Le banche centrali vanno “all-in” con le obbligazioni “green”
Roma. Con la decisione della Banca dei regolamenti internazionale di Basilea (Bri) di lanciare un fondo per le Banche centrali che investa in green bond, l'ecologismo ha ufficialmente fatto breccia anche nell'austero mondo dell'alta finanza. Sarà merito di Greta, ma fino a un certo punto. La passione ecologista dei banchieri centrali, infatti, è precedente all'apparizione della giovane attivista svedese. Nel dicembre 2017 otto banche centrali istituirono un network per promuovere la sostenibilità ambientale della finanza, il Network for Greening the Financial System, che in aprile ha pubblicato un rapporto sull'urgenza di intervenire sul cambiamento climatico, definito “fonte di rischio finanziario”. Nel rapporto erano contenute diverse raccomandazioni, fra le quali anche quella di stimolare il ruolo del settore finanziario per raggiungere gli obiettivi dell'accordo di Parigi sul clima del 2015. Da qui alle obbligazioni verdi il passo è stato brevissimo. Ormai i green bond sono una solida realtà del panorama finanziario. Dal 2014, quando se ne è cominciato a parlare, le emissioni sono cresciute significativamente. Prima per lo più a opera dei paesi avanzati. I bond erano denominati in dollari o euro. Poi anche delle economie emergenti, Cina in testa. I green bond quotati in yuan sono una buona parte di quelli circolanti: circolano 600 miliardi di obbligazioni verdi, un centinaio di miliardi in valuta cinese. Si tratta di strumenti che hanno finito con l'attirare l'attenzione delle Banche centrali che hanno visto le loro riserve ufficiali crescere molto. Alcune metriche le calcolano in 11,5 trilioni di euro a fine 2018, con una crescita media annua, fra il 2000 e il 2018 (gli anni dei vari Qe) del 10 per cento. Ciò ha generato parecchio lavoro agli asset manager che vogliono anche tirare fuori qualche rendimento, da questi asset, oltre che renderli disponibili quando servono per le esigenze della banca centrale. Da qui l'idea di alcuni studiosi della Bri, illustrata nell'ultima Quarterly review: usare le riserve di Banche centrali per investire qualcosa sui green bond. Gli studiosi hanno condotto una survey presso i gestori che ha evidenziato come al momento la sostenibilità ambientale non sia fra le priorità, malgrado ci sia molta sensibilità sul tema. Oltre il 60 per cento dei gestori interpellati si è però detto disponibile a inserire il principio della difesa dell'ambiente fra i criteri che guidano i loro investimenti. Ergo i green bond piacciono. E come potrebbe essere diversamente? Impiegare le riserve di banca centrale, cresciute a dismisura nel tentativo di rianimare un'economia spompata, per provare a rimediare ai danni sofferti dall'ambiente proprio a causa dell'economia spompata deve sembrare l'uovo di Colombo. Inoltre, “poiché il mercato è ancora in evoluzione – scrivono alla Bri –, gli investimenti in obbligazioni verdi offrono anche alle Banche centrali l'opportunità di aiutare a sviluppare standard e pratiche”. Queste obbligazioni, oltre a suscitare simpatie, hanno anche un buon rating e “un portfolio greenium” (green+premium), spiegano. Ovvero i green bond pagano qualcosa di più del benchmark obbligazionario: quattro punti base in più quelli in dollari, addirittura 12 quelli in euro. Come si fa a dir di no? Così arriviamo all'annuncio. La Bri fa sapere di aver lanciato un fondo open-ended specializzato in bond ecologici, “rispondendo a una domanda crescente di investimenti climate-friendly fra le istituzioni ufficiali”. Il fondo consentirà di incorporare la sostenibilità ambientale fra gli obiettivi dei gestori delle riserve di Banche centrali. Sarà denominato in dollari, ma sarà di diritto elvetico, dove la Bis “abita” e sarà gestito in house dai gestori della stessa Banca. I bond dovranno avere almeno un rating A- per poter essere inclusi nei fondi. “L'iniziativa – si legge – rientra nel più ampio impegno della Bri a sostegno di pratiche di investimento e di finanziamento ecologicamente responsabili, per rendere più verde il sistema finanziario”. Meglio in verde che in rosso, dopotutto.
Maurizio Sgroi
Il Foglio sportivo - in corpore sano