Arriva un 2020 carico di gatte da pelare per tutti i partiti. Breviario
A nno nuovo, problemi che si trascinano dal vecchio. A ogni forza politica il suo, spesso di difficile risoluzione. Di ottimismo da venditore di almanacchi, pochino e quasi nulla. Panettoni, già di più, a scalzare finalmente il pandoro dal podio dei preferiti in favore della tradizione. Breviario minimo delle sfide del 2020.
BEPPE SALA - Prima di tutto il rimpasto. E' una sfida per tutti, ma più di tutti per il sindaco che con la squadra in via di completamento dovrà percorrere l'ultimo miglio di mandato. E pensare alla ricandidatura. L'idea del primo cittadino è che a casa non si lascia nessuno. Anche chi non performa al meglio non viene lasciato indietro. Un po' per non mettere in discussione tutti gli equilibri, scatenando gli appetiti dei consiglieri comunali (per il resto, alquanto silenti), un po' per non dover ammettere di aver sbagliato qualche scelta (del resto cosa alquanto normale per qualunque amministrazione). Così il rimpasto sarà soprattutto sulle deleghe, e con un ingresso nuovo di zecca. L'idea del primo cittadino è di coprirsi a sinistra, visto che il Partito democratico è ampiamente rappresentato. Certo, mugugnerà. Ma oggi il sindaco sa di essere ampiamente in vantaggio. E' Sala il traino, a fronte di una segreteria nazionale assai debole e alle prese con i problemi del governo che giorno dopo giorno impegnano e occupano i pensieri di Nicola Zingaretti. Subito dopo il rimpasto ci sarà l'attività amministrativa da impostare per propiziare la campagna elettorale e il secondo mandato, ammesso e non concesso (nulla è scontato come sembra) che Beppe Sala abbia voglia di ricandidarsi. Il sindaco è conscio che la narrazione deve cambiare e che l'arma che spesso brandisce Salvini (“avete pensato solo al centro e non alle periferie”) va spuntata non con il dibattito politico, ma con i fatti. E' stato quindi scritto, ed è questo nei piani di Sala, che il sindaco vuole un progetto da completare prima delle elezioni che sia il modello da portare agli altri quartieri. Dunque, potrebbe essere il completamento di CityLife. Risolto un problema, lo si porterà a modello per gli altri, per spiegare alla gente che sì, alle periferie ci si è pensato e che una via c'è. Il cambio di narrazione c'è già. Sempre di più, anche a fronte delle classifiche – vere, false – sulla qualità della vita, il sindaco non reagisce da “imbruttito” ma ponendo al primo posto l'attenzione agli ultimi e – direbbe Giorgio Gori – ai penultimi. E proprio all'autocritica di Gori dopo la sconfitta delle regionali, che lo ha rilanciato alla grande come sindaco di Bergamo, dovrebbe pensare Sala nella sua volontà di coprirsi a sinistra: “A forza di parlare degli ultimi ci siamo scordati di parlare ai penultimi e ai terzultimi”, diceva Gori. E aveva ragione.
I DEM - C'è un fatto incontrovertibile. Se Beppe Sala si ricandida e vince, ogni pretesa del Partito democratico sarà smorzata come lo fu quella degli azzurri nel secondo mandato di Albertini. Quello che è da vedere è quanto i Dem saranno coinvolti nella campagna elettorale per il 2021, che inizia al più tardi nella primavera del 2020. Anche se tutto fa pensare che se la Lega non giocherà la partita (difficile, Salvini a Milano ci tiene), il ruolo più importante lo giocherà Sala, parlando di se stesso come sta facendo Bonaccini in Emilia Romagna. In questo contesto, l'operatività politica del Pd sarà più marginale. I consiglieri che saranno eletti avranno ancora meno chance di mettersi in luce. Vicino a una supernova, è difficile brillare, se non di luce riflessa. Intanto però vanno poste le basi per una “resistenza” sulla linea del Lambro, in città. Perché la sfida non è solo tra chi vince e chi perde per lo scranno più alto. Ma anche e soprattutto sulle liste. Da anni il Pd inanella performance superiori alla media nazionale e comunque lusinghiere, in città. Una riduzione netta dei voti nelle urne verrebbe letta come una sconfitta. Altra sfida per i dem è il controllo delle correnti. Un tempo, a Milano, erano tutti renziani. Oggi non ce n'è nessuno, nel Pd. Chi doveva andare in Italia viva è andato (e qui c'è un'altra sfida, per Iv: come differenziarsi, dove andare a parare, chi chiamare a governare il processo). Chi è rimasto è un ex renziano, da una parte, e le antiche ma forti correnti di sempre: Franco Mirabelli e i suoi, Matteo Mauri e i suoi. Tutti divisi, hanno da giocare partite di predominio gli uni sugli altri. Sempre che non cada il governo (eventualità da non escludere). In quel caso il ritorno dei parlamentari sui collegi renderebbe la situazione ancora più intricata.
