Una maratona impossibile

La preparazione, gli incerti della vigilia e un Mondiale alle temperature proibitive del Qatar. La “corsa alla sopravvivenza” di Sara Dossena nel racconto del suo coach

    F ra tv, quotidiani, siti, blog e “popoletto” tutti hanno già scritto e sentenziato cose di ogni genere. A me interessa ovviamente parlare di Sara Dossena, per fare questo dovrò scomodare altre persone, ma senza queste ultime il contesto non sarebbe di facile comprensione. Parlare del suo “fallimento”, se di questo si è trattato, ed esporre un po' di fatti per far capire meglio che cosa è successo.

    La donna. Per iniziare Sara è una donna prima che un'atleta, come tale vive una vita nello stesso modo in cui la viviamo tutti noi, ci sono dentro tutte le cose che noi mettiamo sotto la parola “anima” o “coscienza” o chiamatela come volete voi. Ora non è mia intenzione parlare dei suoi fatti personali su Facebook, ma io so che sono una parte integrante di questo contesto. Ora, ognuno pensi alla propria vita, smetta di pensare che un atleta è un robot e provi a immaginare cosa c'è dietro a un profilo pubblico. Se per anni non è passato nulla che riguarda la sfera personale non significa che questa non esista, ma semplicemente che è ben occultata. Se chi legge è intelligente, ha capito. Ora, io penso che la sfera personale che racchiude molto della parte emotiva di Sara sia stata messa a dura prova e ho tutto il motivo di pensarlo. […]

    L'infortunio. Ha influito o non ha influito? Vediamo la cronologia dei fatti. Giovedì 12 settembre Sara ha l'ultimo lavoro lungo, 36 km totali con diverse variazioni di ritmo. A fine allenamento mi dice che ha sentito un dolorino in zona psoas, tensore della fascia alta, retto femorale… insomma quella zona fra il pube e la cresta iliaca. Il dolore continua nei giorni successivi ma non le impedisce di correre… e nemmeno di fare 12x1000 a 3'20” con 1' di recupero a 4' al km. Lunedì e martedì facciamo la prova degli orari di Doha, correndo alla sera tardi.

    Mercoledì andiamo a Torino per vedere cosa è quel fastidio, infiammazione dello psoas in zona bassa, dove assume consistenza tendinea e si inserisce sul femore. Sara inizia a correre con iniezioni intramuscolari di Dicloreum (diclofenac sodico). Mancano nove giorni alla gara e il medico pensa di fare tre iniezioni, una al giorno per tre giorni. Passano i primi giorni e tutto va bene, il sabato e la domenica (meno 6 e 5 alla gara) Sara mentre corre sente un forte dolore al secondo dito del piede sinistro, è un dolore conosciuto, normalmente dura qualche giorno e passa. Era stato già indagato più volte, mai risolto totalmente ma nemmeno si era acutizzato tanto da non poter correre. Lunedì, alle ore 17, prova a correre per fare l'ultimo lavoro di ripasso del ritmo. Quindici ore dal volo per i Mondiali, non riesce nemmeno a partire perché il piede ai primi appoggi urla pietà, in 10” la fermo, impugno il telefono, Stesina ci aspetta a Torino, lei e io vestiti da allenatore e atleta, quindi senza quasi nulla con noi, partiamo da Lonate Pozzolo e andiamo a Torino, il navigatore dice 74' e saremo al J Medical. Stesina spegne le luci, impugna l'ecografo, guarda il flessore del dito che di solito è pieno di liquido infiammatorio e non trova cose grosse, tastando il piede si accorge che il dolore è più acuto verso il secondo metatarso. Blocca le persone che stanno entrando in risonanza e ci manda subito Sara, mi confessa che sospetta sia finito il Mondiale, probabile frattura da stress. Mentre la risonanza produce immagini io chiamo mezzo mondo per anticipare la probabile fine di tutto. Passano 30/40 minuti e l'esito è negativo, sembra non essere interessato l'osso. Mi rimangio tutto e dico ai miei interlocutori che Sara ha fatto una mesoterapia e nel giro di due giorni potrebbe forse correre. Torniamo a casa in tarda serata e finiamo le valigie per Doha.

