L'insensatezza sofisticata di una macchinetta fotografica
Se c'è una cosa insensata che si può fare nel 2019 è comprare una macchina fotografica digitale senza essere un fotografo professionista. C'è l'iPhone e ci sono i Samsung e i Sony e tutti gli altri smartphone che coprono il 95 per cento delle esigenze fotografiche di qualunque persona non debba fare foto sportive o ritratti professionali. Usate gli smartphone e risparmiate i vostri soldi. Ecco, questa recensione di una macchina fotografica è finita. Ciao.
Ma se volete entrare con me in quella tana del coniglio di insensatezza deliziosa che sono le macchine fotografiche nel 2019, ecco una sottocategoria ancora più insensata: le macchine fotografiche digitali compatte. Nel loro momento di gloria tra l'inizio degli anni Zero e l'inizio degli anni Dieci, le compatte erano ovunque. La mia mi era stata regalata per un compleanno quando ero alle scuole medie. Era poco più grossa di un iPhone di adesso e faceva foto molto più brutte di un iPhone di adesso, ma vedere sullo schermo minuscolo la foto appena fatta, e poterne scattare moltissime, tante quante ne consentiva la scheda di memoria da 256 megabyte, sembrava il futuro – e a prenderla in mano ci si emozionava, perché in un periodo in cui la musica si ascoltava ancora dai lettori cd portatili quelle macchine fotografiche erano la prima esperienza con l'immaterialità del digitale fuori dai computer desktop di casa, era il primo digitale che si poteva portare in giro, che magia.
Dopo l'uscita degli smartphone le compatte si sono estinte, avere a che fare con il digitale non era più una novità, chi voleva fare il figo si comprava la reflex, tutti gli altri facevano le foto con il cellulare. Ormai gli unici e rarissimi esemplari di compatta con la plastica tutta grattata si trovano in mano agli anziani delle comitive di turisti che sciabattano per le città d'arte europee. E dunque capirete quanto fa strano, nel 2019, prendere in mano una macchina fotografica digitale compatta e tornare un po' a emozionarsi. La macchina in questione l'ha fatta Sony, è uscita qualche mese fa ed è la settima edizione di una lunga genealogia di macchine fotografiche digitali compatte che sfidano le leggi del mercato. Il processo di creazione di questa fotocamera dev'essere andato più o meno così. Durante una riunione un ingegnere di Sony si è alzato e ha detto: prendiamo un prodotto che non compra più nessuno come una macchina fotografica compatta, mettiamoci dentro così tanta tecnologia da far girare la testa, diamole un nome poco intuitivo e vediamo come va. In qualunque azienda l'ingegnere sarebbe stato cacciato. A Sony invece hanno fatto la RX100, la prima è uscita nel 2012, quella che ho preso in mano io è la settima della sua specie, è la RX100 mVII (il nome si complica), ed è una macchina fotografica più piccola di un iPhone che fa foto eccezionalmente migliori di un iPhone.
Sony ha l'abitudine molto nerd di voler strafare quando si parla di caratteristiche tecnologiche. La RX100 mVII ha un sensore di ottima qualità, il mirino elettronico, lo schermo snodabile, un sistema di autofocus da reflex di alta gamma, vari metodi di stabilizzazione, uno zoom lunghissimo, un grandangolo notevole, qualità video semiprofessionale, controlli manuali, e potremmo andare avanti ancora per un bel po'. La componente video è molto importante, perché la macchinetta Sony è molto usata dagli youtuber, anche da quelli con milioni di follower, ed effettivamente i video sono eccezionali. Ma per me tornare ad avere una macchina fotografica compatta tra le mani ha significato questo: circa un mese fa ero in Armenia, e una sera dovevo partecipare a una cena piuttosto formale. Prima di uscire dall'hotel ho infilato la macchinetta Sony nella tasca della giacca. E' l'unica macchina fotografica con zoom che si può tenere in tasca. Gli armeni si vantano molto che Yerevan, la loro capitale, è sicura anche di notte, e dopo la cena ho fatto un giro per la città, ero vicino al memoriale per il genocidio armeno, un monumento molto scenografico su una collina. Ero da solo, la città sotto risplendeva, dentro al monumento c'è una grande fiamma che non si spegne mai per ricordare la morte di milioni di armeni. Ho fatto un po' di foto con la Sony. Avrei potuto farle anche con il cellulare, ma sarebbero venute un pasticcio. Era buio e le luci rendevano difficile l'esposizione. Con la Sony, invece, si vedeva perfino qualche stella in cielo.
Gli esperti di fotografia dicono sempre che “la miglior macchina fotografica è quella che porti con te”, e questa definizione ricade quasi sempre sullo smartphone. Ma quello che probabilmente il nostro ingegnere di Sony si è chiesto è: e se fosse possibile avere una macchina fotografica che porti sempre con te e che è una macchina fotografica vera, che fa foto e video di una qualità che gli smartphone ancora non si possono permettere? Così quei pazzi giapponesi della Sony hanno creato un prodotto molto di nicchia e molto sofisticato per quella piccola categoria di persone che proprio non se la sente di fare le foto con lo smartphone. E' un oggetto che se sei la persona giusta ti fa emozionare, sempre che emozionarsi sia la parola corretta. E ovviamente le emozioni, nel Ventunesimo secolo, hanno un prezzo. Circa milletrecento euro.
Eugenio Cau
Il Foglio sportivo - in corpore sano