L'antitrumpismo è un lusso che gli inglesi non possono più permettersi
Roma. Il leader del Labour, Jeremy Corbyn, ha trascorso la giornata di ieri nel suo habitat naturale: al centro della piazza, col megafono in mano, a guidare la rivolta anti-trumpiana nelle strade di Londra. Mentre la premier Theresa May incontrava il presidente americano a Downing Street, il capo dell'opposizione aizzava la folla riunita a Whitehall (“il razzismo ci divide, e genera odio e rancore”, ha detto alludendo a Trump). Corbyn è stato il leader di un fronte eterogeneo – in piazza c'erano Verdi, femministi, liberali, sindacalisti ed europeisti – unito dall'anti-trumpismo. “Il presidente americano è un predatore sessuale, e un razzista”, ha detto alla Bbc il ministro degli Esteri ombra, Emily Thornberry, che rende il clima da stadio alimentato dallo stesso Trump nella conferenza stampa a Downing Street ieri pomeriggio. Il presidente ha definito Corbyn e il sindaco di Londra, Sadiq Khan, “due forze negative” e ha sostenuto di essere stato accolto a Londra da folle oceaniche che però non ci sono mai state. Il presidente americano ha anche detto di avere rifiutato un appuntamento richiesto da Jeremy Corbyn, e fonti del Labour hanno confermato.
A pochi metri di distanza c'era la piazza antitrumpiana, animata da una rivendicazione ideologica: Trump non è il benvenuto perché è il simbolo di tutto ciò che non ci piace, a partire dall'uscita dall'Ue. Sui giornali progressisti il referendum sulla Brexit e l'elezione di Trump vengono spesso accoppiati, come se fossero un unico fenomeno causato dallo stesso malcontento. Il presidente americano ha rapporti complici con “i suoi amici” Boris Johnson e Nigel Farage, a cui è sempre disposto a fare un favore. Nel 2018 prima di recarsi a Londra criticò Theresa May per la sua mancanza di coraggio nei negoziati con Bruxelles e fece un endorsement a Johnson. Tra Trump e l'ex ministro degli Esteri c'è un'affinità elettiva (“sarebbe un eccellente primo ministro”, ha detto il presidente in un'intervista nel weekend), e con Nigel Farage i rapporti sono ottimi (“dovrebbe essere lui il negoziatore con Bruxelles”). Ieri il presidente americano ha incontrato all'ambasciata americana il leader del Brexit Party, e gli ex ministri conservatori ed euroscettici, Ian Duncan Smith e Owen Paterson. Trump continua a promettere un “accordo di libero scambio fenomenale” con la Gran Bretagna che, come ha spiegato ieri, potrebbe includere anche il servizio sanitario nazionale britannico, l'Nhs.
Per questo Trump è il nemico perfetto del fronte antiBrexit. Jeremy Corbyn e il capo dei Lib-dems, Vince Cable, hanno disertato il banchetto in onore dell'ospite americano lunedì sera. Anche il presidente della Camera dei Comuni, il conservatore europeista John Bercow, si è tirato indietro per la cena di gala e ha negato a Trump l'onore di tenere un discorso ai Comuni. “I suoi valori non sono quelli della nostra città e del nostro paese”, ha detto Khan, che rivendica l'anima cosmpolita e multiculturale di Londra, incompatibile con il presidente americano. Oltre alla retorica antitrumpiana, la piazza non ha proposto nulla, non era quella la sua intenzione. Per una volta tanto, i brexiteers si sono mostrati più realisti dei loro avversari. La loro filosofia, seppur fantasiosa, è di uscire dall'Unione europea senza accordo per aprirsi al resto del mondo, e hanno agito di conseguenza. Hanno accolto il presidente americano con il tappeto rosso, e si sono proposti come partner commerciali partendo da una posizione di chiara inferiorità. La Gran Bretagna alle prese con la Brexit non ha la forza di snobbare Trump e incrinare il rapporto speciale con l'America che dura da oltre settant'anni. E prima o poi anche i laburisti se ne renderanno conto. Dopo il suo duro attacco contro il presidente americano, la Thornberry ha precisato a malincuore: “Certo che facciamo affari con Donald Trump”.
Gregorio Sorgi
Il Foglio sportivo - in corpore sano