PIAZZE CHE POSSONO PARLARE

Roberto Maroni

    Due piazze contrapposte, due leader giovani e ambiziosi, due mondi che si osservano con apparente ostilità e qualche conturbante ammiccamento. La piazza della Leopolda di Matteo-R e quella romana di Matteo-S (in ordine alfabetico, non di importanza…) rappresentano una novità non da poco nella politica di oggi e – soprattutto – in quella che presto arriverà. Lo show di “Porta a porta” non è stato solo lo specchio dell'ego narcisistico. Nella “Terza Camera” è stato piantato il seme di un progetto ambizioso di leadership futura, che vede i due Mattei diversi ma simili, avversari ma alleati nella ricerca dell'egemonia (rottamatoria) nei rispettivi campi: Renzi nei confronti del vecchio mondo di sinistra-centro guidato da un gruppo dirigente troppo timido, Salvini verso quel centrodestra berlusconiano ormai decrepito che lui considera già in archivio, nonostante la presenza, in piazza, di tutti gli storici attori. Non a caso Salvini ha sparigliato con la professione di fedeltà all'euro, e Renzi alla Leopolda ha ingaggiato (pensate un po') i guru della campagna di Trump. Chissà quindi che non abbia ragione il direttore Cerasa, che sabato scorso sul Foglio ha lasciato intendere che in un futuro non troppo remoto non è da escludere un accordo Renzi-Salvini (di combinazioni strane in fondo ne abbiamo viste tante, no?) per formare un governo del super-cambiamento capace di rottamare quel che resta della classe politica di oggi. Incontri ravvicinati del terzo tipo? Vedremo. Ma intanto occupiamoci del presente. Le sorti della maggioranza gialloverde e del suo governo (e dal mio punto di interesse del centrodestra) le vedremo con nettezza fra tre mesi: a gennaio 2020. E qui attenzione a due date: il 20, quando la Corte costituzionale deciderà sull'ammissibilità del referendum propositivo del sistema elettorale maggioritario puro, promosso dalla Lega, e sottoscritto da quasi tutti i consigli regionali di centrodestra, e il 26 gennaio, quando si voterà in Emilia-Romagna. Personalmente considero il voto in Umbria, tra una settimana, meno influente, e magari è possibile che il Pd perda quella storica regione rossa. Ma sarà in fondo un altro momento di transito come gran parte di ciò che contraddistingue la politica in questi giorni, dove da entrambe le parti, governo e opposizione, vediamo molta tattica e molta propaganda. Si nota qualche tentativo di definire una strategia chiara sulle future alleanze e sul controverso rapporto con l'Unione europea, ma c'è ancora tanta nebbia e poca lucidità. Naturalmente poi la politica stessa è sempre pronta a smentirti, basta un'imboscata parlamentare, basta un'intercettazione maligna o un'inchiesta, un qualsiasi incidente a capovolgere tutto. Ma la tendenza e la volontà delle due parti è di arrivare intanto al crocevia di gennaio. Che però per Salvini sarà ben più di un crocevia: perché lui lì tenterà di giocare e vincere la partita di ritorno di quella persa clamorosamente ad agosto, partita che aveva in ballo (lo ha rivendicato lui) i pieni poteri: sul governo e ovviamente sul centrodestra, un centrodestra o forse una destra-destra che nelle sue intenzioni sarà un partito, o meglio un movimento, quasi monolitico, poco moderato, orbitante intorno a lui stesso e con scarsissimo spazio per pochi satelliti. E, aggiungo io, con una classe dirigente in buona misura inedita, con poco spazio per la Lega che molti di noi hanno fondato e via via vissuto e visto evolversi in questi decenni; dunque un personale politico, e mediatico, quasi tutto nuovo, come abbiamo già visto nei 14 mesi del governo gialloverde.

    Così dopo il meteorite salviniano che si è abbattuto sulla politica italiana l'8 agosto, con il tentativo non riuscito di rovesciare il governo al quale la Lega partecipava, andare alle elezioni e aprire le porte alla “Repubblica del cambiamento”, sarà in Emilia-Romagna che vedremo se è in arrivo sulla politica italiana un altro meteorite. Se l'attuale governatore Stefano Bonaccini, candidato sulla carta molto forte, dovesse perdere, credo che accadrà come nel 2000, quando Massimo D'Alema fu costretto a dimettersi da Palazzo Chigi dopo la sconfitta nelle regionali. Neppure questa volta il partito reggerà, e il governo dove tra l'altro a Palazzo Chigi non c'è un D'Alema ma Giuseppe Conte, io penso che possa cadere. In quel caso si potrebbe andare alle urne per il Parlamento nazionale di lì a poco, probabilmente a giugno 2020. A quelle elezioni, con buona pace degli accordi stretti in questi giorni con Fratelli d'Italia e quel che rimane di Forza Italia, Salvini andrà in pratica da solo, come dominus, presentandosi stavolta non come “uomo del fare” ma come trionfatore “sul governo dei poltronari”. E questa volta, facendo tesoro dei suoi errori recenti, potrebbe essere una vittoria ben più che totale e la possibilità è quella di chiudere la Seconda Repubblica mandando in archivio gli ultimi 25 anni dando corso a un ricambio generazionale mai visto. Se invece Bonaccini verrà confermato in Emilia, magari con qualche accordo tra Pd e i Cinque stelle, e la sinistra segnerà il secondo punto pesante dopo la vittoria quasi casuale dello scorso agosto, allora accadranno due cose.