Il mago e il mangiapreti
Giordano Bruno. Ieri le celebrazioni. A Campo dei Fiori, a Roma, una piccola folla officia il rito laico della commemorazione. È lo slargo dove il frate affrontò il rogo. Petti gonfi di consapevolezza laica finalmente conquistata nell’Italia bigotta fremono nell’ascoltare gli oratori. È lo spaccio del pollame trionfante. Poveretti: ancora credono nella superstizione della vulgata, quella secondo cui Giordano Bruno veniva condannato dalla chiesa cattolica perché “razionalista”, magari “scientista”, e perché no, anche “democratico”. Anche i radicali ci marciano da una vita e tutta una pubblicistica asseconda l’interpretazione modernista sorvolando sull’essenza squillante di Bruno: la dottrina misterica, la sua ricerca nel divino ancor più che in una chiesa, insomma, un mago. A un certo punto qualcuno, in piazza, bercia in tema d’antifascismo, arruola Giordano Bruno tra i partigiani. Che ridere. Al tempo dei Patti Lateranensi il Vaticano fece una richiesta: che la statua del frate – collocata apposta, con sguardo d’accusa, contro la Santa Sede – venisse spostata. Ecco, chi glielo va a dire adesso al pollame trionfante che proprio Benito Mussolini, il mangiapreti, al Papa disse no?
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