C'è un architetto che con Droni e algoritmi protegge le rovine archeologiche meglio di indiana jones
E' stato in Afghanistan che ha capito di dover agire. Era il 2008. Yves Ubelmann, 39 anni, architetto francese con una una passione per l'archeologia, stava lavorando con una squadra di connazionali agli scavi di Chashma-i-Shafa, nel nord di un paese in guerra da decenni. Tra quelle rovine nell'antica regione storica della Battria, provincia dell'impero persiano, si racconta che Alessandro Magno abbia sposato la bellissima principessa Rossane. E' un luogo denso di memoria dell'umanità, ed è proprio per questo che lo stupore di Yves è stato profondo quando, un mattino, nell'arrivare al sito, si è trovato davanti una scavatrice. Era intenta a rimuovere la terra che ricopriva l'antica torre di una fortificazione. L'obiettivo – innocente e dichiarato dall'operaio dell'amministrazione locale – era una pragmatica priorità del presente: la costruzione di una strada di cui quella comunità aveva allora necessità. Studi di architettura a Parigi, un soggiorno a Roma e attività archeologica sul campo dalla Siria al Pakistan: è lavorando in regioni spesso colpite da conflitti, disastri ambientali, instabilità sociale che Yves Ubelmann si è reso conto che “molti siti archeologici e monumenti antichi spariscono velocemente, benché abbiano migliaia di anni. Le ragioni reali non sono soltanto guerre e violenze, ma anche l'urbanizzazione, l'agricoltura, la mancanza di educazione e l'indifferenza generale”. Da qui, l'urgenza per l'architetto francese di catalogare, in un primo tempo attraverso il tradizionale uso dell'immagine, questi luoghi della storia perché “se li documentiamo ne teniamo traccia. E se possiamo li proteggiamo. Altrimenti, almeno ci ricordiamo di loro, ne preserviamo la memoria”.
Poi sono arrivati i droni. E' con un pilota e specialista di droni che nel 2010 Yves parte per la sua prima missione di raccolta di fotografie aeree. La meta è l'antico complesso buddhista di Mes Aynak, in Afghanistan, appoggiato su un'immensa riserva di rame e per questo minacciato dai progetti di estrazione di una compagnia cinese. L'incontro tra le migliaia di immagini raccolte con i droni e gli algoritmi dell'intelligenza artificiale apre un nuovo capitolo di questa storia. “I droni hanno cambiato la nostra relazione con la documentazione – ha raccontato Yves al Foglio Innovazione – Ci hanno fornito migliaia di immagini con tanti dettagli di zone di guerra dove non potevamo stare molto a lungo. Queste fotografie unite alla tecnologia, agli algoritmi dell'intelligenza artificiale, ci permettono di ricostruire i siti in 3D, artificialmente”. Si chiama fotogrammetria, o la sua evoluzione. Attraverso una partnership con INRIA, l'Istituto nazionale di ricerca in informatica francese, che ha lavorato a un algoritmo capace di trasformare immagini in 2D in una nuvola di punti tridimensionale, è possibile ricostruire un territorio e le sue architetture in 3D. Si tratta di migliaia di punti che descrivono uno spazio in maniera talmente dettagliata che scienziati, studiosi e archeologi possono muoversi in quel luogo da remoto quasi come se fossero sul posto. E' ciò che fa oggi Iconem, la startup fondata nel 2013 da Yves Ubelmann, dove lavora una quindicina di persone tra architetti, archeologi, ingegneri, programmatori, grafici: una squadra di “Monument Men” 3.0 che cataloga tesori e pezzi di storia che rischiano d'essere dimenticati. Parlando con il Foglio Innovazione di Yves, l'architetto con la passione per la memoria, l'arabista e politologo francese Gilles Kepel lo ha paragonato a un moderno Dominique Vivant Denon: l'egittologo ante litteram, diplomatico, uomo di cultura, nel 1789 fece parte della campagna d'Egitto di Napoleone Bonaparte, e stilò un dettagliato e inedito inventario dei monumenti egiziani.
