L'euroscetticismo a parole degli eurocritici del Ppe. Uno studio

David Allegranti

    Roma. Si può essere sovranisti, fortemente critici nei confronti dell'Unione europea e al contempo far parte di un grande gruppo politico-parlamentare a Strasburgo, votando quasi sempre in osservanza delle sue direttive? Sì, si può. Anche se sei Viktor Orbán e il tuo partito, Fidesz, è stato sospeso dal Ppe. Il premier ungherese teorizza e pratica un sistema fortemente restrittivo della libertà personale nel suo paese. Eppure, nonostante il continuo esercizio muscolare espresso a livello di comunicazione politica, Fidesz nella legislatura europea che si è appena conclusa non ha espresso posizioni molto difformi dal Ppe. Lo testimonia una ricerca dell'Istituto Cattaneo che analizza il comportamento al Parlamento europeo di Ovp, il partito Popolare austriaco guidato da Sebastian Kurz, e dell'ungherese Fidesz di Orbán. Entrambi sono partiti aderenti al Ppe ma i rispettivi leader, Kurz e Orbán, hanno – e questa è una precisazione doverosa da fare, che la ricerca del Cattaneo non pare tenere in considerazione – un profilo diverso. Il cancelliere austriaco, osservava due giorni fa sul Foglio Micol Flammini, “ha costruito il suo equilibrio disinvolto tra i princìpi di una società chiusa come quella austriaca e i valori di una comunità aperta come quella europea”. Governa sì con l'Fpö di Heinz-Christan Strache, l'estrema destra austriaca, euroscettica e razzista, ma è riuscito a tenerla a bada, respingendo l'estremismo dei suoi alleati. Orbán invece è il teorico della democrazia illiberale e non se ne vergogna, tant'è che gli stessi parlamentari di Kurz a settembre hanno votato a favore delle sanzioni dell'Europa contro l'Ungheria: “Non si fanno compromessi sullo stato di diritto”, ha affermato il cancelliere austriaco. Detto questo, se vogliamo capire la distanza che c'è in politica fra quel che si dice e quel che si fa (e in questo caso verificare l'euroscetticismo a parole degli euroscettici) bisogna analizzare il tasso di lealtà rispetto alle indicazioni del gruppo parlamentare europeo di appartenenza, in questo caso il Ppe. Secondo l'elaborazione dell'Istituto Cattaneo, la conformità rispetto alle posizioni del gruppo popolare è altissima, superando per tutti e due i partiti – Ovp e Fidesz – la media complessiva del gruppo del Ppe che invece si attesta al 93,8 per cento. Percentuale che nel caso di Fidesz arriva fino al 94 per cento e per quanto riguarda Ovp fino al 96,4. Guardando ai dati disaggregati è invece possibile trovare delle differenze? “I dati scomposti per aree di policy mostrano una sostanziale equivalenza con il dato medio totale”, scrive il Cattaneo. E' soprattutto sull'area delle libertà civili e della giustizia che Fidesz si discosta dalle posizioni del Ppe (tasso di fedeltà dell'86,6 per cento, mentre quello del partito di Kurz è al 96,7). E per quanto riguarda il tema della gestione dell'immigrazione? Ovp conferma la totale aderenza alle indicazioni del gruppo anche in materia di immigrazione, scostandosi solo nel 2 per cento delle occasioni dalla posizione del gruppo. “Fidesz invece ha sviluppato una maggiore autonomia sul tema… Sebbene una lealtà al gruppo dell'80 per cento sia un dato estremamente elevato, il 20 per cento di occasioni in cui Fidesz si è dissociato dal Ppe segnala come l'immigrazione sia stata anche nel Pe la tematica di maggior frizione con il gruppo”. Dal punto di vista qualitativo, la divergenza è avvenuta su questioni non esattamente secondarie, come le politiche di integrazione dei rifugiati e richiedenti asilo, la protezione dei minorenni immigrati, la concessione di visti a scopo umanitario o la ricollocazione dei migranti tra gli stati membri. Sul tema Orbán si è trovato più volte in sintonia con la Lega di Matteo Salvini (con una convergenza sui voti sull'immigrazione del 26 per cento). Alla fine dei conti, però, anche Orbán è stato molto fedele alla posizioni politiche indicate dal Ppe. Laddove si dimostra che qualsiasi leader euroscettico pur di non sparire e restare in un grande gruppo come il Ppe (e quindi mantenere incarichi parlamentari che conferiscono visibilità e potere) è costretto a fare i conti con il principio di realtà. C'è però anche un'altra ipotesi, e cioè che i vari Orbán restino nel Ppe per cercare di spostarlo su posizioni più di destra. Il voto di maggio e le future mosse di Salvini dopo le Europee ci aiuteranno a capire che cosa diventerà il Ppe nella prossima legislatura.

    David Allegranti

    • David Allegranti
    • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.