L'assedio a Corbyn
Roma. Il leader del Labour, Jeremy Corbyn, è accerchiato dai suoi compagni di partito che lo spingono a sostenere senza indugi un secondo referendum sulla Brexit. Le pressioni non arrivano soltanto dall'ala europeista che lo ha sempre mal sopportato, ma anche dagli uomini a lui più vicini. Tre esponenti di punta del governo ombra – John McDonnell, Diane Abbott ed Emily Thornberry – hanno attribuito la sconfitta del Labour alle elezioni europee (14.1 per cento, meno undici punti dal 2014) alla posizione incerta di Corbyn sulla Brexit, invitandolo a scogliere i dubbi sul secondo referendum. Anche Owen Jones, l'editorialista del Guardian molto vicino al leader, gli ha consigliato di sostenere il People's Vote “perché ormai è l'unico modo per evitare il no deal”. La debacle elettorale del Labour segna il fallimento della strategia di Corbyn, che ha tentato di aggregare i brexiteers e i remainers ma è rimasto senza né gli uni né gli altri. Gli elettori europeisti di centrosinistra hanno votato per i Lib-dem e per i Verdi, e gli euroscettici hanno scelto il Brexit Party. I laburisti sono stati sconfitti dal partito di Nigel Farage in alcune delle loro roccaforti: il Galles, lo Yorkshire, il nord-est. Il leader del Labour sostiene che il secondo referendum sia un piano B rispetto alle elezioni anticipate, che restano la sua soluzione preferita. I critici danno la colpa ai due consiglieri fidati di Corbyn – il direttore della strategia, Seamus Milne, e il capo della segreteria, Karie Murphy – che gli avrebbero suggerito di non sbilanciarsi troppo sul secondo referendum. Si respira lo stesso clima da resa dei conti del 2016, quando i deputati del Labour convocarono una mozione di sfiducia contro Corbyn dopo la sconfitta del Remain nel referendum sulla Brexit. Il leader venne riconfermato dai militanti laburisti, che però oggi sono molto favorevoli a un secondo referendum. In un video dopo le elezioni europee Corbyn ha rimandato la questione alla conferenza di partito del prossimo settembre, che potrebbe essere troppo tardi. La proroga concessa dall'Unione europea sulla Brexit terminerà poco dopo, il 31 ottobre, e a quel punto il successore di Theresa May sarà libero di uscire senza accordo. Tuttavia, le critiche alla linea di Corbyn rischiano di distogliere l'attenzione dalla situazione in Parlamento, che resta il vero ostacolo al People's Vote. Westminster ha bocciato la mozione due volte – con uno scarto di 27 e 12 voti – e non è stata tutta colpa di Corbyn. Il Partito laburista aveva dato ordine di votare a favore della proposta, ma alcuni dissidenti si ribellarono al loro leader.
Gregorio Sorgi
Il Foglio sportivo - in corpore sano