Capra e corvo, “idoli poetici”
Una capra in fondo alla strada, ieri, e un corvo col becco conficcato sui tomi di Schopenhauer facevano a gara coi loro versi – uno fischiava per come poteva, l’altra gemeva di bisogni tanto era gonfia di latte – per richiamare l’attenzione dei vigili urbani di passaggio sull’Aurelia Antica, a Roma, e avere da loro aiuto. A ciascuno il suo buon motivo: uno non voleva rileggere sempre e continuamente Il Mondo come volontà e rappresentazione, l’altra, invece, desiderava liberarsi del peso e magari trovare un po’ di sale e un conturbante massaggio. Fatto fu che i due ebbero a risultare perfetti nel ruolo di “idoli poetici” e fu così che – a dispetto dei loro bisogni – il sentimento sorprendentemente gioviale di lei e quello sempre sottile di lui, generò un vaudeville surrealista a Villa Pamphili: “Applauditeci”, sembravano dire capra e corvo, “non ne capite niente, né voi, e neppure tanti altri, ma un giorno batterete le mani vedendo in noi ciò che nessuno saprà mai vedere!”.
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