Alla Fed avanza l'idea di vincolare la politica monetaria al pil
Roma. Si discute molto del new normal della politica monetaria, la nuova normalità di un tempo cresciuto a pane e liquidità. Vale la pena avventurarsi alla scoperta dell'ultima idea dell'accademia e dei banchieri centrali: il “nominal Gdp targeting”. In sostanza assegnare alle banche centrali non più un obiettivo di inflazione, ma un livello di pil nominale, che equivale alla somma del pil reale e dell'inflazione. Dare come target a una Banca centrale un pil nominale implica perciò un certo grado di inflazione. Ma allora qual è la differenza? L'ha spiegato James Bullard, presidente della Fed di Saint Louis, di recente. Partiamo dalla premessa. L'attuale consuetudine di fissare un livello di inflazione come target della Banca centrale – come è nel caso della Bce o della Fed – è figlia di un dibattito accademico che si è sviluppato agli inizi degli anni Novanta. Oggi questa pratica è diventata consuetudinaria, osserva Bullard, “ma a quei tempi è stato un grande cambiamento se si paragona con gli anni '70-'80”. All'epoca non c'era alcun target di inflazione “e non era per niente chiaro cosa stessero facendo le banche centrali”. Oggi lo sanno. Anche se solo limitatamente a quello che dovrebbero fare. Raggiungere un target, appunto. “E devo dire che, a grande linee, il targeting inflazionistico è stato un successo pazzesco”, dice Ballard. I dati sembrano dargli ragione. Nell'ultimo trentennio l'inflazione è stata assai più bassa rispetto al ventennio precedente (anche se forse è semplicistico attribuire questo risultato alla sola politica monetaria) e le aspettative di inflazione sono divenute meno volatili. La credibilità di una Banca centrale indipendente – questo è il teorema – ha “ancorato” le aspettative. Ma se il target di inflazione è stato un grande successo, “la domanda è: possiamo migliorarlo?”. L'interrogativo contiene già la risposta. Il target di inflazione non sembra funzioni più così bene. Le banche centrali fanno sempre più fatica a rispettare l'obiettivo e questo spiega perché, malgrado le varie abbuffate da Qe, sia rimasto il desiderio di fare qualcosa di radicalmente diverso per dare maggiore forza alle banche centrali. Un'idea molto gettonata in alcuni ambienti accademici è stata quella di innalzare i target di inflazione. Adesso si inizia a discutere se e come cambiarli del tutto. E qui arriviamo al punto. Il target di inflazione, come abbiamo detto, è strettamente collegato con quello del pil nominale: “Sono cugini stretti”, per usare le parole di Bullard. La differenza sta nel fatto che “almeno in teoria” l'uso di un target per il pil nominale ancorerebbe le aspettative future anche più di quanto potrebbe fare un regime di target inflazionistico. In sostanza consentirebbe di avere “una politica monetaria ancora migliore di quella che abbiamo avuto”. In pratica gli operatori economici potrebbero utilizzare questo “supertarget” confidando sull'impegno della Banca a raggiungerlo: potrebbero inserire nella loro programmazione economica un livello di pil nominale “sponsorizzato” dalla Banca centrale, che, incorporando un tasso di crescita. E' molto più utile ai fini di qualunque calcolo economico. “Ciò aiuterebbe a ottenere la migliore allocazione di risorse reali che possiamo ottenere. Quindi questo sarebbe il principale vantaggio”, dice Bullard. Gli operatori economici potrebbero “scommettere” sul livello di crescita – avendo alle spalle una Banca centrale indipendente che in qualche modo lo garantisce – anziché su un livello di inflazione, che di sicuro è meno significativo dal punto di vista della programmazione. Il settore privato potrebbe guadagnarci in margini di azione. Da un punto di vista psicologico equivale a un costante Eldorado sotto forma di una promessa di crescita futura. Comprensibile che alle banche centrali possa piacere. Ai politici piacerà ancor di più. Soprattutto non risulta che un esperimento del genere sia mai stato tentato. E questo è un ulteriore incentivo a provarci. Si comincia col target del pil nominale. Ma l'unico limite è il cielo.
Maurizio Sgroi
Il Foglio sportivo - in corpore sano