Scomporre il futuro. Cosa aspettarsi dal big bang renziano
Governo e partiti. Girotondo di idee con Lucia Annunziata, Luciano Fontana, Carlo Verdelli e Massimo Cacciari
Roma. “Stavolta Renzi non è criticabile”, ha titolato così su Huffington Post il direttore Lucia Annunziata che non ha mai lesinato critiche al fu Rottamatore sostenendo di recente le ottime ragioni del voto anticipato contro il governo pastrocchio. “Se davvero – dice Annunziata al Foglio – Giuseppe Conte ha detto: ‘Renzi è stato poco trasparente', i casi sono due: o vive nella bambagia o vive nella bambagia. L'operazione renziana era ampiamente prevedibile e preannunciata”. Un attimo dopo il completamento della compagine governativa e a pochi mesi dalle nomine di oltre cento manager pubblici. “Operazione machiavellica”, l'ha definita Renzi. “L'ex premier rivendica una cosa assolutamente legittima in politica: vuole partecipare alla spartizione degli incarichi. Perché scandalizzarsi? E soprattutto come possono indignarsi gli stessi che hanno messo in piedi un governo tutto fondato sul trasformismo e sulla distribuzione di poltrone? Ci hanno raccontato che serve un governo per evitare il pantano economico e ottemperare a una serie di scadenze, dalle nomine delle aziende partecipate fino al prossimo presidente della Repubblica. C'è trasformismo nell'operazione di Renzi? No. E' forse mosso dall'interesse personale quando afferma che vuole partecipare alle nomine? No: le nomine sono la ragione sociale del Conte bis. E' un traditore? Non direi, del resto ci siamo battuti contro di lui quando accusava di tradimento i fuoriusciti di Leu. Un partito è una libera associazione di persone. Renzi ha compiuto un'operazione di verità, la sua reincarnazione svela le debolezze altrui. Chi ora critica Renzi critica il governo”. Lei ha scritto che, rioccupando lo spazio pubblico di social e media, Renzi rischia di oscurare il governo. “E' inevitabile ma la causa, ripeto, non è lui ma la vacuità della testa di questo esecutivo. Chi è Conte? Un avvocato mai eletto da nessuno ma nominato premier per ben due volte. Adesso va in giro per l'Italia, tenta di accreditarsi con i potentati economici e industriali, incontra i sindacati e dialoga con le cancellerie internazionali, ma questo governo si regge sul nulla. La nascita di Italia Viva è solo l'inizio della liquefazione dei partiti: nel M5s sono tutti scontenti della leadership di Luigi Di Maio, sia il fronte governista che quello movimentista. Poi c'è Forza Italia ai titoli di coda, poi comparirà il cespuglio dei responsabili della sinistra-sinistra… Con l'aria che tira, Renzi potrebbe attirare persino qualche pezzo della Lega”. Al primo voto d'aula importante la maggioranza si è spaccata sull'autorizzazione agli arresti domiciliari per il forzista Diego Sozzani. 46 i franchi tiratori. “E' la conferma che l'attuale governo si fonda sull'evocazione di un governo, come in una fiction. L'incidente parlamentare è dietro l'angolo, e in caso di crisi il capo dello stato Sergio Mattarella accoglierà le dimissioni di Conte per dar vita all'ennesimo governo con un cambio di premiership, ma sempre all'interno della legislatura in corso. Ritengo altamente probabile la nascita di un nuovo esecutivo, soprattutto all'indomani della manovra e del pacchetto di nomine primaverile”.
“Con questa mossa Matteo Renzi rivela tutto se stesso – dichiara al Foglio il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana – A partire dalla sconfitta referendaria nel 2016, l'ex premier non ha mai accettato l'idea di stare in un partito senza giocare il ruolo di protagonista. In questa decisione la componente personale è molto marcata, poi fa presa il miraggio di aggregare attorno a sé il mondo dei moderati e dei liberali che è e rimane un'araba fenice. Non so se Renzi sarà l'interprete giusto, certo è che si tratta di un'area affollata, contesa dai Toti, dai Calenda e da diversi altri”. Secondo Aldo Cazzullo, l'obiettivo di Renzi è quello di agguantare la leadership del centrodestra, in competizione con l'altro Matteo, Salvini. “Concordo, l'ex premier tenterà di costruire qualcosa che abbia poco a che fare con le radici del Pd, ha nelle sue mire più l'area moderata che quella socialista. L'idea è un'operazione macroniana a tutto tondo ma per il momento si muove esclusivamente dentro il Palazzo e non nella società. Non ho capito che cosa lo differenzi dal programma del Pd al quale lui stesso ha contribuito. A sinistra accade spesso che chi non sente di avere uno spazio adeguato per sé imbocchi l'uscita e fondi l'ennesimo partito”. Nelle prime uscite pubbliche Renzi ha quasi esibito la volontà di partecipare alla gestione del potere. “Lui ci ha abituato a un certo modo esuberante di andare controcorrente, di spiazzare gli osservatori… Nell'attuale governo si posiziona come l'azionista in grado di decidere se e quando staccare la spina. Dubito però che abbia voglia di elezioni anticipate, al momento i sondaggi non premiano questo esperimento. Ripeto: la sua è un'operazione di palazzo che deve ancora misurarsi con la conquista del consenso, con l'insediamento, con la ricerca di parole chiave, con il sogno da offrire agli elettori”. Che ne sarà del Pd? “Non credo che i D'Alema e i Bersani torneranno alla casa madre, penso piuttosto che il partito si caratterizzerà per una forte impronta socialista”.
