La globalizzazione fugge in Cina
La fine di “un” mondo, come spiega Giulio Tremonti
La politica ridotta alla formalità istituzionale altro non segnala che l’egemonia di soggetti esterni (e ostili) alle comunità, ovvero banche, finanza e consorterie dal navigato cinismo che non hanno certo bisogno di confini nazionali o di barriere per contrassegnare la propria sovranità. La fine di “un” mondo, come spiega Giulio Tremonti nel suo “Mundus Furiosus, il riscatto degli Stati e la fine della lunga incertezza” (Edizioni Mondadori), coinvolge di certo l’establishment, quindi il liberalismo, il pensiero unico che plasma l’umanità sull’onda della civilizzazione e però che sorpresa: il materialismo globale se n’è scappato dagli Stati Uniti e ha trovato rifugio in Cina.
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