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Kevin Spacey (foto LaPresse)
Così il caso Spacey spiega la pochezza del Pd
I piritolli nostrani del renzismo d’acchiappo e di governo hanno discettato di Frank Underwood e dintorni. Arriviamo ad avere pena della pochezza culturale di questi provinciali
Kevin Spacey, il protagonista di “House of Cards” – la spietata accusa al potere in forma di serie tivù – è stato fino a oggi il mito unificante della sinistra liberal. Con lui, quasi a fare Castore e Polluce, c’è stato Harvey Weinstein, il produttore principe a Hollywood, l’ormai famoso verro in perenne stato di satiriasi. Entrambi sono stati punti di riferimento delle famiglie Clinton e Obama, ovvero la Cosa Nostra democratica, e se solo pensiamo a come i piritolli nostrani del renzismo d’acchiappo e di governo hanno discettato – sempre in quinci e quindi, sempre compunti nel seguire la serie – di Frank Underwood e dintorni, arriviamo ad avere pena della pochezza culturale di questi provinciali. Come Matteo Renzi che per non metterci la faccia nell’imminente disastro del Pd, a quattro giorni delle elezioni in Sicilia se ne vola negli Usa. Da Obama, manco a dirlo. Come nel più comico degli storytelling. Quello del The End.
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