SARDINE - La sfida del 2020, per le Sardine, è semplicissima da spiegare. Sopravvivere. Più che alla sconfitta in Emilia Romagna, a una eventuale vittoria. Una vittoria leverebbe il senso dell'urgenza, il motore dell'opposizione a Matteo Salvini, la spinta ideologica. Per ora, le Sardine per il Partito democratico sono un'operazione senza rischi: riempiono le piazze, si collocano nel centrosinistra e non si costituiscono in un partito. Ma questa operazione, per i pesciolini, è un relegarsi nella contingenza. E a Milano non si ragiona mai sulla contingenza, ma sulla prospettiva. Come fare a sopravvivere sotto la Madonnina dove la Lega alle ultime elezioni amministrative non è andata bene e dove ha toni ed emotività assai diverse che nel resto d'Italia? Dove è più moderata e meno tesa a spaventare il ceto produttivo? La sfida è tutta qui: cercare di non passare per i soliti radical chic dei Girotondi, poi coloratisi di arancione e finiti a far le sardine. Per farlo, ci vuole una piattaforma che sia concreta e che vada oltre il bon ton.
FORZA ITALIA - Pure per Forza Italia l'unico obiettivo è respirare ancora un po'. Resistere resistere resistere. Sopravvivere. I sommersi e i salvati si distinguono facilmente. I salvati sono quelli che hanno le elezioni lontane, come i consiglieri regionali, e gli europarlamentari. I sommersi sono quelli che tra pochissimo dovranno andare a confrontarsi con le urne, e che quindi inizieranno a friggere sulla graticola. Il 2020 dovrebbe essere anche l'anno dei congressi, anche se l'antipasto di quindici comuni nel 2019 non è andato bene: tutti annullati dai probiviri, segno che il divisionismo non è una corrente artistica ma una tendenza dei partiti morenti.
LEGA - Sul Carroccio il discorso è complesso. Matteo Salvini, nella cena con oltre trecentocinquanta persone organizzata da Stefano Bolognini, il segretario milanese, a due passi dalla Regione, ha detto chiaro e tondo che Milano è un obiettivo primario. “Ci vuole un programma giusto, ci vuole un candidato giusto. Non ammetto errori”, ha scandito, di fronte a tutto lo stato maggiore. Non ammettere errori vuol dire provare a vincere. La tendenza attuale è quella di provare a candidare qualcuno della società civile, e qualche idea anche valida già c'è. Il problema è che il partito si deve strutturare sul territorio con proposte che non offendano le orecchie dei milanesi, determinatissimi sul reddito, radicali e avanzati sui diritti, legati ai fatti più che all'ideologia. Dunque, il programma: operazione non scontata. E il candidato: operazione anche più difficile. C'è poi una terza cosa da costruire nel 2020 in ottica elezioni 2021, ovvero la coalizione. Forza Italia è debolissima, ma in città ci sono i giovani leoni di Fratelli d'Italia che hanno comunque grande esperienza: Marco Osnato e Carlo Fidanza. E' da capire se ci sarà una sostituzione negli equilibri dell'alleato principale.
Fabio Massa
Il Foglio sportivo - in corpore sano