brexit, è improbabile che ci sia una divisione perché si tornerà a parlare di altro”. Il problema è che nemmeno la May sa fino a quando resterà alla guida del suo partito e al governo. Donald Trump, il presidente americano dal tempismo perfetto, arriverà a Londra all'inizio di giugno, per il 75° anniversario dello sbarco in Normandia. Ma nessuno sa chi lo accoglierà al numero 10 di Downing Street. “Gli euroscettici ripetono ogni giorno di volere sfiduciare la May, ma non possono convocare una mozione di sfiducia fino al prossimo dicembre (devono passare 12 mesi dall'ultimo voto, ndr).

    Anche a quel punto, non so se riusciranno ad avere i numeri per farla dimettere”.Grieve fa parte di uno schieramento trasversale che ha tentato di sbloccare l'impasse della Brexit attraverso una serie di emendamenti in Parlamento. Ha collaborato con i laburisti sul secondo referendum, e questo gli è valsa l'accusa di essere un “traditore”. Tant'è che i suoi elettori nel collegio di Beaconsfield lo hanno sfiduciato lo scorso 30 marzo. E' un segno che i Tories si stanno spostando a destra? “Non necessariamente – spiega Grieve – I nostri militanti sono sempre stati euroscettici. La forza del Partito conservatore è stata quella di essere un campo largo, in grado di tenere insieme posizioni diverse. Ma il referendum sulla Brexit ci ha messo di fronte a una questione ideologica e polarizzante, e il risultato ci ha diviso ancora di più. I militanti mi hanno sostenuto nei miei 22 anni da deputato, ma oggi sono infastiditi dal mio sostegno a un secondo referendum. Quello che è successo nella mia constituency non mi ha sorpreso affatto. L'ingresso dei sostenitori dell'Ukip nei Tory ha reso tutto più facile. Alcuni si sono riscritti dopo molto tempo, altri lo hanno fatto per la prima volta perché gli è stato detto da Arron Banks (il finanziatore della campagna del leave, ndr). Ha chiesto loro di entrare nel partito per ridurre il peso degli europeisti”.

    Ieri il Daily Telegraph, il quotidiano di riferimento della borghesia conservatrice, ha auspicato l'arrivo di un populista euroscettico alla guida dei Tory. Un successo di Farage alle europee potrebbe rendere questo più probabile? “In teoria il ragionamento è giusto – risponde Grieve – I brexiteers diranno che è necessario assumere una posizione più dura sulla Brexit. Però, secondo me, potrebbe succedere l'opposto. La vittoria di Farage può dare voce ai conservatori europeisti. Tutti i sondaggi mostrano che la maggioranza dei cittadini britannici crede che la Brexit sia un errore. Se i laburisti si batteranno per un secondo referendum, possono andare molto bene alle elezioni. Se non lo facessero, sarebbe un grave errore e lascerebbe un vuoto poiché non ci sarebbe alcun partito a rappresentare chi ha votato per il remain. I conservatori dovranno avere l'ambizione di riempire quell'area”. Ci sarebbe Change Uk, il partito fondato da fuoriusciti laburisti e conservatori, che si batte per un secondo referendum – si pensava che lo stesso Grieve potesse aderire. Non è un'alternativa credibile per i remainers? “Non credo lo sia, è un partito molto nuovo. Potevano fare un accordo con i lib-dem per le europee, ma non lo hanno fatto. Non è molto chiaro cosa possono ottenere. Io credo ci sia grande voglia per un partito proremain ma non si è ancora materializzato in una forma concreta”.

    Gregorio Sorgi