L'intelligenza artificiale salva i siriani dalle bombe
L'obiettivo è quello di mettere in allerta gli utenti siriani residenti in aree quotidianamente bombardate dall'aviazione del regime di Damasco, sostenuto militarmente dall'alleato russo. I bombardamenti sono decine ogni giorno, e sono centinaia ogni settimana le comunicazioni processate dalla tecnologia Sentry sviluppata da Hala Systems, startup fondata da due americani e un siriano, con base in Turchia.
Benché la guerra in Siria sia uscita dall'interesse del grande pubblico, i raid dell'aviazione di Assad continuano senza sosta da anni. Attivisti sul terreno e organizzazioni internazionali denunciano bombardamenti indiscriminati contro obiettivi civili in quelle zone rimaste fuori dal controllo del regime. La più vasta è l'enclave della provincia di Idlib, nel nord-ovest del paese, dove oltre tre milioni di persone vivono intrappolati senza la possibilità di fuggire verso la vicina Turchia, che ha temporaneamente chiuso il suo confine ai rifugiati.
La tecnologia progettata da Hala Systems è stata utilizzata per la prima volta nell'estate del 2016 e si basa sulle informazioni di volo di aerei da guerra raccolte da osservatori sul campo e da una rete di sensori remoti, come spiega al Foglio Innovazione John Jaeger, la mente all'origine di questo sistema. Attraverso algoritmi di machine learning – che analizzano le caratteristiche, le rotte e la velocità di volo abituali dei jet, il modello degli aerei, il vento e le condizioni atmosferiche – Sentry fa un'analisi dei possibili obiettivi di bombardamento e invia messaggi agli utenti tramite social media, o attiva in remoto sirene antiaree. Sensori nascosti sul territorio sono in grado di riconoscere dal rumore dei motori il modello del velivolo in sorvolo: un MiG-25 siriano da un ricognitore UAV russo, per esempio. La tecnologia utilizza anche il natural language processing (Nlp) che scandaglia internet per capire se in un determinato momento ci siano discussioni online di bombardamenti, notizie di raid o villaggi colpiti, in modo da poter processare anche queste informazioni. Benché la Siria sia in guerra da otto anni e le infrastrutture civili siano obiettivo di attacchi, la pervasività di internet resta alta e soprattutto cruciale per la sopravvivenza della popolazione.
I siriani chiamano questa tecnologia al rasid – sentinella, osservatore, Sentry, appunto – come quei civili volontari del Royal Observer Corps britannico che durante la Seconda guerra mondiale e la Guerra fredda identificavano e facevano rapporto all'esercito di tutti i velivoli che sorvolavano il territorio del Regno Unito. La popolazione delle aree non controllate dal regime in Siria è drammaticamente abituata a raid aerei fin dall'inizio del conflitto nel 2011, ma soprattutto dopo l'entrata in campo della Russia a fianco del dittatore Assad nel 2015. E infatti, sono anni che sia i gruppi armati antigovernativi sia la cosiddetta Difesa civile siriana, o Caschi bianchi, organizzazione umanitaria di protezione civile su base volontaria, usano i loro walkie-talkie per fare quello che facevano negli anni del conflitto mondiale quei contadini “spotter” britannici sotto ai sorvoli della Luftwaffe.
E' partito da questa idea Jaeger, che per sviluppare la tecnologia ha lavorato assieme a un altro americano, Dave Levin, e a un programmatore siriano.
Nel 2012, Jaeger ha iniziato a lavorare in Turchia per il dipartimento di stato americano, su progetti con i rifugiati siriani, avvicinandosi così al dramma del conflitto e dei quotidiani attacchi aerei contro la popolazione civile. “E se potessimo rendere più precise e robuste le informazioni degli osservatori di aerei attraverso la tecnologia, limitando così i traumi, gli spostamenti forzati, le morti?”, si è chiesto dopo mesi di frustrante monitoraggio della situazione stando ai margini del conflitto. Sono circa 320mila oggi gli sfollati nella regione di Idlib. Secondo i dati resi noti a fine giugno da Panos Moumtzis, coordinatore regionale delle Nazioni Unite per la crisi siriana, 37 scuole e 26 strutture mediche sono state distrutte o danneggiate da bombardamenti dal mese di maggio.
La regione di Idlib è controllata militarmente da diversi gruppi armati anti regime – come Hay'at Tahrir al Sham, originato da al Qaida in Siria – o quelli che prendono ordini dalla Turchia, dispiegati non soltanto lungo i fronti bellici, ma spesso anche tra la popolazione, rappresentando così una minaccia per i civili.
