Regione e sentimento

Annalisa Chirico

    Roma. “Non voglio intestarmi una riforma per finta, non sarò il padre di una riformicchia. Se non sarà vera autonomia, io non la sottoscriverò”. Il presidente della Lombardia Attilio Fontana è persona mite e pacata ma stavolta, all'indomani dell'ennesima fumata nera sull'autonomia, persino lui perde le staffe. “Se qualcuno pensa di menarci per il naso, si sbaglia di grosso”, scandisce al Foglio. Il vicepremier Luigi Di Maio promette che la riforma si farà ma “senza estremismi”. “Mi spiace che lui bolli come ‘estremista' la Costituzione italiana perché la riforma che vogliamo io e Luca Zaia rientra nell'attuazione del dettato costituzionale. Non è sovversiva né ‘solidale', come ho sentito dire al collega Stefano Bonaccini che con l'Emilia Romagna ha abbracciato la nostra iniziativa. Non intendiamo stravolgere l'ordinamento né spaccare l'Italia, noi vogliamo un'autonomia costituzionale”. Il ministro Erika Stefani ha calcolato quasi un centinaio di incontri e riunioni su un dossier che, nelle promesse del premier doveva essere chiuso già lo scorso febbraio. “Ieri Giuseppe Conte ha annunciato che il nostro documento sarà ‘licenziato' dal Cdm il prossimo mercoledì. Attendiamo fiduciosi”. Di Maio ribadisce che l'autonomia si farà a patto che non spacchi il paese tra “regioni di serie A e serie B”. “Chi si oppone alla riforma tradisce la Costituzione. Prendo atto che per i fautori delle consultazioni dal basso la democrazia diretta va bene solo quando conferma le loro intenzioni. Alcuni milioni di cittadini si sono espressi per via referendaria”.

    “Non arretreremo di un millimetro, non ci accontenteremo di riformicchie”. Dopo la “Tav leggera”, Di Maio potrebbe inventarsi l'“autonomia non estremista” pur di non far saltare il governo. “Della tenuta dell'esecutivo si occupa il segretario Matteo Salvini, la materia non mi riguarda, io dico però che non possiamo andare avanti a tutti i costi. La Lega deve portare a casa autonomia e flat tax”. Secondo l'Istat, la pressione fiscale è al 38 per cento, la più alta dal 2015. “L'Italia ha bisogno di uno choc per riprendere a correre”. Salvini cita spesso l'Ungheria di Orbán che ha tagliato le imposte al 9 per cento per le persone fisiche e al 15 per le imprese. “I dettagli dipendono dal quadro di bilancio ma è chiaro che non si può procedere a passettini. A Losanna abbiamo respirato l'euforia di un grande paese capace di rischiare. Quando, all'inizio dell'avventura olimpica, abbiamo subìto il tradimento di Torino con il sindaco Chiara Appendino che, nel giro di ventiquattr'ore, ha cambiato idea ritirando il proprio appoggio, io e Zaia, in una telefonata per me indimenticabile, abbiamo deciso, in solitudine, di portare avanti la candidatura italiana, nonostante tutto e tutti, con un governo apertamente ostile”. In effetti, il Di Maio che qualche giorno fa cinguettava la propria passione olimpica è lo stesso che in quei giorni caldi diceva: se volete le Olimpiadi, pagatevele da soli. “I numeri ci dicono che ha vinto l'Italia, e basta. Il governo investirà 400 milioni in sicurezza e ne ricaverà 600, per non parlare dei 22 mila posti di lavoro e dei 4 miliardi di ricavi previsti”. I 5 stelle sono notoriamente contrari ai grandi eventi, per loro appalto è sinonimo di mazzetta. “Intendiamo davvero rassegnarci a questo modo di ragionare? La legalità è la precondizione, ovvio, bisogna vigilare sul rispetto delle regole, ma non si può bloccare un intero paese per la paura che qualcuno sgarri”. Lei è sotto inchiesta per abuso d'ufficio in una vicenda relativa alla nomina in regione del suo ex socio di studio; la procura deve decidere se archiviare o chiedere il rinvio a giudizio. “Sono stato sentito dai pm e ho chiarito la mia posizione. Per il resto, mi lasci dire che viviamo in un paese bizzarro dove i processi si celebrano sui giornali e non nei tribunali. Io, da avvocato, credo ancora nella presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Tale principio dovrebbe informare ogni condotta e ogni scelta legislativa”. Lega e 5 stelle non concordano neanche su questo. “Abbiamo visioni diverse, i 5 stelle sono cresciuti al grido dell'onestà e del taglio dei parlamentari, per loro il rischio è come l'acqua santa per il diavolo. Perciò è stato sottoscritto un contratto che va rispettato”. I “minibot”, inclusi nel contratto, non convincono tutti nella Lega: il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, per esempio, ha spento gli entusiasmi. Lei si farebbe pagare lo stipendio in minibot? “La nostra regione, per fortuna, non ha di questi problemi, noi gli stipendi li paghiamo in euro. Io sono orgoglioso della mia terra perché i lombardi sono gente concreta, che lavora ed è capace di gettare il cuore oltre l'ostacolo”. Attenzione che qualcuno potrebbe accusarla di voler rispolverare gli antichi slogan contro i “terún”. “Non scherziamo, oggi la Lega è un partito nazionale, ed è per questo che l'autonomia va fatta. Autonomia significa responsabilità, significa accorciare la distanza tra il decisore pubblico e il fruitore dei servizi che dispone così di strumenti adeguati per valutare e sanzionare chi sbaglia. Non a caso, la lista delle regioni meridionali accodatesi alla nostra richiesta si allunga. Aggiungo poi che, se le regioni virtuose vengono messe nelle condizioni di accelerare, è un bene per l'intero paese. Oggigiorno il residuo fiscale lombardo che finisce nelle casse dello stato centrale è pari a 54 miliardi: se noi cresciamo le risorse aumentano per tutti. Invece, per paradosso, il sistema attuale che applica politiche uniformi su territori profondamente diversi ci penalizza. In campo sanitario, per esempio, la legge finanziaria di qualche anno fa ci vieta di assumere, all'occorrenza, personale anche se abbiamo le risorse necessarie. E' un controsenso, è una cosa illogica, e se non cambiano le regole, a pagare il conto saranno i cittadini”.

    Annalisa Chirico