Ritrovarsi sulle scale d'ingresso della fermata Ottaviano
Non credeva ai suoi occhi, ieri, Ferdowsi, nel vederli – lui e lei – come fossero canto nella caverna buia senza più parola, come angeli chiamati a nascere nell’Eden de’ poeti
Chissà che seme si seminò nel tempo – il tempo del tempo – per ritrovarsi, ieri, Bijan e Manijeh, sulle scale d’ingresso della fermata Ottaviano, e restarsene occhi negli occhi, respiro su respiro, bacio su bacio nel batticuore eroico di un senso puro: il dolce vento dell’alba, lei, e una notte di solitudine, lui. Elegante, lei – col suo passo felice, sfogliando Shahnameh – dal turbante irradiava il tumulto. E non credeva ai suoi occhi, ieri, Ferdowsi, nel vederli – lui e lei – come fossero canto nella caverna buia senza più parola, come angeli chiamati a nascere nell’Eden de’ poeti.
Il Foglio sportivo - in corpore sano