    Una volta arrivati si passa nelle mani dello staff medico federale. Stesina passa le consegne e iniziano tre giorni di terapie di ogni genere… però Sara fatica ad appoggiare il piede. Inutile dire che non potrà correre in quei giorni, quindi nemmeno sperimentare il clima, il luogo ecc. Eccoci chiusi in un hotel a fare scongiuri, riunioni, piangere e sperare. Finalmente il giorno prima della gara riesce a correre qualche minuto sul tappeto. Nel frattempo si è passati al Toradol intramuscolare. Giovedì sera Sara corre 10 km sul percorso gara, molto caldo ma nessun problema, fa alcuni chilometri sotto i 3' 40” al km e sente ottime sensazioni. Fa caldo ma c'è aria, si suda ma non ci si bagna a vista d'occhio. La mattina della gara esce a correre venti minuti con Giovanna [Epis: anche lei si ritirerà dalla maratona mondiale, ndr] e Bojana (croata conosciuta a Livigno). Inizia quella che è stata la giornata più calda e afosa del periodo, Sara dopo pochi km si accascia e dice che le gira la testa, fa qualche allungo e prova le scarpe da gara. Avrò perso allenamento? Avrò problemi per i farmaci, per il caldo? Io la tranquillizzo e le dico che farà una buona gara. La sera prendiamo l'autobus delle 22 e andiamo al campo gara. Sara sceglie di fare un'altra puntura perché comunque sia psoas che piede non lasciano del tutto in pace.

    La preparazione. La stagione è stata pianificata tenendo conto di un confronto con i vertici tecnici della federazione, come prevede il contratto Aec (Athletic élite club). Prima una maratona in primavera, poi la coppa europa dei 10.000 e poi la seconda maratona. Nei mesi di luglio e agosto in altura a Livigno, poi la mia idea era di andare al caldo in settembre. Guardando i siti meteo e le medie stagionali, nonché confrontandoci con molti che avevano già fatto scelte del genere, si è deciso di stare a casa e sfruttare le ore più calde. La federazione per un eventuale raduno a settembre nel sud Italia avrebbe voluto un piano a partire dai primi di agosto, io ho preferito aspettare le previsioni meteo di settembre e nel caso spostarmi all'ultimo. Il sito dell'Aeronautica ha previsto una rottura dell'alta pressione, soprattutto al sud. Siamo rimasti in zona Malpensa dove Sara ha corso spesso a 30°C ed esposta al sole. Io conoscevo già Doha dal gennaio 2018 e sapevo che non è un posto vivibile e non ci si può allenare, l'unico che è a Doha prima è Eyob (Faniel, maratoneta italiano di origine eritrea, ndr) ma non sappiamo se questo darà frutti per ora. Un altro problema è che Sara quando sta lontana da fisioterapista e medico è ad alto rischio di finire a pezzi… e nel caso non ha nemmeno nessuno che la ricomponga.

    La temperatura che ci aspettavamo non era certo quella di venerdì sera. In molti e più ci hanno assicurato che il caldo sarebbe stato solo una delle difficoltà ma il grosso sarebbe stato l'orario. Personalmente, quando sono arrivato a Doha mi sono ricreduto. Un appunto: Sara nelle varie occasioni in cui ha corso al caldo non ha mai mostrato problemi, i Giochi del Mediterraneo non erano al fresco. Nelle gare di triathlon e sopratutto nei mezzi ironman ha sempre corso bene sotto il sole e già disidratata da ore di gara. Lei non temeva certo il caldo. Ma andiamo avanti.

