L'Ue è brava con le regole sulla tecnologia, ora tocca all'intelligenza artificiale
Milano. Quando si parla di regole di internet e del mondo digitale, da qualche anno l'Unione europea è il posto in cui andare. Un paio di anni fa il Gdpr ha creato uno standard regolatorio per la protezione della privacy e dei dati personali di centinaia di milioni di cittadini che è ammirato e copiato in tutto il mondo. Lo stato americano della California ha approvato una legge ricalcata sul Gdpr, e un po' tutti gli esperti definiscono la legislazione europea come un modello virtuoso. Nel campo dell'Antitrust l'Europa, con la commissaria Margrethe Vestager, oggi vicepresidente esecutiva, ha dato l'esempio al mondo su come si tratta con i giganti della Silicon Valley: senza reverenza, e comminando multe che fanno male. Insomma, se gli Stati Uniti sono la terra delle opportunità in tecnologia e la Cina è il luogo dello sviluppo a tappe forzate incentivato dallo stato, l'Europa è il regno delle regole: quando c'è da capire come approcciarsi a una tecnologia nuova, è a Bruxelles che bisogna guardare.
Ieri la Commissione ha presentato due nuove proposte per la regolamentazione di aspetti fondamentali nel mondo della tecnologia, l'intelligenza artificiale e il mercato dei dati – e la domanda di tutti gli analisti è stata: l'Europa riuscirà a ripetere il successo del Gdpr e a rimanere un modello internazionale per la regolamentazione del digitale? La risposta per ora è: non siamo sicuri.
Dei due set di proposte, il più importante e atteso era quello sull'intelligenza artificiale. La presidente von der Leyen, al momento del suo insediamento, aveva promesso una nuova legislazione europea sull'AI nel giro di cento giorni, tanto strategica è la questione. Per ora, ci dobbiamo accontentare di un “white paper”, cioè di un insieme di misure possibili e teoriche che saranno aperte alla consultazione del pubblico fino al 19 maggio, e che poi diventeranno parte di un lungo iter legislativo che probabilmente durerà mesi.
Il white paper cerca di risolvere due ordini di problemi. Da una parte c'è il tentativo di recuperare terreno: l'America e la Cina sono già due superpotenze nel campo dell'intelligenza artificiale, mentre la frammentata Europa è rimasta indietro. Dall'altra parte c'è l'esigenza di imporre regole etiche all'AI: l'esempio cinese, ma anche casi come quello dell'azienda americana Clearview AI, hanno mostrato che l'intelligenza artificiale ha ampie e spaventose qualità distopiche se usata nei modi sbagliati. Questi due imperativi sembrano in contraddizione l'uno con l'altro, e per sbrogliare il problema il white paper cerca di distinguere tra usi dell'AI “ad alto rischio”, come per esempio nella sanità, nei trasporti, nell'amministrazione dell'ordine pubblico, e usi a rischio più ridotto. L'AI ad alto rischio sarà controllata più da vicino dagli organi europei, sia negli algoritmi sia nei set di dati che vengono usati per addestrarla. A proposito dei set di dati, l'Ue propone la creazione di una certificazione simile a quella usata per i giocattoli o per i cosmetici per assicurare che provengano da fonti legittime e non generino discriminazioni. Per quanto riguarda le tecnologie di riconoscimento facciale, al contrario delle aspettative il white paper non intende limitarle, ma raccomanda di farne uso solo in contesti giustificati.
Il secondo documento della Commissione, quello sulla strategia per i dati, ha come obiettivo finale la creazione di un mercato unico dei dati. Se la frammentazione è il grande male che rallenta lo sviluppo tecnologico dell'Europa, la messa in comune dei big data potrebbe essere parte della soluzione. L'idea è quella di favorire la condivisione dei dati tra pubblico e privato e da stato a stato, ed evitare che i big data di maggior valore siano risucchiati da poche aziende (si preannunciano nuove regole gravose per le Big Tech, che dovranno condividere i dati). Il documento contiene anche capitoli sulla costruzione di infrastrutture di alto livello, soprattutto di un cloud continentale europeo, su cui sono già cominciate le trattative.
Eugenio Cau
Il Foglio sportivo - in corpore sano