Sembra trascorsa un'era geologica dall'incontro tra Beppe Sala e il ministro agli affari regionali Francesco Boccia, durante il quale si era delineato un nuovo modello di autonomia: quella su base “metropolitana”. Ora è tutto bloccato. Ma Covid-19 non conosce confini e mentre Sala, difendendo il bastione milanese, lancia la proposta di allargare la zona rossa a tutta la città metropolitana, la “grande Milano risponde” al virus come può. “Quello che abbiamo capito è che il virus si diffonde più facilmente e allora servono strutture sanitarie pronte a rispondere alla crescente domanda dei cittadini”, spiega Arianna Censi, vicesindaco della Città metropolitana ma in realtà – con Sala sempre più impegnato all'interno dei confini daziari – punto di riferimento dei 134 sindaci della grande Milano. “Il diffondersi del virus ci ha trovato impreparati, inizialmente, e ha messo allo scoperto la nostra vulnerabilità. Come Città metropolitana non abbiamo una competenza specifica sulla Sanità, ma teniamo un coordinamento dei comuni e delle strutture. Uno dei punti cruciali è l'informazione. Ora il quadro si è chiarito finalmente anche per i medici di base, per quelli di medicina generale, per i pediatri, perché il sistema regge soltanto se ha un comportamento univoco. Se c'è un ruolo che stiamo giocando noi, senza cercare visibilità, è nell'informare in modo chiaro amministratori e cittadini sulle circolari, qualche volta scritte in burocratese. Mi sembra che reggano bene gli amministratori, il terzo settore, il volontariato”.
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