Beppe Sala, il mago di Instagram. Costruzione di una leadership?
D a queste parti si preferisce il libro e la buona citazione colta. E perché no, magari un programma politico scritto: una mozione di partito produce sempre una certa emozione, purché sia presente intelligenza e visione del futuro. Ma si sa, la società liquida, la società dell'immagine e la sociologia spicciola o complessa hanno avuto la meglio. Soprattutto in politica, dove oggi vince Matteo Salvini che si mangia la porchetta immortalandosi su Facebook, dove l'altro ieri vinceva Matteo Renzi con un uso spregiudicato ma rapidissimo, e ironico, di Twitter. Poi il leader dem, nella sua fase governativa, è passato a Facebook. Il motivo è semplice: permette di scrivere di più, di elaborare concetti complessi. Che poi è la funzione di un leader: spiegare concetti complessi, attuare soluzioni per problemi complicati.
Tuttavia, per dirla con Bersani, e ci scusiamo per la blasfemia, bloccare la liquida società dell'immagine è come fermare l'acqua con le mani. E dunque quello che viene dopo i post su Facebook (il post del post, se non suonasse comico), è Instagram. Zero testo, solo foto. Se proprio uno insiste nel cercare qualche contenuto che non sia visivo, si deve leggere i commenti. Il migliore tra i politici italiani (vabbè voliamo bassi: diciamo milanesi, per ora), nel reame visual di Zuckerberg (perché pure Instagram è ovviamente suo), è indubbiamente Beppe Sala. E la cosa incredibile, che pochissimi sanno, è che il profilo non è frutto di un delicato e articolato lavoro di consulenza da parte di una agenzia. Non si basa su raffinate strategie elaborate dai suoi spin doctor vecchi o nuovi. Beppe Sala cura direttamente, da sempre, Instagram. Lo cura perché gli piace, perché è il suo angolino diretto e un po' anarchico per colloquiare con il mondo. Però, visto che è un manager, e ai manager piace fare le cose da professionisti, spesso (ma non sempre) si fa mandare le immagini dal suo fidatissimo fotografo professionista Daniele Mascolo. A sfogliarle, senza leggerle, c'è la storia perfetta di un sindaco. La prima della Scala, in smoking, con la sua compagna, Chiara Bazoli (elegantissima in nero). Il pollice alzato con il milanese imbruttito, gli auguri per il nuovo anno con il peperone rosso. Beppe Sala che corre sul tapis roulant (fa il paio con quella mentre sollevava i pesi, durante la campagna elettorale), Beppe Sala con un cornetto portafortuna in mano, la foto di un'ala di un areo mentre è in volo (in economy, of course), i lavori sulle rotaie a Milano, Beppe Sala in maglietta da calcio (il super interista è un ottimo difensore, arcigno e super competitivo). E ancora, Beppe Sala con la bandiera dell'Europa, la foto del 25 Aprile che ricorda la rivoluzione dei garofani. E poi quelle che hanno fatto esplodere il fenomeno, con i calzini arcobaleno per il Pride, gli sci incrociati a V di vittoria dopo le Olimpiadi invernali, la casa di Zoagli, che tanti problemi gli causò durante la contesa con Parisi e invece ora è luogo di pace.
Fin qui, a guardare le foto, Sala è un buon comunicatore. Non si ostina a mostrarsi al lavoro. E' consapevole che tutti sanno che è uno che lavora. Del resto, lavorava tanto pure la Moratti, e Albertini prima di lei e così via. Sindaci di Milano che stanno con le mani in mano non ce ne è stati, a memoria. L'intento di Sala è lanciare messaggi attraverso il racconto di quello che vede lui, con i suoi occhi. Messaggi di eleganza, non di bruttezza. C'è Sala che si beve la birretta artigianale fatta nel carcere di Milano (la “Malnatt”). O Sala che aspetta di ricevere il pallone da basket nel nuovo Palalido. Quando sventola la bandiera dell'Europa lo fa con il sorriso e non c'è messaggio polemico antisovranista. Al suo avversario, Matteo Salvini, non lascia il minimo spazio di esistenza. Non c'è una contesa, una tensione. Le sue foto non contengono problemi, ma solo opportunità. Milano è solo bella. Pure quando va in periferia, è bella la gente. Zuccheroso, ma funziona.
Fin qui, le foto. Poi però c'è la parte scritta. E qui viene fuori il Beppe Sala anticonformista e che ama esibire assenza di schemi consolidati. Gli utenti Instagram commentano sotto le sue foto, e lui risponde. Risponde addirittura a chi lo tagga sulle stories. Da solo, senza staff e senza troppe riflessioni tattiche. Senza alcuna vocazione al politically correct. C'è chi gli chiede quando riqualifica via Gola. Risposta: “Sono stato una settimana fa e ci stiamo lavorando. Alla fine si faranno i conti e vedremo chi parla e chi lavora” (attacco implicito a Bolognini e Salvini). Lui posta la foto con la madre 88enne e un interlocutore gli scrive: “Più costa il biglietto dei mezzi pubblici, meno gente lo userà. Lettera di un cittadino onesto al sindaco condannato”. Risposta: “E quindi la sua conclusione è che lei è onesto e io no? Francamente mi spiace che lei la pensi così – poi passa al tu – Le tue regole sono queste: tu mi puoi di fatto insolentire pubblicamente ma senza metterci pubblicamente la faccia… Finiamola qui, scrivi quello che vuoi, non ti risponderò”. Pubblica la foto della scultura di Pomodoro all'Onu e uno gli scrive: “Dimettiti”. Risposta: “Fai prima a dimetterti tu da follower di quello che pubblico su Instagram. Così, tanto per chiarire che le cose le faccio fino alla fine”. Pubblica la foto del 25 Aprile e spinge giù sull'acceleratore: “Giusto che il 25 Aprile non sia una festa di parte. Ma non può nemmeno essere di tutti. Solo di chi crede nella democrazia e nella libertà e riconosce che ci sono state donate dalla Resistenza”. Interloquisce Claudio Sadler, Fabio Novembre. Ma pure con quello che ha incontrato nel quartiere e il vicino di stanza a Granada, i cui figli gli hanno disturbato il sonno in albergo. Il racconto di una vita da sindaco. Patinata, perché Instagram lo è. Ma efficace. La domanda è: sarà efficace anche su scala nazionale? O è una storia milanesissima, come la città che la ispira?
Fabio Massa
Il Foglio sportivo - in corpore sano