L'italia spiegata con jovanotti

Stefano Pistolini

    Ciao Lorenzo, ben ritrovato. Viaggio di dicembre nella pioggia, per andare a trovare Jovanotti a casa sua, a Cortona, dove per arrivarci bisogna salire, bucando le nuvole e poi aggirandosi per deserti vicoli acciottolati, tra tinte scoraggianti (lupo ululì, castello ululà – ma la metropoli, Lorenzo, dov'è finita la metropoli pulsante?). Strano che per incontrare l'eroe del formidabile caravanserraglio estivo appena trascorso, il Jova Beach Party che ha intrattenuto un'Italia riscopertasi a centralità balneare (Papeete, ricordate?), si viaggi in uno scenario così altero, da poesia ottocentesca, entrando in una casa silenziosa e solitaria e nel tempo sospeso del dopo-party. Il motivo per conversare è l'album di Jovanotti uscito a sorpresa in questi giorni, “Lorenzo sulla Luna”, un concept sulle immagini lunari nella canzone italiana attraverso una sequenza di pezzi celebri della nostra tradizione, rifatti da Jovanotti a modo suo, con in più un brano inedito e ispirato. E' flagrante la distanza con l'afflato totale del progetto Jova Beach Party (JBP), parata di suoni, colori e profumi, grandeur dell'empatia, equivocata e criticata non poco, ma anche goduta da 700 mila persone che non la dimenticheranno mai. Invece ecco questo disco piccolino, umile, un po' snob, intrigante per gli addetti ai lavori e inaspettato per il pubblico perché, diamine, Jovanotti che canta Gianni Togni e Modugno è una notizia strana, su cui fino a qualche tempo fa ci sarebbe stato chi avrebbe preso posizione – adesso per fortuna no, adesso l'album atterra placidamente nel mercato natalizio e saprà farsi apprezzare per com'è lieve, post-tutto, bizzarro da collocare e da capire, a patto gli si voglia trovare un posto nel percorso del musicista italiano più complicato da incasellare. Certamente un divertissement alla fine preso sul serio, uno spunto lasciato crescere finché ha assunto una forma, un progetto sulla canzone italiana, oltre che di canzoni italiane. E l'occasione per tornare laddove Lorenzo ha vissuto la sua recente epifania artistica, nell'incontro, la collaborazione, e la reciproca scoperta con Rick Rubin, il più influente produttore espresso dal mercato americano negli ultimi anni, divenuto il miglior consigliere artistico di Jovanotti, il suo ispiratore e, probabilmente, un grande amico.

    Nel momento della crisi, infatti, Jovanotti non è andato dallo psicanalista: è andato da Rubin con un po' di canzoni nuove e diverse questioni su cui fare chiarezza: dove andare con la mia musica? Come liberarmi di un pesante bagaglio di esperienze, senza smarrirne il valore? Come si fa la musica con convinzione, passati i 50, in quella famosa fase in cui si comincia a riflettere sulle prossime mosse? La “cura” funzionò bene e ne è uscito “Oh Vita”, l'album del 2017, giusto due anni fa. Lorenzo ha ritrovato la connessione con la sua energia e con l'intensità su cui ha costruito la propria carriera. E i contatti sono stati riattivati proprio da questo produttore carico di successi ma anche un po' magico, un santone laico che tratta il pop come una mistica, a cui si accede spogliandosi degli orpelli inutili. Rubin è penetrato nella psiche di Lorenzo e ha toccato i gangli giusti. Non diventi il producer più famoso del mondo, se non sai fare queste cose. E in un baleno Jovanotti, che è sempre stato un tipo svelto, ha visto placate le ansie e soddisfatti alcuni interrogativi – almeno quelli legati alle forme e alle motivazioni. E ha capito che il sodalizio con Rubin era una svolta da stabilizzare nel suo percorso. Così, alla prima occasione l'ha rifatto, quando tutti e due avevano una settimana per chiudersi nello studio a Malibu, con pochi collaboratori fidati e un'intuizione venuta a Lorenzo mentre già allestiva il gran carrozzone del JBP, il suo progetto visionario quanto un'impresa di Fitzcarraldo. “Sono partito con l'idea di stare a vedere che succedeva”, racconta Lorenzo. “Gli ho spiegato che volevo fare queste canzoni italiane che parlano della luna e che volevo le ascoltasse, perché Rubin non sa niente di musica italiana, musicalmente è centrato solo sulla sua cultura. Ci siamo divertiti e abbiamo cominciato a registrare in maniera informale. Da subito l'idea non era di suonare delle cover, ma di dar forma compiuta a un progetto, al cui centro c'era la Luna, che è il ricordo più forte della mia infanzia e che è la protagonista di tante splendide canzoni di Dalla, Fossati, Modugno, la Vanoni… E volevo cimentarmi con la mia voce, una sfida che posso affrontare solo su canzoni non mie, mettendomi alla prova cantando cose che non mi appartengono. Cosa diventa la mia voce, entrando dentro a un pezzo di Dalla?”. Insomma non si trattava di rifare, di misurarsi con, ma di cantare con la naturalezza del proprio stile.