Perché il muro di Fedriga non può essere considerato neanche una boutade

David Allegranti

    Roma. La “proposta” del governatore del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga (costruire un muro da 243 chilometri per tutelare i confini nazionali al confine est) è entrata direttamente nel dibattito pubblico. Con tutte le sfumature del caso, i rimandi alla vicenda Trump con il Messico e la divisione tra favorevoli e contrari. Insomma, viene trattata come se fosse un'idea tecnicamente realizzabile ma su cui il governo, al massimo, si divide politicamente. Addirittura, ha spiegato Fedriga in un'intervista al Fatto , è un'ipotesi “che si sta valutando col Viminale”. Eppure, spiega al Foglio Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell'Associazione per gli Studi giuridici sull'immigrazione (Asgi), “non stiamo discutendo di una proposta che si può commentare sul piano politico, anche ritenendola folle o incongrua, ma che comunque rientra nell'ambito del possibile. La proposta di Fedriga, semplicemente, riguarda ciò che non è possibile”. Il muro del governatore del Friuli infatti andrebbe a intaccare, spiega Schiavone, “il principio fondamentale dell'Unione europea: quello della libera circolazione”. Le norme che sanciscono quel principio sono state progressivamente adottate a partire dal 1985 con l'Acquis di Schengen, una serie di disposizioni vincolanti che stabiliscono la natura stessa dell'Unione europea. Il regolamento 399 del 2016 del Parlamento europeo e del Consiglio istituisce un codice relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone. L'articolo 22 di questo regolamento dice che “la creazione di uno spazio in cui è assicurata la libera circolazione delle persone attraverso le frontiere interne è una delle principali conquiste dell'Unione”. In uno spazio senza controllo alle frontiere interne, “occorre una risposta comune alle situazioni che incidono gravemente sull'ordine pubblico o sulla sicurezza interna di tale spazio, di alcune sue parti o di uno o più Stati membri, che autorizzi il ripristino temporaneo del controllo alle frontiere interne in circostanze eccezionali senza compromettere il principio della libera circolazione delle persone. Considerato l'impatto che possono avere tali misure di  extrema ratio  su tutti coloro che esercitano il diritto di circolare nello spazio senza controllo alle frontiere interne, è opportuno prevedere le condizioni e le procedure per il ripristino di tali misure al fine di assicurare il carattere eccezionale delle stesse e che sia rispettato il principio di proporzionalità. L'estensione e la durata del ripristino temporaneo di tali misure dovrebbero essere limitate allo stretto necessario per rispondere a una grave minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza interna”. Insomma, osserva Schiavone, il regolamento 399 (Ue) agli articoli 25 e seguenti prevede il ripristino dei controlli di frontiera solo “per periodi brevissimi; ci devono essere casi particolari che lo impongano, come esigenze di tutela e di sicurezza dell'ordine pubblico. Ma in nessun caso sono previste delle misure di limitazione della libertà di circolazione a pieno regime. Costruire una barriera fisica fra due stati dell'unione europea violerebbe il senso stesso e la ratio dell'Acquis di Schengen”. Oltretutto i dati ci dicono che l'emergenza neanche c'è. Nella provincia di Trieste, quella più interessata, fra il 1 gennaio e il 30 giugno 2019 sono state registrate 1.300 persone. Pur ipotizzando che siano altrettante le persone non registrate, dice Schiavone, “si tratta di numeri risibili, per i quali non si può parlare di crisi migratoria. Quindi neanche dal punto di vista giuridico possono essere autorizzati i controlli alla frontiera”. Dunque con il muro di Fedriga l'Italia, spiega Schiavone, “tecnicamente uscirebbe da Schengen e diventerebbe un paese extra europeo. Ecco, forse ai cittadini dovremmo spiegare che diventerebbero… extracomunitari!”. La provocazione del vicepresidente dell'Asgi è utile perché troppo spesso vengono spacciate come proposte fattibili delle boutade che servono solo a raccattare qualche voto tra gli ignari cittadini. “Il muro di Fedriga è lontano dalla realtà, perché non è compatibile con l'ordinamento giuridico dell'Unione Europea e con il principio di libera circolazione. Dunque chi propone questa cosa deve sapere cosa propone. Così come i cittadini devono sapere quali sono le astratte conseguenze rispetto a questa proposta letteralmente incredibile”. Viene fatto il paragone con la barriera di Orbán “ma è incongruo perché l'Ungheria confina con un paese che non fa parte di Schengen, cioè la Serbia. E siccome Orbán non è così sciocco come si potrebbe pensare non c'è neanche un solo metro di muro con la Romania”, paese firmatario della Convenzione di Schengen.

    David Allegranti

    • David Allegranti
    • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.