Chi guiderà l'Europa? I nomi, gli incastri, una certezza e una data
Bruxelles. Il 28 maggio a cena, meno di 48 ore dopo i risultati delle elezioni, i capi di stato e di governo dell'Ue inizieranno le trattative sulla nuova leadership delle istituzioni comunitarie. In attesa dell'esito elettorale, è improbabile che il prossimo presidente della Commissione sia uno degli Spitzenkandidaten (capolista) dei partiti politici: nonostante la messa in scena del dibattito presidenziale mercoledì sera, al vertice informale di Sibiu del 9 maggio la maggioranza dei leader si è espressa contro questo processo. E' altrettanto improbabile che Angela Merkel occupi il posto di presidente del Consiglio europeo: “Non sono disponibile per un altro incarico politico, non importa dove sia, nemmeno in Europa”, ha detto ieri la cancelliera. L'equazione sarà complessa per Donald Tusk, che condurrà i negoziati tra i leader dei 28 e l'Europarlamento sul suo successore alla presidenza del Consiglio europeo, sul presidente della Commissione, sull'Alto rappresentante per la politica estera e sul presidente della Banca centrale europea. Occorre trovare un equilibrio tra i partiti politici che formeranno la coalizione europeista nella prossima legislatura (popolari, socialisti, liberali e forse verdi), tra grandi e piccoli paesi, tra est e ovest e tra uomini e donne. L'unica certezza è la fine dell'egemonia del Partito popolare europeo: Emmanuel Macron e i socialisti sono determinati “a mettere fine al monopolio del Ppe”, spiega al Foglio una fonte europea.
La casella da cui partire per sbrogliare le nomine sarà la presidenza della Commissione. Tra gli Spitzenkandidaten l'unica che ha un gruppo consistente di grandi elettori al Consiglio europeo è la danese Margrethe Vestager. L'attuale commissaria alla Concorrenza può contare su Macron e molti dei leader liberali, e non dispiace nemmeno a Merkel. Ma ci sono altre due donne che potrebbero essere richiamate da Washington: la direttrice dell'Fmi, la francese Christine Lagarde, e la vicepresidente della Banca mondiale, la bulgara Kristalina Georgieva. Il francese Michel Barnier spera di capitalizzare sul suo ruolo di caponegoziatore della Brexit e sul suo profilo di Ppe vicino a Macron ma, pur continuando la sua campagna underground, rischia di trovarsi con il fardello dei negoziati Brexit fino al 31 ottobre. I socialisti insisteranno per l'olandese Frans Timmermans, ma più che altro per aumentare le possibilità di ottenere un altro posto come quello di Alto rappresentante.
Per la presidenza del Consiglio europeo c'è una condizione: deve essere un ex premier o presidente. Circola con insistenza il nome del liberale olandese Mark Rutte (incompatibile con Vestager alla Commissione). La presidente lituana, Dalia Grybauskaite, avrà appena terminato il suo mandato (alcuni la vedrebbero bene anche alla Commissione o come Alto rappresentante). Il finlandese Alexander Stubb è una carta per il Ppe, il belga Charles Michel è una possibilità per i liberali, mentre il nome di Enrico Letta in quota socialista potrebbe servire da dispetto al governo gialloverde in Italia (Tusk ha avvertito che non c'è veto nelle nomine). Per l'Alto rappresentante potrebbero emergere i nomi di due socialisti: lo spagnolo Jospeh Borrell e lo slovacco Miroslav Lajčák. Per la Bce, la corsa è tra il finlandese Erkki Liikanen e il francese Francois Villeroy. La presidenza del Parlamento europeo dovrebbe essere usata come premio di consolazione per lo Spitzenkandidat del Ppe, il tedesco Manfred Weber. Quanto all'Italia, dopo il trio Draghi-Mogherini-Tajani, “non può aspirare a un'alta carica”, dice un diplomatico. La partita si giocherà sul portafoglio del commissario e “molto dipenderà dal nome”. Concorrenza, Commercio o Affari economici sembrano esclusi. Enzo Moavero Milanesi ha comunque già avviato una campagna per se stesso. Se Giuseppe Conte non troverà un'alternativa eurocompatibile, l'Italia potrebbe trovarsi con un commissario irrilevante.
David Carretta
Il Foglio sportivo - in corpore sano