    Il clima. La sera della gara secondo la Iaaf (che sta leggera per ovvi motivi) c'erano 32°, 74 per cento di umidità relativa e vento zero. La tabella che determina la temperatura percepita dice 45,5°. Per inciso il 5 ottobre (gara maschi) è prevista una percepita di 35°, già il giorno dopo era diverso il clima. I tecnici sul percorso della 50 km di marcia mi hanno detto che era un'altra cosa. Questa condizione per il corpo umano non è più solo un clima caldo, ma una condizione estrema, e ognuno di noi potrebbe non avere mai provato una condizione estrema. Alcuni atleti l'hanno simulata in laboratorio. Ma ripeto, la stessa Iaaf parlava il giorno stesso di un caldo sopportabile. Il caldo c'era per tutti, nessuno dice il contrario. Però è abbastanza risaputo che le condizioni estreme non sono sempre simulabili in allenamento, se non con rischi della salute e spesso senza esito. Andiamo avanti.

    Tempo di gara e paragoni. La Gazzetta dello Sport parla di tempo più lento di sempre per vincere un Mondiale donne, tendo a fidarmi, io intanto ho verificato e gare che si sono citate come calde e particolari sono state corse in 2h 25'. Ruth Chepngetich è attualmente la più forte atleta su strada al mondo: non c'era bisogno di aspettare l'esito della corsa per confermarlo. Vanta il miglior tempo della stagione: 2h 17' 08”, esattamente una media di 3' 15” al km, corre un corto veloce almeno a 3' 05” al km. La maratona di Doha l'ha vinta con 3' 37” al km. Un fondo lento per lei. Sara ha 3' 25” al km come personale: avrebbe dovuto correre in proporzione a 3' 45” al km circa. E' passata in 3' 40”: forse è stato troppo forte?… ma chi lo sa.

    Sempre Gazzetta riporta un 41 per cento di atlete ritirate. Io ho fatto dei conti diversi, il gap di 15' lo hanno rispettato in circa dieci atlete, tutte le altre non fermate o svenute si sono limitate a passeggiare la seconda parte a 5' al km, perché era un Mondiale ed era bello finire, o forse la propria nazione chiedeva quello. Fatto sta che la somma dei ritiri e delle controprestazioni eccessive arriva all'85 per cento. Nessuna con 2h 30' o meno di personale si sognerebbe di finire una maratona privata in 3h, non avrebbe senso.

    Per capire quanto è stato lento il crono del podio, vi dico che solo nel 2019 e solo fino al 26 settembre (e mancano tutte le gare autunnali) ci sono 243 risultati sotto 2h 32' 43”, tempo della vincitrice, mentre sono 352 quelli sotto il tempo della medaglia di bronzo. Se dovessimo estendere al tutto il periodo che si conosce, le statistiche Iaaf si fermano ben prima, e ci sono 3.200 risultati sotto le 2h 30'. Arrivando a 2h 32' ho stimato almeno 6.000 performance. Paragoni con altri campionati e olimpiadi che sono usciti. Atene e Mosca per esempio, sono prove portate come esempio di maratone calde. Tempi decisamente inferiori: Bordin a Seul vinse con 2h 10', Baldini ad Atene idem. Direi che non c'è nessun paragone con quello che è successo a Doha. 6) Crolli eccellenti. [Hanno detto che] Sara e Giovanna devono cambiare allenatore, cambiare federazione, taglio di capelli e smalto… però io ho notato che nessuno si preoccupa di dire che tutte le etiopi sono saltate per aria e piombate in infermeria, e non si sono allenate a Livigno, Purdue (1h 08' basso a Newcastle e 2h 25' a Londra) con simulazioni di clima e due settimane a Dubai è finita anche lei in infermeria. Salpeter (2h 19') idem. Ma la lista è lunga, basta andare sulla classifica e mettere il puntatore su un nome e vedere tempo di iscrizione ed esito di gara. 7) Conclusione. Ci sono una serie di altre cose da dire, solo alcune. [Abbiamo letto che] la Hassan ha corso forte [la mezzofondista olandese di origine etiope ha trionfato nei 10.000, ndr]: grazie, lo stadio è climatizzato a 20°. Bastava andare a Doha prima […], provate a chiedere a un hotel, taxi, locale, supermercato, aeroporto, tenda call room, tenda controllo sicurezza, tenda team nazioni, pullman, se possono spegnere il condizionatore a palla. Magari per non fare dei cambi di temperatura assurdi in continuazione. Provate a trovare una palestra o una piscina in cui un allenatore uomo può entrare con una donna…