COME SI DIVENTA SARDINE

David Allegranti

    Ferrara. “Bologna non si Lega”, “Modena non si Lega”, dicono le “sardine” che hanno riempito piazza Maggiore e piazza Grande e non vogliono con sé né bandiere né simboli di partito. Ferrara invece s'è legata benissimo. Prima nel 2018, alle elezioni politiche, dove una leghista sconosciuta – Maura Tomasi – ha battuto il super rodato Dario Franceschini 39,66 per cento a 29,15. Quello stesso Franceschini che l'anno prima era stato fischiato durante una partita della Spal. Episodio che in città viene spesso menzionato: quella volta che il principe di Ferrara fu spernacchiato. Poi, pochi mesi fa, la Lega ha vinto anche le comunali. Pure qui numeri e confronti storici aiutano a capire, ma non dicono tutta la vicenda. I numeri sono una dittatura, come l'amore degli Zen Circus; li usa il governatore uscente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini con il nuovo look da hipster per spiegare che l'economia va bene, il pil tira di brutto, la disoccupazione è diminuita e quindi non si capisce proprio perché la popolazione dovrebbe scegliere l'avversaria Lucia Borgonzoni. “Se il consenso dipendesse dagli indicatori di efficienza razionali, l'Emilia-Romagna, confrontata col resto del paese, dovrebbe restare nelle mani dei suoi ‘grandi mediatori', ormai secolarizzati e immunizzati dai residui ideologici d'antan: servizi sanitari di qualità, scuole attrattive (nonostante il calo demografico), un welfare ancora generoso grazie alle risorse regionali e municipali, elevata qualità della vita”, scrive il professor Roberto Balzani, storico, avversario di Bonaccini alle primarie del 2014, in un articolo sulle prossime elezioni regionali uscito sull'ultimo numero della rivista il Mulino. La realtà però è più complessa di una piazza piena a Bologna o di un indicatore economico regionale favorevole. “L'anarchia la trovi dentro ogni emozione”, cantano appunto gli Zen. Ci sono i sentimenti di rabbia, la percezione di un'aggressione, c'è l'occupazione degli spazi da parte della Lega. I leghisti di Ferrara lo sanno bene. “Hanno fatto campagna elettorale andando ovunque, pure nei bar”, dice al Foglio Irene Bregola, ex consigliera comunale di Rifondazione comunista e candidata di Leu alla Camera alle politiche del 2018, seduta in una sala da tè del centro. L'attuale vicesindaco, Nicola “Naomo” Lodi, di professione barbiere, consigliere più votato con 1.200 preferenze, noto alle cronache per le sue magliette con la scritta “Più rum, meno rom” e i suoi video anti migranti (che chiama “diversamente bianchi”), in campagna elettorale era ovunque. Fisicamente e su Facebook, dove per mesi ha martellato contro degrado e spaccio. O meglio, per anni. Le cronache ricordano quando nel 2016 il leghista Lodi si fiondò a Gorino, minuscola frazione di Goro, altrettanto minuscolo comune della provincia ferrarese (3.679 abitanti) per le note barricate contro 12 migranti. Di recente c'è stato un caso analogo, in seguito alla diffusione della notizia di un imminente arrivo di 35 migranti a Ravalle, frazione di Ferrara di 300 abitanti attaccata al comune di Bondeno. I residenti hanno protestato e in questo caso anche il Pd si è unito alle lamentazioni. “Ravalle è una comunità troppo piccola per sopportare un peso che le verrebbe buttato addosso in modo così improvviso”, ha scritto il segretario e consigliere del Pd a Bondeno, Tommaso Corradi. “La frazione è troppo piccola, è senza servizi e senza capacità integrative”, dice Corradi al Foglio. “Sembra che si parli di questi 35 migranti come oggetti da mettere in un deposito e non come persone. Servono reali procedure di integrazione, per questo chiediamo che ci sia sempre di più una statalizzazione dell'accoglienza. Lasciare tutto in mano a privati e cooperative nella maggioranza dei casi è stata una cosa positiva, specie nelle nostre zone, ma in altre realtà e in situazioni di solo lucro, può diventare un terno al lotto. Le persone non possono essere un numerino che arricchisce qualcuno”. E' un problema per i migranti, spiega Corradi, ma anche per le persone che percepiscono un senso d'insicurezza: “Alla nostra festa de L'Unità, che dura un mese, i nostri elettori ci chiedono più sicurezza e dicono che le persone devono integrarsi”.

    A Ferrara c'è un problema di spaccio gestito dalla mafia nigeriana. Gli spacciatori, che nascondono la droga nei contatori di Hera, li vedi in bicicletta per il quartiere Giardino Arianuova Doro, per tutti noto come Gad, specie vicino alla stazione, dove ci sono i due grattacieli stra-raccontati da tv e giornali, quelli con le case di settanta metri quadri svendute a dieci-ventimila euro perché la gente non ci vuole abitare. I residenti hanno formato comitati, i problemi non sono mai stati risolti. Al punto che persino l'agguerrito presidente dell'Associazione Residenti Gad, Giuliano Zanotti, medico, ha dato l'addio al quartiere per trasferirsi altrove. Un paio d'anni fa è arrivato pure l'esercito, spedito dall'ultimo governo di centrosinistra, e a dare l'annuncio fu Franceschini. “Le amministrazioni, anche di centrosinistra, devono farsi carico della percezione o della dis-percezione dei cittadini, che hanno bisogno di sicurezza, sociale e non solo. Per questo c'è bisogno anche di una prossimità fisica nei luoghi del disagio, garantendo dei presidi di natura sociale”, dice Bregola.

    • David Allegranti
    • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.