Sentita la campana di Via Solferino, è tempo di una passeggiata dalle parti di Largo Fochetti. Proprio a Repubblica l'ex segretario del Pd ha annunciato la nascita di Italia Viva spedendo alcuni messaggini sulla qualità del top management di Enel e sul suo personale sostegno all'ipotesi di fusione tra Leonardo e Fincantieri. “A sentire Renzi – dice il direttore di Repubblica Carlo Verdelli – l'operazione nasce dalla base, dagli incontri in giro per l'Italia, dai comitati civici, dal contatto con i giovani partecipanti alla Scuola di agosto… Io invece ho un'altra impressione, mi sembra che ci esercitiamo sulla politica politicata e che la mossa renziana abbia un'origine ben diversa. Il paese assiste disorientato a quanto accaduto negli ultimi due mesi. L'esecutivo è nato dalla fusione fredda tra due partiti che si sono aspramente combattuti durante i quattordici mesi di governo gialloverde, e anche prima. Adesso arriva la scissione a caldo. Non mi pare che Renzi sia mosso dal disegno di dare uno sbocco politico a un sentimento popolare diffuso. La sua è un'operazione politica, ‘di palazzo' se volete”. La tenuta del governo è a rischio? “Al di là delle dichiarazioni rassicuranti di Renzi, per un governo che già poggia su basi fragili la comparsa di un quarto azionista lo indebolisce. I 5 Stelle hanno governato per oltre un anno con Salvini manifestando l'adesione a una idea dell'Italia che non è quella del Pd. La mossa renziana è una scossa, come dimostra il voto che ha respinto la richiesta di autorizzazione agli arresti domiciliari per il parlamentare forzista. E' facile immaginare che della cinquantina di franchi tiratori molti provengano dall'area Pd e dalla pattuglia renziana. L'unica vera arma di Pd e 5 Stelle per tentare di arginare le ambizioni renziane è negargli la riforma elettorale, del resto due padri nobili del Pd come Walter Veltroni e Romano Prodi si sono espressi in senso contrario. Sia chiaro: Renzi non intende far cadere il governo nel breve periodo ma punta a condizionarlo pesantemente. Dice che non starà al tavolo con Conte, Zingaretti e Di Maio ma di fatto si è già assicurato un posto a sedere. I quaranta parlamentari confluiti nel nuovo gruppo si muoveranno con disinvoltura e gli conferiranno una forza contrattuale che indebolisce il governo”. La caduta sul fatidico “incidente parlamentare” potrebbe essere una conseguenza non direttamente intenzionale? “In questa fase il terremoto finale non conviene a nessuno degli attori in campo, a parte Salvini. Prevedo non un fallout a breve ma settimane ad alta tensione. Il voto sugli arresti di Sozzani non è un buon viatico: la giustizia è un tema che sta molto a cuore”. In effetti, era la prima votazione d'aula importante dall'insediamento del nuovo esecutivo. “Con il governo ai primi vagiti, la pattuglia renziana è una variabile imprevista. Adesso si dovrà discutere la riforma Bonafede, e i numeri ballano”. Il quotidiano da lei diretto si mostra severo con entrambi i Matteo. “Salvini si è fatto alfiere di alcuni disvalori, noi ci siamo limitati a raccontarlo. Nel caso di Renzi, invece, è complicato seguire la sua traiettoria, spesso lascia disorientati anche noi osservatori della politica. Dapprima ha dato l'avvio a un improbabile accordo tra Pd e 5s dopo aver sostenuto per mesi ‘mai al governo con i grillini'. Poi ha smentito se stesso minacciando di lasciare il partito se non avesse dato vita a un governo con il M5s: certo, per senso di responsabilità in un momento di sofferenza economica, democratica, civile, ma anche per mettere nell'angolo Salvini. Zingaretti si è trovato così a gestire una situazione imprevista, lui era pronto al voto anticipato. Adesso Italia Viva è l'ennesimo colpo di scena: quando ormai la compagine governativa è al completo, con i ministri i vice e i sottosegretari, Renzi che fa? Annuncia che non sta più nel Pd. La navigazione del Conte bis, se