Secondo i dati raccolti da Amnesty International, quasi ogni giorno tra aprile e maggio ci sono stati attacchi sistematici contro infrastrutture civili attraverso raid aerei. Diana Semaan, ricercatrice dell'organizzazione internazionale, ci dice di non aver mai visto così tanti bombardamenti contro ospedali, scuole e strutture civili come negli ultimi tre o quattro mesi. Le Nazioni Unite, assieme a gruppi per i diritti umani e attivisti sul campo, hanno registrato raid aerei contro cliniche e ospedali, luoghi che secondo le leggi internazionali dovrebbero essere considerati santuari protetti e rifugi per qualsiasi attore coinvolto in un conflitto. Alcuni ospedali nella aree sotto il controllo delle forze anti governative hanno volontariamente condiviso in passato la loro posizione Gps con le Nazioni Unite e attraverso le organizzazioni internazionali con la Russia, alleato militare di Assad, per evitare di diventare obiettivo nel caos della guerra. Eppure, come scrive sul suo sito l'Ong Physicians for Human Rights, “aprile 2019 ha visto un nuovo picco di attacchi contro centri medici dopo una tregua nei primi mesi dell'anno. A partire dal 28 aprile 2019, Physicians for Human Rights ha iniziato a ricevere notizie di attacchi contro centri medici concentrati nel nord della provincia di Hama e nel sud di quella di Idlib, ed entro la seconda settimana di maggio, sempre più attacchi sono stati registrati mentre il governo siriano e i suoi alleati espandevano la campagna militare aerea e di terra nel nord-ovest. Molti centri erano già stati colpiti dal governo siriano e dalle forze russe, alcuni a settembre 2018. Le coordinate di almeno tre dei centri coinvolti erano state condivise con gli attori del conflitto attraverso le Nazioni Unite, un'indicazione della possibile natura deliberata di questi attacchi”. Sono in molti oggi gli attivisti e gli osservatori del conflitto a chiedersi se la lista delle strutture ospedaliere consegnata dai medici alle organizzazioni internazionali e condivisa con le parti belligeranti non sia stata in realtà utilizzata con un obiettivo opposto a quello della protezione.
“Questi attacchi contro ospedali fanno parte di una strategia governativa che prende di mira le infrastrutture civili per esercitare pressione sui civili e obbligarli alla fuga, in vista di una operazione di terra per riprendere il controllo della regione, esattamente come accaduto ad Aleppo nel 2016. Senza accesso a medicinali, cure ospedaliere, acqua potabile, cibo i civili sono costretti ad andarsene”, sostiene Diana Semaan, che spiega come diversi medici e operatori umanitari intervistati da Amnesty International abbiano raccontato di aver utilizzato per proteggersi dai bombardamenti proprio il sistema Sentry, e di come questo abbia permesso loro di mettere al riparo feriti e pazienti pochi minuti prima di un attacco aereo.
Quando la sua squadra ha iniziato lavoro e ricerche, racconta oggi Jaeger, non c'era coordinamento tra gli “spotter” sul campo, non esisteva una vera rete, che è stata creata in seguito anche attraverso la collaborazione di Hala Systems con i Caschi bianchi. “Abbiamo cercato di costruire coesione tra chi raccoglieva informazioni sul terreno e di lavorare in maniera strutturata sui dati in modo da poterli analizzare”. Oggi Jaeger calcola che il sistema sviluppato possa inviare allerte a circa 2,3 milioni di persone. Per quanto riguarda i risultati, basandosi su stime che definisce prudenti ritiene che i messaggi di Sentry abbiano salvato finora almeno un centinaio di vite, attraverso una media di 140 messaggi inviati al giorno, e stima un abbassamento del tasso dei morti tra il 20 e il 27 per cento in alcune aree della Siria sotto intenso bombardamento dal 2018.
“Nel 2016, 36 ore dopo aver fatto partire il sistema, abbiamo saputo di un uomo che dopo aver ricevuto l'allerta via Facebook ha messo in salvo la sua famiglia. Ci ha inviato un video dopo il raid. La sua casa è stata distrutta dal bombardamento, i suoi vicini sono rimasti uccisi. Quel giorno abbiamo capito che il nostro sistema funzionava”, ricorda Jaeger, che pensa come oggi la tecnologia sviluppata possa essere utile ovunque ci siano violenze simili. “Purtroppo si tratta di un mercato molto vasto”, dice, sottolineando il paradosso. “Oltre ad allertare i civili di possibili attacchi, il sistema può contribuire a sforzi di peacebuilding in aree dove è per esempio imposto un cessate il fuoco: la tecnologia è infatti in grado di monitorare se una tregua è rispettata. Potrebbe essere il caso dello Yemen, dove un monitoraggio in remoto attraverso il contributo di osservatori locali farebbe guadagnare tempo e non obbligherebbe a spostare nel paese un alto numero di osservatori internazionali”.
Altri teatri in cui la squadra prevede un possibile sfruttamento della tecnologia in termini di rilevamento e previsione di violenze contro le comunità locali sono l'Ucraina e la Repubblica Democratica del Congo, dove diversi gruppi armati agiscono contro istituzioni civili, come scuole e ospedali. “Il nostro lavoro in questi luoghi sarebbe quello di aiutare a rilevare eventi violenti in modo che le comunità possano proteggersi e tutti gli attori interessati possano implementare politiche migliori”.
Il giorno in cui Jaeger ha ricevuto il primo video dall'uomo siriano che aveva messo in salvo la sua famiglia grazie a un'allerta di Sentry, l'ufficio-quartier generale di Istanbul da cui opera la squadra è stato invaso da un enorme entusiasmo: “Pensavano tutti che fossimo dei pazzi, ma noi sapevamo che poteva funzionare”, ricordano. Eppure, ci sono voluti tempo e gli sforzi di molte persone sul campo prima che la startup nata da un investimento iniziale degli stessi fondatori ricevesse il sostegno finanziario di Canada, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Danimarca e Stati Uniti, mediante donazioni.
Quello che si augura oggi Jaeger è che sempre più governi possano capire come un approccio tecnologico a emergenze umanitarie sia possibile. “La sola idea che possa esistere un tale approccio che coinvolge l'innovazione è così potente da poter avere molte ripercussioni, oltre alla Siria e oltre Hala. Per ottenere un simile obiettivo occorre che si incontrino una mente aperta e delle risorse”.
Rolla Scolari
Il Foglio sportivo - in corpore sano