Controllati dalla paura

    T ra gli effetti collaterali del coronavirus vi è un esperimento con la paura e con la morte che interessa 2666. Sappiamo ormai di essere di fronte a un salto tecnologico che consente la realizzazione del controllo sulla vita delle persone. Sappiamo che, in queste settimane, tutto ciò è emerso ulteriormente. In Cina, per esempio, il virus ha prodotto un'accelerazione algoritmica notevole e, soprattutto dinanzi all'opinione pubblica mondiale, ha contribuito alla legittimazione della Macchina attraverso l'emergenza. L'ha raccontato bene Simone Pieranni sul manifesto: grazie ai sistemi di intelligenza artificiale capaci di monitorare gli spostamenti e i rapporti di chiunque in tempo reale, i cinesi possono sapere chi è entrato in contatto con ammalati o persone sospette. Il virus ha dunque giustificato la sorveglianza totalitaria lavorando nella direzione della logica paradossale dello stato d'eccezione: la sospensione della vita per affrontare ciò che viene inteso come un pericolo per la vita.

    Sappiamo che l'estrazione dei dati dei nostri comportamenti e delle nostre idee attraverso il controllo tecnologico oggi avviene di continuo e sappiamo che i dati sono la fonte principale della nuova ricchezza mondiale. Sappiamo che questa estrazione dei dati ha il fine di rendere prevedibili le nostre azioni. Sappiamo che, per rendere prevedibili le nostre azioni e per costruire modelli di simulazione riguardanti i nostri comportamenti, la Macchina algoritmica, oltre a estrarre dati che ci riguardano, ce ne fornisce sempre di nuovi con i quali giocare al gatto e al topo. Sappiamo, insomma, che la Macchina è programmata per intrattenerci, per spaventarci, per confermarci e per chiuderci in un mondo; fino alla logica conclusione di sostituirsi a noi.

    La paura e la paura della morte sono il campo di battaglia ideale per giocare a questi esperimenti. Quando Timothy Leary, lo psichiatra di Harvard che divenne il profeta dell'Lsd, parlava di “neuropolitica”, intendeva esattamente questo: grazie alle nuove conoscenze scientifiche e alle nuove pratiche tecnologiche, la politica ha la possibilità di lavorare sempre di più sulla riprogrammazione cerebrale delle persone. Leary aveva in mente le tecniche del lavaggio del cervello tradizionali che si basano sulla regressione della vittima a una fase infantile del suo sviluppo per poi risintonizzarla, grazie a un nuovo imprinting, su princìpi e valori diversi. Per dirla in un altro modo: il cervello più antico presente in ogni essere umano funziona sulla paura, la paura della morte, e sulle risposte immediate per fuggire il pericolo. Si tratta di un cervello, necessario alla sopravvivenza più elementare, che non presuppone alcuna consapevolezza logica e valoriale. Il riprogrammatore cerebrale riesce ad accedere a questo livello primordiale sottoponendo la propria vittima al terrore, togliendole punti di riferimento e istituendo uno stato permanente di paranoia che solo il riprogrammatore è in grado di sciogliere.

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    La paranoia è la forma principale con cui si presenta il Potere, è una malattia di potere, il segno inequivocabile della sua presenza; secondo Elias Canetti, nella paranoia ritorna spesso la configurazione dei raggi, l'immagine cioè di un centro o di più centri da cui si irradiano dei flussi che tengono insieme tutti gli enti e di cui il paranoico è consapevole e insieme ne è attratto e spaventato. Il raggio, come nell'iconografia sacra, è lo strumento di Dio, del potere, della sua omnisciente e onnipotente azione di influenza. Il raggio e la paranoia descrivono l'ossessione per il controllo.

    In un suo trattato sulla magia intitolato “De vinculis in genere”, Giordano Bruno parla del mago come di un manipolatore capace di creare un sistema irradiante, cioè un meccanismo capace di creare suoni, immagini e parole che, suscitando deliberatamente nella mente della vittima similitudini e dissimilitudini, cioè simpatia e antipatia, riesce a influenzare i recessi profondi dello spirito dell'individuo.

    Torniamo quindi ora a guardare a quel flusso (a quei raggi) di dati in ascesa e in discesa estratti e prodotti dalla Macchina algoritmica e ricordiamoci di che cosa sono fatti. Come per Giordano Bruno, si tratta di numeri che traducono soprattutto le parole, i suoni, le emozioni che produciamo; sono le immagini, i fantasmi, che popolano invisibilmente questo universo paranoico; sono le leve attraverso le quali la Macchina può agire per riprogrammarci. E il raggio della paura, come ricordava Timothy Leary, è il più efficace.