già prima era perigliosa, adesso lo diventa ancora di più”. Va detto però che il corpaccione Pd ha sempre trattato Renzi come un abusivo, un intruso, proprio lui che lo ha portato al 40,8 percento. “Renzi deve ancora elaborare il lutto della sconfitta referendaria e della conseguente perdita del potere. Diceva che si sarebbe limitato a fare il senatore semplice per l'intera legislatura, ma è più forte di lui. La voglia di tornare protagonista ha fatto premio sul resto. Per la prima volta nella storia della Repubblica abbiamo dei leader giovani: Di Maio, Renzi, Salvini; eppure è come se avessero fretta di bruciare ogni tappa invece di mostrarsi lungimiranti e ragionevoli”. Intanto, con il tramonto del Cav. il centro è uno spazio gettonatissimo. “Forza Italia è in deperimento: al di là della volontà leonina di Silvio Berlusconi, la forza inerziale della storia e l'età del fondatore non lasciano presagire una futura ripresa. Qualcuno arriverà a sostituirlo”. In molti guardano al presidente di Rcs Urbano Cairo. “Non commento per fair play. Gli aspiranti sono tanti ma i posti pochi. Le prime file della politica sono sempre assai ambite ma nessuno ti dice: prego, si accomodi. Servono idee, carisma e tanti denari, forze potenti determinate a sostenere il tuo progetto. Che ne sarà per esempio di Beppe Sala? Lui mi sembra un'ipotesi tutt'altro che trascurabile per la leadership di un centrosinistra moderno. L'incarico di sindaco di Milano non è un atout da poco: è come essere l'editore di Corriere e La7”.
Chi invece plaude, quasi con sollievo, alla mossa renziana è Massimo Cacciari: “Il Pd non è mai stato il suo partito, finalmente ne ha preso atto anche lui”. In questi anni Renzi si è dovuto difendere dal fuoco amico più che dagli avversari ufficiali. “Il Pd è un progetto fallito, un amalgama mai riuscito, ora spetta a Zingaretti il compito di formare una nuova classe dirigente attorno a una proposta per l'Italia da definire in un congresso vero. Renzi è sempre stato un alieno rispetto a ogni storia politica, non apparteneva a nessuna delle due culture confluite nel Pd, né a quella post comunista né a quella post democristiana. A lui interessava fare tabula rasa del vecchio, rottamare. Adesso potrà realizzare il suo sogno, solo che doveva farlo cinque anni fa. Dopo il successo delle europee, sarebbe diventato un macronista ante litteram. Oggi le sue ambizioni devono inevitabilmente ridimensionarsi, il quadro è cambiato, ma la sua mossa, per quanto tardiva, ha senso”. Per il Conte bis significa avere tre azionisti: Pd, M5s e Renzi. “I grillini hanno finto pubblicamente di non volere il governo mentre negoziavano con Renzi nelle segrete stanze. Adesso dovranno portare questa convivenza alla luce del sole, la presenza di Renzi al tavolo dovranno mangiarsela, non hanno scelta. Del resto, a nessuno di loro conviene tornare al voto. Un'intesa tra Renzi e Conte, invece, sarebbe molto logica: i due sono affini, insieme potrebbero dar vita a una ‘cosa centrista'. Il paese non potrà essere governato in eterno tra opposti populismi”. Bersani e D'Alema tornano al Nazareno? “Non lo so e non importa, loro non spostano nulla. Il Pd diventerà un partito socialdemocratico, molto dipenderà dalla capacità di guida di Zingaretti e dalla performance del governo. In ogni caso, reputo impossibile che Renzi riguadagni la leadership dell'intero centrosinistra”. Antonio Polito lo ha paragonato a Ghino di Tacco, il soprannome che Craxi scelse per sé quando tentò di infilarsi come terza forza tra le due chiese, Dc e Pci. “Il paragone non sta in piedi. La qualità del ceto politico della Prima Repubblica non è assolutamente paragonabile, quei dirigenti avevano una storia e si erano formati in battaglie anche tragiche. Craxi era uno che voleva riformare davvero il paese ma aveva un partito inadeguato allo scopo”.
Annalisa Chirico
Il Foglio sportivo - in corpore sano