Ritorno da Wuhan

Enrico Cicchetti

    Roma. Nonostante le straordinarie misure di quarantena, in Cina il contagio del nuovo coronavirus (martedì l'Oms l'ha ribattezzato Covid-19, dove “co” sta per corona, “vi” per virus e “d” per “disease”, malattia) continua a intensificarsi. Mentre gli otto italiani rimpatriati da Wuhan, la città epicentro dell'epidemia, vengono ricoverati al Celio, e mentre il paese si organizza per fare rientrare anche lo studente friulano ancora bloccato in Cina, si è tornati a parlare di un eroe della salute globale che non ha avuto la stessa fortuna: per il microbiologo Carlo Urbani, diciassette anni fa, non ci fu nessun volo di rientro.

    Il medico italiano fu il primo a identificare un altro coronavirus: quello della Sars, la polmonite atipica che colpì l'estremo oriente tra il 2002 e il 2003. Urbani capì subito di trovarsi di fronte a una nuova e pericolosa malattia. Lanciò l'allarme al governo e all'Organizzazione mondiale della sanità, riuscì a convincere le autorità locali ad adottare misure di quarantena e aiutò a studiare e isolare il virus. Secondo l'Oms il metodo anti pandemie che realizzò nel 2003 rappresenta tuttora il protocollo internazionale per combattere questo tipo di infezioni. Urbani salvò migliaia di vite, ma tra le 775 vittime della Sars c'è anche lui. E' morto a Bangkok il 29 marzo 2003, dopo diciannove lunghi giorni di isolamento. Che non furono sufficienti a organizzare un volo per il rimpatrio in alto isolamento. Non ce n'era neppure la capacità. Due anni dopo, durante un outbreak di febbre di Marburg in Angola, si ammalava e moriva la pediatra Maria Bonino. Anche in quel caso nessun volo era possibile.

    N.C., 17enne di Grado, sabato scorso ha guardato sconsolato gli otto connazionali che si imbarcavano sull'aereo della Royal Air Force decollato da Wuhan. Lui, per la seconda volta, è rimasto a terra. Già il 2 febbraio scorso, il ragazzo era stato fermato prima di arrivare alla scaletta dell'aereo. Aveva la febbre a 37,7 quando il limite è 37,3. Era stato portato subito nell'ospedale di Wuahn per i test per il nuovo coronavirus. Risultato negativo, ma intanto ha perso il volo. E anche lunedì scorso, a causa di poche linee di febbre, le autorità cinesi non lo hanno fatto uscire dall'area partenze dello scalo. La Farnesina ha confermato che oggi dovrebbe partire il secondo volo con a bordo personale specializzato e coordinato da un team dello Spallanzani di Roma che atterrerà domani a Pratica di Mare, con a bordo il giovane friulano. Una volta giunto in Italia il ragazzo, come tutte le persone rientrate da Wuhan, dovrà sottostare ai 14 giorni di quarantena.

    Pechino sta subendo pressioni da molti degli stati che hanno cittadini ancora a Wuhan, per poterli rimpatriare, e ottenere il via libera può essere complicato. Se si concede il permesso a una nazione, anche tutte le altre insisteranno per ottenerlo, e a ragione. I motivi per cui i cinesi negano le autorizzazioni sono varie, ma la più importante è che il trasporto aereo di un paziente altamente infettivo è assolutamente controindicato per il rischio di trasmissione della malattia. Dopo i casi di Urbani e Bonino, però, la nostra Aeronautica militare ha iniziato a studiare il problema. Nel 2003 l'Italia contattò l'ingegnere americano Elwyn Roberts, che dopo vent'anni di studi aveva brevettato una barella idonea al trasporto in alto bio-contenimento. Si tratta di un volo speciale sul quale il paziente viaggia all'interno di speciali barelle Ati (Aircraft transport isolator). Un “isolatore” è un sistema costituito da un telaio semirigido sul quale è installato un involucro in pvc (il cosiddetto envelope) che permette l'osservazione e il trattamento del paziente in isolamento. Un motore a batterie consente di mantenere all'interno una pressione negativa. Dei filtri ad alta efficienza impediscono, in entrata e uscita, il passaggio di micro particelle potenzialmente infette e garantiscono la sicurezza per gli operatori sanitari che assistono il paziente. Medici e infermieri della forza armata hanno seguito i corsi di formazione dell'Istituto di malattie infettive dello Us Army nel Maryland. In Europa, solo la Gran Bretagna e l'Italia possiedono questa tecnologia. E' per questo che la Royal Air Force e la nostra Aeronautica militare possono intervenire a Wuhan, bypassando i rigidi protocolli di Pechino.

    La prima operazione, nel 2006, fece rientrare in Italia un paziente affetto da una grave forma di tubercolosi polmonare resistente a ogni trattamento farmacologico. Il 25 novembre del 2014 la stessa unità riportò nel nostro paese il medico Fabrizio Pulvirenti, l'unico italiano ad avere contratto l'ebola mentre prestava servizio da volontario di Emergency in Sierra Leone. Perché l'aereo con a bordo lo studente italiano decolli, bisogna ancora aspettare le autorizzazioni diplomatiche dei cinesi e di tutti gli stati da sorvolare. Ma un volo di bio-contenimento è forse l'unico modo per portarlo via, il più presto possibile.

    Enrico Cicchetti