Le buche di Roma, un presagio da decifrare
Non è una questione di semplice manutenzione, ma un'avvisaglia, un non detto da strappare ai sacerdoti del Tempio di Vesta
Le voragini, a Roma, si aprono come niente. Un plop e giù: un nonnulla di vuoto dilaga come fosse olio. L’ultima avvistata, sulla circonvallazione Appia, sembra un’istallazione d’arte contemporanea. E invece no: è una metafora, anzi, una citazione. Invece che il sorcio morto, quello che appare nelle prime pagine de La Peste di Camus (per poi vederne tanti altri, di ratti morti, pagine dopo pagine), a Roma ci sono le buche. E non è una questione di semplice manutenzione, no. Qui c’è un’avvisaglia. C’è tutto un non detto – un presagio da decifrare – da strappare ai sacerdoti del Tempio di Vesta. Altro che consiglio comunale, urge ergersi presso l’Ara.
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