Giù le mani dagli split
I n queste ore di caldo sfinente, in Italia si consuma una spietata guerra di cui pochi sono realmente a conoscenza. Tra piante di basilico che invocano una morte rapida e indolore e animali domestici che si spalmano davanti a un ventilatore, c'è un'emergenza umanitaria davanti alla quale non possiamo e non dobbiamo distogliere lo sguardo: la crociata passatista contro l'aria condizionata.
E' una lotta senza quartiere: nelle case come negli uffici, nei negozi come nei ristoranti. Il fronte di questa battaglia non ha delle precise coordinate fisiche, ma si snoda lungo un'ideale linea Maginot che divide i buoni dai malvagi, gli onesti cittadini dai dispensatori di fake news. Da una parte la gente che soffre il caldo torrido e gradirebbe un po' di freschetto, dall'altra gli Steve Bannon della cervicale.
Ancora oggi, nonostante le plurisecolari lezioni dell'illuminismo e del metodo sperimentale, ci sono delle folte e agguerrite sacche di resistenza alla modernità (e all'oggettività del dato scientifico) che rendono impossibile la vita a tanti onesti cittadini italiani.
L'altro giorno, per esempio, mentre giravamo un programma in casa di una famiglia romana, una delle nostre autrici ha chiesto di spegnere l'aria perché eravamo troppo sudati e “ci saremmo presi un malanno”. Il resto della troupe – un po' per educazione, un po' per il condizionamento culturale di cui è vittima fin dall'infanzia – l'ha lasciata fare e ha preferito boccheggiare in silenzio piuttosto che gridare all'ammutinamento. Il caldo era talmente atroce che anche i sindacati avrebbero sostenuto la causa di questi poveri lavoratori sudati e bullizzati sulla base di infondate credenze popolari.
Ma, a quanto mi raccontano i miei conoscenti accoppiati, questa battaglia non si limita agli ambienti di lavoro. Un amico, infatti, mi ha confessato con le lacrime agli occhi la sua esperienza di bullismo domestico: una vera e propria Guantanamo Bay milanese. Nonostante la sua abitazione sia fornita di un efficiente sistema di climatizzazione, in casa sua gli split potrebbero tranquillamente essere ancora avvolti dal cellophane come i divani delle nonne italo-americane: la sua compagna gli vieta sistematicamente di utilizzarli. E la cosa più sconvolgente è che ogni volta questa donna spietata inventa nuove ragioni per impedirgli di accendere l'aria condizionata: da un mal di gola spuntato dal nulla a un giramento di testa che si manifesta con sospetto tempismo, dall'ormai banale leggenda della cervicale alla più creativa correlazione tra fresco e dolori intestinali. Contro l'aria condizionata si scatenano le mille sfumature creative della passivo-aggressività.
Ma lasciamo i casi particolari e torniamo a una visione globale della problematica. Non fraintendetemi: io capisco la preoccupazione di tanti miei amici ambientalisti sugli effetti inquinanti degli impianti di raffrescamento. I dati sull'aumento delle emissioni di anidride solforosa, ossido di azoto e anidride carbonica mi sono ben noti e non sono certo uno di quei pazzi prezzolati che sostengono che il climate change sia una favola per fricchettoni. Ma questo non vuol dire che la scienza non possa elaborare (e lo sta già facendo) soluzioni alternative agli attuali e datati sistemi di climatizzazione, come gli impianti di condizionamento che – sfruttando l'energia del sole – consentirebbero una riduzione del consumo di elettricità fino all'85 per cento.
Infine, ci tengo a precisarlo, la mia non è una preoccupazione egoistica e velleitaria. Sto parlando di un problema reale e che ci riguarda tutti come nazione: siamo l'unico paese al mondo ad aver alimentato e sedimentato negli anni una ricca mitologia sui mali dell'aria condizionata. Mentre noi ci copriamo il collo e lamentiamo sofferenze psicosomatiche (dolori al collo invalidanti, sbalzi di temperatura letali eccetera), il resto del mondo ride di noi e del nostro medioevo climatico. Mi direte: “Ok, Costa, ma che sarà mai? Ogni paese ha le sue stranezze…”. Ecco, in verità vi dico che questa stranezza sta aggravando di decenni il nostro già preoccupante ritardo culturale. Un ritardo che chiaramente ha dei riflessi sulla nostra credibilità sullo scenario internazionale. Fino a quando questo paese sarà rapito dall'estasi pasoliniana del premoderno, infatti, la nostra economia non potrà mai andare oltre una mera soglia di risicata sussistenza. Se vogliamo davvero alzare il pil, dobbiamo abbassare la temperatura.
Costantino della Gherardesca
Il Foglio sportivo - in corpore sano