Iconem collabora oggi con istituzioni internazionali come l'Unesco, lavora attraverso donazioni di aziende e privati e cerca di entrare in contatto con governi e amministrazioni locali per fare pressioni affinché siti archeologici e monumenti a rischio siano protetti perché, come ha detto Yves in un TEDx del 2018 in Francia, occorre mostrare questi paesi sotto l'aspetto della loro incredibile ricchezza culturale e non soltanto della guerra. E oggi Siria, Yemen, Afghanistan, Libia, Iraq sono spesso soltanto sinonimo di conflitto armato e crisi. L'obiettivo della sua squadra è quello di fornire una banca dati di immagini di siti perduti o minacciati che la comunità scientifica possa utilizzare per preservare la memoria. Accanto a questa attività, la giovane impresa organizza con questo immenso materiale – sono stati catalogati tra Siria, Yemen, Iraq, Afghanistan, Pakistan, Libia e altri paesi circa 150 siti, anche in occidente – mostre che attraverso l'utilizzo della realtà aumentata hanno l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica, le istituzioni e i governi sulla necessità di agire per salvaguardare il patrimonio dell'umanità. Il pubblico ha potuto per esempio ammirare le colonne del tempio di Bel di Palmira in scala reale, i blocchi degli antichi edifici distrutti dallo Stato islamico in Siria in una impressionante mostra all'Istituto del mondo arabo di Parigi. In queste settimane, “From Mosul to Palmyra. A Virtual Journey through the World's Cultural Heritage” è in corso fino al 3 novembre a Bonn, Germania: le antiche rovine di luoghi magici del mondo arabo sono riportate in vita attraverso la realtà aumentata. Yves ci ha accompagnato invece tra i resti e la distruzione di Palmira, Aleppo e Mosul, in una camera immersiva in scala ridotta rispetto alle altre esposizioni, alla mostra “Broken Cities” presso l'Università della Svizzera italiana a Lugano, durante il MEM Middle East Mediterranean Summer Summit. “L'impatto di queste immagini in 3D – ha detto – permette di visualizzare il danno emotivamente, e di utilizzare il potenziale evocativo dell'immagine per convincere anche la politica ad agire e ricostruire”. Un volo a uccello sulla cittadella di Aleppo rasa al suolo, il centro di Bengasi bombardato, gli scavi di Leptis Magna minacciati dalla guerra intestina libica: “Proviamo a mettere in scena una visita poetica ed emozionale tra queste rovine per arrivare a una presa di coscienza”, dice, definendosi “un attivista” e non soltanto “uno studioso che sfrutta il potenziale dell'immagine” per contrastare la cancellazione della storia.
Le mostre permettono anche di ricostruire alcuni luoghi com'erano prima della distruzione, della guerra, di un bombardamento, di una catastrofe, come è stato fatto nel caso di Palmira. Centinaia di immagini d'archivio, di fotografie scattate da turisti, visitatori del sito, specialisti, archeologi sono state raccolte e messe a confronto con le immagini aeree dei droni prese dopo la devastazione. Così, i resti della città che fu uno dei più importanti centri del mondo antico sono ricostruiti in 3D, com'erano prima che la furia iconoclasta dello Stato islamico si abbattesse su quelle pietre, e poi sovrapposti alle immagine in 3D di quello che rimane oggi: colonne abbattute, intarsi crollati, blocchi di macerie. Questo aiuta non soltanto il pubblico ma anche gli studiosi e le istituzioni a capire ciò che resta di quei tesori e a immaginarne un possibile ritorno alla vita: un futuro restauro.
I mondi numerici creati dall'incontro della tecnologia dei droni con gli algoritmi dell'intelligenza artificiale diventano così quasi un dovere morale: potrebbero essere infatti un giorno l'unica testimonianza di un passato devastato dai conflitti, dall'urbanizzazione, dai disastri ambientali e climatici, dall'incuria. E dall'indifferenza dell'uomo per il suo passato.
Rolla Scolari
Il Foglio sportivo - in corpore sano