Là dove c'era Pisapia
AMilano all'interno della sinistra c'era paura a parlare di sinistra. Quello che il Partito democratico cercava era un candidato che non avesse odore di sinistra. La parola magica sembrava essere solo una: centro”. Quando Giuliano Pisapia scrisse queste parole nel suo “Milano città aperta” era il marzo 2015. Un'èra politologica fa. E aveva preannunciato che non si sarebbe ricandidato come sindaco di Milano. E così, quasi un lascito spirituale, ripercorreva il percorso che lo aveva portato a Palazzo Marino. Cinque anni prima, sotto le unitarie bandiere arancioni che unirono provvisoriamente la coalizione, in quell'estate del 2010 nacquero i “pisapiani”. Erano quelli di sinistra. O sinistra-sinistra, come si dice adesso. Radicali sui diritti, intenzionati a combattere quello che sostenevano fosse un sistema corrotto, o corruttivo. Legalità fu la parola d'ordine della giunta Pisapia. E Pisapia aveva un obiettivo: “Aiutare una nuova classe dirigente a crescere, trasformare i più giovani in protagonisti”. Concludeva l'avvocato: “Sono obiettivi che credo di aver raggiunto”. A nove anni da allora i pisapiani non esistono più. E' morta la “cosa arancione”, due volte. Ed è morta la “cosa rossa”, una volta. L'esperienza di Campo progressista è deceduta. “Siamo qui, orfani del papà”, mormora qualcuno pensando all'aereo su cui il genitore politico che se ne va avanti e indietro da Bruxelles, parlamentare europeo. Certo, a Milano, i pisapiani esistono ancora. Sono rappresentati, e di livello e in un numero sufficiente, all'interno delle istituzioni, del Consiglio comunale e non solo. Ma di fatto, politicamente, non hanno più una casa da molto tempo.
Beppe Sala, rispetto alla descrizione di Pisapia, è proprio quel candidato che non “odora” di sinistra, anche se il mondo alla sinistra del Pd (leggasi Majorino) l'ha fatto innamorare con la sua radicalità sui diritti, che bilancia il suo pragmatismo sui piani di sviluppo urbano. Ma a due anni dalle prossime consultazioni è tempo – per quel mondo che esiste a sinistra del Pd, ma che non vuole entrare nel Pd, ovvero quegli orfani di Pisapia che misero tra i valori fondanti il non appartenere ai dem – di farsi un'idea precisa di dove vogliano e possano andare. Anche considerando che con i chiari di luna nelle regionali e con la nuova formazione di Matteo Renzi lo spazio della sinistra si è fatto assai terremotato. Sotto quali insegne si potrà marciare? Anita Pirovano, consigliera comunale, con il Foglio la butta sul contenuto: “Milano è una città che va veloce, ma che non capisce di avere più velocità di marcia. Ci sono le periferie, ma tutto si muove. Così alla fine spesso non si sente neppure più il bisogno della rappresentanza. Eppure c'è bisogno di rappresentanza per i nuovi lavori, i nuovi cittadini. Dobbiamo uscire dallo schema classico che vede opposti inclusione e innovazione. Insomma, abbiamo bisogno di una casa. E in fretta”. Concetto complicato. A sinistra dei pisapiani il resto è magmatico anche se i bene informati pensano che in caso di elezioni solo e unicamente Rifondazione potrebbe decidere di ballare da sola. Tutto il resto si riassorbirà, avendo ormai abbandonato la tesi che un quarto polo di sinistra sia possibile. Stampelle al corpaccione grosso del Partito democratico nella mission di bloccare le velleità leghiste su Milano. Possibile, Sinistra per Milano, i Verdi: esisteranno come liste separate nel giro di due anni? Improbabile. A dirla con il giornalista di Repubblica Matteo Pucciarelli, sull'onda dell'Umbria, “una volta ci toccava votare partiti del 3 per cento. Ora dello 0,3 per cento”. I pisapiani però non dovrebbero essere della partita unitaria. Se Beppe Sala si ricandiderà, il che continua ad essere argomento controverso, allora potrebbero essere la nuova lista Sala, quella che oggi porta il nome del sindaco ma i cui esponenti sono tutt'altro che innamorati del primo cittadino. Se Beppe Sala non si ricandiderà, allora saranno dolori. A Milano, per esempio, non esiste l'opzione di un accordo con i pentastellati. Nessun punto di contatto in questi anni di amministrazione. Certo, l'opzione di entrare nell'ala sinistra del Pd esiste sempre, e qualcuno ci spera anche, dopo averli trascinati a votare Nicola Zingaretti, che possano essere i nuovi acquisti di un mercato politico asfittico. Ma davvero i portatori della bandiera arancione, quelli che erano alternativi al Pd, finiranno nel Pd? C'è chi giura di no. E c'è chi inizia a temere di essere giunto all'ultimo giro di chiglia. Del resto, come diceva papà Giuliano, “sulla via del rinnovamento che abbiamo inaugurato, nessuno deve sentirsi indispensabile”. Quasi una profezia. Di quelle da fare gesti scaramantici, però.
Fabio Massa
Il Foglio sportivo - in corpore sano