La destra secondo Chirac stava in bilico verso sinistra, e litigava con i liberali
J acques Chirac esponente della destra conservatrice francese? Giammai. Lui stesso si rivolterebbe nella tomba. Segretario generale dell'Eliseo, ministro del presidente liberale Valéry Giscard d'Estaing, con cui ruppe platealmente nel 1976, primo sindaco di Parigi eletto a suffragio universale, primo ministro ai tempi della coabitazione coi socialisti di François Mitterrand, e poi presidente della Repubblica dal 1995 al 2007, lui stesso s'accanì tutta la vita a contestare il termine. Lo ricorda oggi Michaël Darmon, editorialista a Europe n.1 e conduttore del programma di attualità politica più seguito alla radio francese. “Chirac semmai ha rappresentato l'assenza in Francia di una destra tradizionale e conservatrice. Di matrice gollista, era nato dalla tradizione radical socialista, dal patto tra comunisti e capitalisti borghesi che risale al Consiglio nazionale della resistenza. Per questo, era attento alla concertazione, sensibile all'economia di mercato ma ancora di più alla regolamentazione della libertà di mercato”. In più Chirac ha sempre dimostrato di essere un politico duttile, pragmatico, aperto all'improvvisazione. “E' vero, forte di questo modello di destra alla francese, fondato sull'idea della partecipazione dei lavoratori all'impresa, sulla regolamentazione del mercato, era famoso per il continuo andirivieni tra la sensibilità sociale, che la sinistra non avrebbe potuto smentire, e i ritorni strategici alla destra più tradizionale. Non dimentichiamo fu lui nel 1967 a creare l'Anpe, l'agenzia nazionale per l'impiego, la prima agenzia per l'indennità di disoccupazione. Fu lui, a lanciare nel 1977 una specie di laburismo alla francese e sempre lui a tornare su posizioni da destra dura, come fece a Orléans nel 1991, col famoso discorso sul ‘bruit e l'odeur', sul problema dell'immigrazione, in cui stigmatizzava senza mezzi termini la disparità di trattamento tra emigrati sussidiati dal welfare e lavoratori francesi in difficoltà economica”. Eppure, a conferma dell'oscillazione continua, nel 1995 col discorso sul Vel d'hiv, fu il primo a rompere con la vulgata ufficiale sul regime di Vichy. “La Francia commise l'irreparabile, disse quel giorno Chirac ormai presidente della Repubblica, ammettendo per la prima volta la responsabilità della destra nello sterminio degli ebrei. Fu una vera rottura, un altro punto di non ritorno”.
Anche per questo forse Chirac ebbe un trauma, alle presidenziali del 2002, quando finì per ritrovarsi in ballottaggio col capo del Front National, Jean-Marie Le Pen. “Dopo un primo mandato molto volontarista – dice Darmon – dimostrò meno energia sulle riforme. Ma a quel punto assunse una dimensione nuova, puntando sull'ecologia come interesse nazionale, lanciando fra i primi l'allarme sui cambiamenti climatici. Fu allora che molti scoprirono l'altra faccia del presidente, l'erudito cultore di poesie giapponesi, l'amante delle arti primitive, e il relativista persuaso che non esistesse la verità o il primato del mondo occidentale sulle altre culture del pianeta”. E' questa la sua vera eredità, dice Darmon. “Chirac non amava il mondo dell'economia, detestava l'impresa. Aveva un rapporto molto conflittuale, come dimostrano lo scontro aperto con il liberale Edouard Balladur, esponente della destra conservatrice, e l'ambivalenza che riservò a Nicolas Sarkozy, per le profonde divergenze che mostrava rispetto ai suoi canoni. Fu anche per questo che nel 2012 si dichiarò a favore di François Hollande, e non di Sarkozy, riconoscendo nel candidato socialista l'altro versante del suo approccio politico, fondato sulla concertazione, sulla gradualità delle riforme, sulla tutela dei vantaggi acquisiti, anche a costo di cadere nell'immobilismo”. Ma allora, sempre in bilico tra la sinistra della destra, e alla destra della sinistra, sempre ondivago e sempre pronto a tradire i compagni della destra liberale, per venire a sua volta tradito, qual è l'eredità di Chirac? “Il rapporto con l'umanesimo alla francese, i valori celebrati dopo la strage del Bataclan, che sono poi i valori dell'universalismo democratico francese, legati alla guerra, alla resistenza, all'ecologia, e soprattutto il rapporto all'umanità e agli altri popoli del pianeta. Non è solo l'occidente che detiene la verità. Questo è il messaggio che resterà legato al nome di Chirac”.
Marina Valensise
Il Foglio sportivo - in corpore sano