Tridico sulle Stelle
Roma. Peccato che proprio l'altroieri i vincitori del Nobel per l'economia Esther Duflo, Abhijit Banerjee e Michael Kremer, studiosi che si sono occupati di povertà, abbiano tenuto la loro lecture a Stoccolma. Peccato, perché quel discorso avrebbe potuto pronunciarlo un economista che sulla lotta alla povertà presenta risultati molto più grandiosi e sorprendenti dei “randomized controlled trials” sulle zanzariere in Africa: il presidente dell'Inps Pasquale Tridico. Il già consigliere di Luigi Di Maio diffonde ormai da giorni un dato incredibile sull'impatto della misura fortemente voluta dal M5s: con il Reddito di cittadinanza il tasso di povertà è diminuito del 60 per cento. Lo ha detto in un'intervista a “L'Economia” del Corriere del Mezzogiorno: “L'impatto che abbiamo calcolato del RdC su povertà è di una riduzione forte dell'intensità della povertà, di circa -8 per cento, una riduzione di circa -1,5 per cento dell'indice di Gini, cioè della disuguaglianza, e di circa -60 per cento del tasso di povertà. Questi dati sono straordinari”. L'intervista del presidente dell'Inps è stata subito rilanciata dall'house organ del partito, il Blog delle stelle. Il contenuto è stato poi diffuso da un giornale vicino al M5s: “Abolita no, ridotta di molto sì. Povertà, l'impatto del Reddito”, titola il Fatto quotidiano. “L'impatto sulla riduzione del tasso di povertà assoluta è tra il 59 e il 60 per cento”, scrive il giornale. E a ruota arriva anche la dichiarazione del viceministro dell'Economia Laura Castelli: “I dati elaborati dal centro studi e ricerche e dal coordinamento statistico dell'Inps non lasciano dubbi: il reddito di cittadinanza funziona! – scrive su Facebook – L'impatto è stato clamoroso: si è più che dimezzato (-60 per cento) il numero di persone in condizioni di povertà assoluta”.
Ma guardando a fondo l'origine di questo dato incredibile, si scopre non solo che Tridico non potrebbe presentarlo sul palco del Nobel, ma che difficilmente potrebbe presentarlo su qualsiasi rivista scientifica e non (a meno che non sia del M5s). Perché il dato sulla riduzione del 60 per cento del tasso di povertà non ha alcun fondamento serio. Il Fatto quotidiano parla di una presentazione sul reddito di Cittadinanza dell'Inps mostrata a una missione della Commissione europea lo scorso 5-6 novembre a Roma. Quale migliore occasione per presentare alla Commissione i fantastici risultati del Reddito di cittadinanza? Ma in quella presentazione, che il Foglio ha potuto visionare, il dato sul -60 per cento di povertà assoluta non c'è. Ci sono altri dati sull'impatto del Rdc: la riduzione dell'indice di Gini sulla disuguaglianza dei redditi (-1,2 per cento); la riduzione dell'intensità di povertà (-8 per cento); la riduzione della povertà relativa (-0,8 per cento). A questo punto un osservatore, neppure tanto acuto, si sarebbe fatto un paio di domande: perché il dato sul “più che dimezzamento” della povertà assoluta non è stato presentato? E come è possibile, se la povertà assoluta diminuisce del 60 per cento, che la povertà relativa si riduca solo dello 0,8 per cento? Secondo l'Istat la povertà assoluta è di circa 5 milioni e quella relativa di 9 milioni: se la povertà assoluta fosse calata del 60 per cento (3 milioni di persone), sulla povertà relativa si sarebbe dovuto vedere un effetto molto superiore a -0,8 per cento (700 mila persone). Perché questa incoerenza?
Perché il dato diffuso da Tridico non è una cosa seria, ma una semplice uscita propagandistica che toccherebbe al responsabile della comunicazione del M5s, Rocco Casalino, e non al presidente dell'Inps. Infatti, a differenza degli altri dati che mostrano variazioni coerenti di povertà e disuguaglianza, la variazione della povertà assoluta non si basa su simulazioni microfondate del Centro studi dell'Inps, ma è un semplice rapporto tra il numero di persone che hanno diritto a chiedere il reddito di cittadinanza e il numero di poveri assoluti secondo l'Istat. Come riporta la Banca d'Italia, infatti, la platea dei potenziali percettori del RdC coincide solo in parte con i “poveri assoluti”. Perché le condizioni per accedere al Rdc sono più restrittive: “Il 6 per cento degli individui classificabili come ‘poveri assoluti' non rispetterebbe il requisito di residenza e circa il 35 per cento non sarebbe in possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali” (6 più 35 fa 41). Il 59-60 per cento (il dato citato dal Fatto) non è quindi il tasso di poveri assoluti in meno, ma il tasso di poveri assoluti “eleggibili” al beneficio. Per misurare l'impatto effettivo, un economista serio controllerebbe quanti realmente hanno ottenuto il sussidio, se questi erano realmente poveri assoluti e se il trasferimento è sufficiente a uscire dalla povertà assoluta (cosa che è quantomeno dubbia per le famiglie numerose, visto che sono penalizzate da una scala di equivalenza “accorciata”). Per Tridico non servono studi seri e microfondati, ma una semplice divisione: il solo fatto di avere diritto a chiedere il Rdc sconfiggerebbe la povertà assoluta. Automaticamente. Una inferenza non da Nobel, non da economista, non da presidente dell'Inps, ma da produttore di contenuti per il Blog delle stelle.
Luciano Capone
Il Foglio sportivo - in corpore sano