Roma. “A livello nazionale avremmo stravinto”, dice Matteo Salvini all'indomani della sconfitta in Emilia Romagna. Il buon governo di Stefano Bonaccini ha pesato, certo, ma a giudicare dall'elevata affluenza (67 per cento rispetto al 37 di cinque anni fa) c'è un fattore in più che ha mobilitato l'elettorato astensionista di centrosinistra. “Sostengo da tempo – spiega al Foglio il professore Luca Ricolfi – che la comunicazione sopra le righe, estremizzata, è di per sé inopportuna: non porta voti, anzi è dannosa. Con quel tipo di argomenti e toni, il corpaccione del ceto medio benpensante si sente naturalmente schierato dalla parte delle sardine. Siamo un paese di ceto medio e se i tuoi messaggi sono interamente indirizzati agli strati popolari ti precludi la maggioranza del paese”. In ER il Pd torna ad essere il primo partito, tallonato dalla Lega. “Il risultato è lusinghiero trattandosi di una regione rossa, il punto è un altro: al di là della debolezza personale della candidata, nessuno si aspettava che i consensi dei partiti di centrodestra sarebbero stati inferiori a quelli di centrosinistra. Dopo il successo umbro, qualcuno aveva sopravvalutato l'inarrestabile ascesa: le regioni rosse, seppure un filo sbiadite, restano tali”. Nel Pd Andrea Orlando chiede di modificare l'“asse politico del governo” alla luce dei nuovi rapporti di forza. “Probabilmente un'azione di riequilibrio ci sarà, la domanda è su quali temi. Se i dirigenti Pd fossero previdenti, eviterebbero di intervenire in modo autolesionistico su immigrazione e ius soli”. Il Conte-bis ne esce rafforzato? “Il premier è alla mercé dei suoi alleati: fossi in lui, non dormirei sonni tranquilli. La durata dell'esecutivo dipenderà dalle azioni di Renzi, se ci sarà o meno un'imboscata sua o dei pentastellati che vogliono essere rieletti ma non con il Pd”. Salvini può dormire sereno? “Stando ai sondaggi, a livello nazionale Pd e 5 Stelle, sommati insieme, valgono quanto la Lega da sola. La fortuna del leader leghista è che nessuno si è ancora reso conto che il centro della destra oggi è incarnato da Giorgia Meloni”. La conquista del centro è pure il pallino di un “orfano” di Forza Italia, come si autodefinisce Marcello Pera, già presidente del Senato. “Il risultato in Emilia mi ha fatto gioire perché equivale al de profundis del M5S. Il voto semplifica lo scenario: il Pd ha ingoiato i grillini che non esistono più, adesso il premier Conte potrà schierarsi apertamente con Zingaretti. Ritorna inoltre il bipolarismo anche se i partiti vorrebbero subito sbarazzarsene varando una legge proporzionale”. A suo giudizio, che cosa ha penalizzato la Lega? “Sebbene Salvini sia ben consapevole che per vincere deve occupare stabilmente il centro liberale e moderato, in ER ha speculato su situazioni complicate. L'insistenza su Bibbiano o la citofonata: Berlusconi non lo avrebbe mai fatto, e il leader leghista avrebbe dovuto evitarlo. La storia insegna che la destra non vince, solo il centrodestra può vincere. I governatori Luca Zaia e Attilio Fontana hanno annullato Forza Italia nelle rispettive regioni perché l'hanno sostituita, ne hanno preso l'intero spazio. Se vuole trasformare la Lega in una forza tranquilla, Salvini deve fare altrettanto”. Lei, presidente, vive a Lucca, e a maggio si voterà anche in Toscana. “Ecco, qui la Lega non può rifilarci un altro candidato così etichettato. Prendano qualcuno da fuori, una personalità meno connotata come di destra. Servono profili con un respiro largo”. Il voto emiliano rafforza il governo? “Conte avrà un margine di manovra ridotto perché, con la débâcle pentastellata, è destinato a trasformarsi da avvocato del popolo ad avvocato del Pd. Il partito di Zingaretti invece è nelle condizioni di negoziare un nuovo programma. Se il M5S assecondasse questo piano si estinguerebbe definitivamente. Aggiungo poi che le elezioni anticipate ora fanno meno paura al Pd, anzi potrebbero essere una opzione per prosciugare quel che resta dei 5 Stelle. L'unico problema è la legge elettorale: il proporzionale, allo stato dell'arte, è solo un regalo di Zingaretti a un movimento in caduta libera e privo di leader”.
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