Il piano di Boccia sulle periferie piace a Sala ma affossa l'autonomia
C omplice l'inerzia, o meglio il disinteresse politico, di Matteo Salvini che nei suoi 15 mesi da vice premier non ha voluto chiudere la partita, l'autonomia differenziata – tanto cara ai suoi governatori del nord – è ormai una bandiere afflosciata, da quando è passata nelle mani del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Francesco Boccia, dentro a un governo per di più politicamente “sudista”. Così, sfidando o facendo spallucce per l'indignazione del governatore Attilio Fontana (“Non abbiamo l'anello al naso e qualcosa la capiamo anche noi, sono stufo di essere preso in giro”) Beppe Sala incontra Boccia e prova a vedere le carte, sulla proposta di ottenere più poteri ai sindaci delle città metropolitane e realizzare, così, un'autonomia decisamente diversa da quella voluta dalla Lega (Salvini permettendo). Sala si è detto molto d'accordo, anche perché il suo problema è tentare di riempire la scatola vuota della Città metropolitana, ereditata da Graziano Delrio. A far soffrire il sindaco di Milano sono le periferie, che nello specifico non sono solo quelle cittadine ma anche Pieve Emanuele o Paderno Dugnano. Così lunedì scorso Sala incontrando Boccia ha messo i piedi nel piatto della legge quadro che il governo sta approntando per rispondere, o sgonfiare, l'autonomia differenziata leghista. Sala ha cavalcato l'idea di una legge speciale (ma lo strumento è ancora allo studio) sulle periferie. “Sono molto soddisfatto dell'incontro col ministro, anche per come proseguono i lavori”, ha detto il sindaco. E infatti è arrivato semaforo verde per conferire alla Città metropolitana e a Milano “poteri speciali” sulle periferie, idea confermata dal ministro. “Penso che nella legge quadro che presenteremo presto al Parlamento sia necessario comprendere le città metropolitane. E quella di Milano, per le caratteristiche che ha, per la vocazione internazionale che esercita e per la visione che abbiamo noi di redistribuzione delle competenze e delle funzioni, può essere una di quelle realtà in grado di diventare punto di riferimento su alcune delle sperimentazioni che vorremmo inserire. Una di queste è la responsabilità sulle periferie”. In altre parole, la filosofia di Boccia rimodula tutto il pensiero delle autonomie: “Non vogliamo che si sostituiscano i difetti del centralismo statale con i limiti del centralismo regionale”. Serve “un quadro complessivo che parta dai livelli essenziali delle prestazioni standard, e definisca attraverso il coordinamento dei fondi pluriennali dello stato e dentro questa cornice, per consentire a tutte le aree meno sviluppate di avere le risorse necessarie”. Non è chiaro quale sarà il profilo definitivo della Città metropolitana di Milano. Però si cominciano a delineare i nuovi poteri. Sicuramente l'urbanistica e probabilmente la mobilità. Poteri che verrebbero “delegati” dalla regione e finanziati attraverso un non meglio identificato piano “Rinascitaurbana” uscito dal cilindro dell'ultimo Consiglio dei ministri.
Fontana non fa i salti di gioia, all'idea di digerire l'autonomia metropolitana. “Ritengo, come ho detto fin dal primo momento che sia una cosa abbastanza inutile, che potrebbe essere tranquillamente superata dagli accordi già raggiunti e da tutto il lavoro che è già stato fatto”. “Temo, giorno dopo giorno, che sia l'ennesimo tentativo di dilazionare i tempi. Si vedrà. Per il momento Boccia ha aperto una vasta consultazione dei territori, da sud a nord ma più che una riforma delle autonomie il suo impegno rischia di essere la naturale evoluzione del nobile pensiero di Franco Evangelisti, “a fra', che te serve?”. Tra i pochi punti fermi sui poteri alla città metropolitana – il cui bilancio ogni anno rischia il default – sembra esserci il ruolo operativo (remunerato) degli assessori che oggi sono semplici delegati del sindaco. Arianna Censi, vicesindaco della Città metropolitana, braccio destro di Sala nel tentativo di rilancio della grande Milano conferma: “Non si può pensare di gestire grandi realtà metropolitane come Milano, Bari, Napoli, Torino, Palermo senza risorse e senza poteri”. Ora, con la proposta di Boccia sulle periferie “con risorse importanti, beni materiali e no, dimostreremo di essere in grado di gestire i grandi progetti europei. Possiamo competere con le grandi aree metropolitane europee. Mi auguro che il governo stringa i tempi per arrivare entro fine anno a un atto preciso, che consenta di riconoscere il ruolo degli amministratori, i poteri e le risorse necessarie alla città metropolitana”, conclude Censi, molto ottimista. All'insegna del pragmatismo ambrosiano Sala, diversamente da Fontana, sempre più insoddisfatto dell'operato di Boccia, guarda già alle amministrative del 2021, si appresta a incassare ciò che serve per rianimare la città metropolitana e dare certezze alle periferie: primum vivere deinde philosophari.
Daniele Bonecchi
Il Foglio sportivo - in corpore sano