Ehud Barak riscende in campo e la sinistra israeliana vuole per sé la sua “libido”
Milano. E' tornato sulla scena politica forte delle caratteristiche che gli riconoscono tutti in Israele: protagonismo, verve, passione politica che lo rendono incredibilmente simile al suo rivale. Ehud Barak, ex capo di stato maggiore (il più lungo in carica), l'ufficiale più decorato dell'esercito israeliano, ex primo ministro, ex ministro della Difesa è sceso in campo un'altra volta con un obiettivo dichiarato: spodestare re Netanyahu.
Tutti gli attori protagonisti sulla scena hanno servito in qualche modo sotto di lui, o prima o dopo. Lo stesso Benjamin Netanyahu è stato suo soldato, e quando Barak, 77 anni, era capo di Stato maggiore, Benny Gantz era un semplice colonnello. Ecco: Benny Gantz, l'uomo che con la sua recente alleanza di generali – il partito Blu e Bianco – avrebbe voluto strappare il potere alle scorse elezioni di aprile a Bibi. E' a lui che è indirizzato in parte il primo messaggio di Barak, che presenta il suo ritorno come necessario per la salvezza del paese. Per il quotidiano della sinistra liberal Haaretz è un po' come se lui con la usa mossa inattesa avesse voluto dire a tutti: “Hey, toglietevi di mezzo, vi faccio vedere io come si fa” a mandare in pensione Bibi.
Ehud Barak è l'unico a essere considerato alla pari di Netanyahu in Israele. Certo, è capace di attaccare con gli stessi toni del rivale. E come lui ha appreso l'arte dei social media, sui cui compaiono video di uno o due minuti in cui la sua oratoria convincente cerca la complicità dell'ascoltatore. “La mancanza di fame di potere, la mancanza di fuoco in pancia sono stati i problemi della ultime elezioni – ha detto la settimana scorsa annunciando la nascita di un suo partito ancora senza nome – Netanyahu ha combattuto come una animale ferito, che lotta per la sopravvivenza”. E' stato un colpo mirato alla scarsità di empatia attribuita al finora solo sfidante credibile di Bibi, il generale Gantz, anche leader dell'unico blocco negli ultimi dieci anni che ha rifiutato di entrare in coalizione con il premier.
Netanyahu, costretto da un voltafaccia dell'antico alleato Avigdor Lieberman ad annunciare nuove elezioni il 17 settembre (non è riuscito a formare un governo dopo il voto di aprile), non è l'unico animale ferito di questa difficile stagione politica israeliana: il suo Likud e in generale la destra sono pieni di fratture e malumori; il partito Blu e Bianco di Gantz è già in crisi di identità; la sinistra è da anni nel mezzo di un'emergenza esistenziale. Ed è qui che si inserisce Barak: “Prova a ridare un po' di libido alla campagna elettorale della sinistra, essendo uno dei pochi politici a creare passione”, dice al Foglio Sefi Hendler, professore all'università di Tel Aviv ed editorialista di Haaretz. Il suo ritorno “può creare una dinamica a sinistra”. Sarebbe infatti l'unico capace di unire una sinistra frammentata, e molto dipenderà anche da quanto accadrà alle primarie laburiste previste per oggi, indette dopo l'uscita di scena del debole segretario Avi Gabbay. I tre maggiori sfidanti – Amir Peretz, Itzik Shmuli e Stav Shaffir – hanno dedicato le forze residue a cercare alleanze con il futuro movimento dell'antico leader. “Un nuovo partito di Barak oltre a compattare un blocco a sinistra – dice Hendler – aiuterebbe Blu e Bianco a sembrare più di centro-destra, e quindi a rubare voti a Netanyahu. In modo paradossale, Barak sembra nuovo sulla scena, perché parla bene, è una chiara voce di opposizione: no a Bibi, no alla destra messianica. Ha una retorica forte, e in questo somiglia molto a Netanyahu. A Gantz manca questa cattiveria”. Ed è questa “cattiveria” ad averlo fatto vincere nel 1999 contro Netanyahu: l'ultima volta in cui la sinistra in Israele ha avuto successo. Sono passati vent'anni ma per gli amanti dei parallelismi storici: passarono circa 20 anni anche tra la il primo mandato di Yitzhak Rabin, nel 1974, e la sua vittoria alle elezioni del 1992.
E' presto per dipingere l'annuncio di Barak come una minaccia per Netanyahu, che negli ultimi anni ha neutralizzato ogni possibile rivale. Barak è sì un rivale storico ma anche un ex alleato che gli è stato vicino: c'è chi pensa, come ha scritto Anshel Pfeffer, biografo di Netanyahu, che invece di spodestare il re, Barak possa finire per servirlo ancora.
Rolla Scolari
Il Foglio sportivo - in corpore sano