Aghi di Pino sui sentieri ingoiati dalle alture silane
Rami ridotti a wafer – schegge biscottate e tarlate facevano da tappeto al cammino. Un luogo prodigo di tutti i luoghi, quel passaggio
Aghi di Pino, rami ridotti a wafer – schegge biscottate e tarlate – sparsi per sentieri ingoiati dalle alture silane, facevano da tappeto al cammino. Un luogo prodigo di tutti i luoghi, quel passaggio. Un posto dove tra i cespi arsi dai fuochi, qualcuno trovava i mucchietti di Colombina, i suoi coriandoli, e pure il mazzo di carte francesi di Balanzone, il dottore, sempre utile per aprire partita con qualcuno e sbancare la posta: i diamanti di cielo. Ma aveva come un tesoro di ottocento respiri in tutto, ieri, Maestro. Non si accorgeva di siffatta comitiva – arrivavano anche Peppe Nappa e lo Zanni – e incalzato da Woland avido di Brasilena, la bibita fatta di gazzosa e caffè, a ogni passo, Maestro, sprecava il filo d’aria spegnendo la pur viva luce di luglio. Tutto, in pieno giorno, volgeva al buio e chissà per quale disperazione, Maestro, con le dita raccoglieva la resina e – denudandosi – si spalmava tutto per farsi invisibile e magari volare. Per guadagnare altri “duecento respiri”, come duecento passi tra i pini, gli gracchiava dietro a un orecchio Woland. E in quel mentre, Margherita, nel suo studio a Roma, faceva lo stesso con la pomata di Azazello. Se ne spariva – nuda – davanti a tutti i colleghi, i praticanti, i clienti e gli addetti della segreteria e così tra i fascicoli delle udienze, i codici e i computer restavano visibili, come in sentiero, gli aghi, le pigne, i rami spezzati, la terra e la roccia di un cammino: “Dove lei andava, anche lui arrivava”.
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